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Raffaele Fitto

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Si procede con il metodo che ha dimostrato maggiore capacità di realizzazione finanziaria per fare crescita adesso e vera politica di coesione, che non sono le marchette delle Regioni, ma i progetti di welfare nei tempi giusti e la ricostituzione dei diritti essenziali. La chiave di volta, in questa fase, è Repower Eu con la negoziazione progetto per progetto già in atto con gli uffici della Commissione dei singoli interventi di Eni, Enel, Terna, Snam e così via che permettono subito la concreta realizzazione nel Mezzogiorno del grande hub energetico-industriale del Mediterraneo. Mentre è ormai imminente l’arrivo della terza rata del Pnrr.

Il colpo di reni sul Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) è pronto e accompagna l’ormai imminente arrivo della terza rata. Il lavoro silenzioso di riprogrammazione e gestione del ministro Raffaele Fitto, concordato passo passo con la Commissione europea, persegue il risultato finale di impedire che la fase delicata dell’attuazione della spesa sia frenata dal piccolo cabotaggio dei consensi legati agli interessi locali peraltro irraggiungibili nei tempi e nelle modalità concordati.

Ha l’obiettivo opposto di una propaganda casereccia sganciata dalla realtà che fa solo allarmismo e nuoce molto alla credibilità dell’Italia. Per onorare gli impegni assunti e portare a termine in fretta la revisione in essere, bisogna trarre lezione da quello che ha funzionato fino a oggi. Che sono stati le grandi stazioni appaltanti e i crediti di imposta senza abbattere con colpi di macete progetti rilevanti come, ad esempio, quelli degli asili nido e dell’edilizia scolastica, ma attuando tutto ciò che è attuabile e recuperando ciò che è inattuabile nei tempi concordati in altri programmi europei e nazionali con scadenze compatibili. Il problema centrale è sostenere la crescita adesso prima di ritrovarsi tra qualche mese ad alzare le mani e dovere ammettere che non si è stati capaci di onorare gli impegni. Si è trattato e si tratta ancora di rimodulare tra quello che può arrivare prima e quello che può arrivare dopo.

Non è la solita battaglia di principio se dare tutto a Eni, Enel e così via o dare tutto ai Comuni, perché questa battaglia non esiste, ma si tratta piuttosto di fare scelte nell’immediato conseguenti alla constatazione oggettiva di ciò che più ha funzionato a livello di realizzazione finanziaria. Che sono le stazioni appaltanti delle Ferrovie e i crediti di imposta.

Attenzione, questo non significa affatto cancellare l’importanza dei progetti territoriali degli asili nido e dell’edilizia scolastica ma attuarli per davvero e, soprattutto, diradata la nebbia degli studi tirati fuori dai cassetti alla rinfusa da chi ha avuto sempre di più per fare un po’ di spesa buona e molta spesa assistenziale significa potere finalmente ricostituire i diritti essenziali violati nella scuola come nella sanità e nei trasporti nel Mezzogiorno e nelle aree interne del Nord. Questo significa fare davvero politica di coesione, che non sono le marchette delle Regioni, e dare attuazione allo spirito del debito comune europeo che è quello di risolvere l’unico grande squilibrio territoriale del Vecchio Continente sopravvissuto che è quello tra Nord e Sud del Paese con il suo carico aggiuntivo di squilibri di genere e generazionali.

La chiave di volta di tutto, dunque, è Repower Eu con la negoziazione progetto per progetto già in atto con gli uffici della Commissione dei singoli interventi di Eni, Enel, Terna, Snam e così via che si prefiggono di accelerare sulla strada dell’indipendenza energetica italiana. Che si muove sul nuovo asse strategico Sud-Nord e permette la concreta realizzazione del grande hub del Mediterraneo che ha in Napoli e nel Mezzogiorno italiano il centro delle nuove energie e della nuova manifattura e, cioè, dell’industria del futuro. In questo disegno che risponde davvero agli interessi di sviluppo del Paese e del Mezzogiorno, in particolare, perché fa crescita subito e attua un progetto di lungo termine che riduce i divari e ci fa guadagnare leadership europea c’è un passaggio delicato che riguarda il piano del consenso perché ovunque si vota ci sono microprogetti e amministratori impauriti magari della stessa maggioranza di governo.

Questo passaggio va curato con attenzione soprattutto evitando che capi bastone vecchi e nuovi agitino polveroni perché questa volta la partita per il Mezzogiorno è davvero quella cruciale. Non si tratta più di pietire aiuto, ma di dimostrare sul campo di essere la guida del cambiamento dell’Italia e del posizionamento strategico della nuova Europa.


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