5 minuti per la lettura
Abbiamo avuto la fortuna di avere un uomo che ha rovesciato l’immagine dell’Italia dandole quello che già aveva e rilanciandolo. Abbiamo avuto la fortuna che chi ha voluto al suo posto il popolo non ha fatto guasti e procede in economia coerentemente sul piano interno e internazionale con gli inevitabili accomodamenti dettati dalla nostra politichetta. L’Italia non è diventata un caso, la recessione non è arrivata, cresciamo più degli altri e siamo guardati con attenzione. Evitiamo almeno di farci del male da soli e, comunque, se tale masochismo dovesse persistere, questo giornale non darà tregua a gufi e gufetti di ogni ordine e grado plurismentiti dai fatti. Perché con le loro rendite personali catastrofiste non possono giocare con il futuro dei nostri figli
Abbiamo avuto un capo del governo, Mario Draghi, che era una delle due o tre persone della terra che quando parlano il mondo li ascolta. Abbiamo la fortuna di avere un capo del governo, Giorgia Meloni, che ha preso il suo posto e che questo dato strategico che vale tantissimo per la nostra economia, per la fiducia di chi produce e di chi consuma e per il desiderio di Italia del mondo, lo ha capito così bene da stare attentissima a non uscire dal solco e a non rompere il giocattolo.
Le istituzioni europee, le agenzie di rating, gli investitori globali lo hanno capito, in Italia no, si fa molta fatica. Perché c’è un piccolo grande mondo antico di centri studi e rappresentanze di categoria varie che fanno fatica a capire che l’Italia ha avuto il suo Gesù e che, grazie a lui, anche nell’idea che il mondo ha di noi siamo entrati nel nuovo testamento. Loro sono tutti con la testa, il cuore e i loro piccolissimi interessi di bottega nel vecchio testamento falso dei racconti apocalittici sull’Italia e, magari fra poco, quando i guasti del loro chiacchierare avrà prodotto disastri, cominceranno anche a dire che il governo Draghi di errori non ne ha fatti uno o due o tre, ma tanti.
Oppure diranno che la Meloni ha rovinato tutto. Per loro non fa differenza. Ciò che conta è il disastro. Per capire quello che è successo in Italia e continua ad accadere, la migliore crescita economica tra i grandi dell’Europa dopo 11 punti di Pil in due anni, bisogna partire dal discorso di insediamento di Mario Draghi al Senato, quando ha detto testualmente: “Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea”. E ancora: “Siamo una grande potenza economica e culturale. Mi sono sempre stupito e un po’ addolorato in questi anni, nel notare come spesso il giudizio degli altri sul nostro Paese sia migliore del nostro. Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese. E riconoscere i tanti primati, la profonda ricchezza del nostro capitale sociale, del nostro volontariato, che altri ci invidiano”.
Niente da fare: l’Italia cresce oggi in modo prudenziale all’1,5%, ma attentando al bene comune con l’arroganza dei ragionieri del vecchio testamento l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) impone di scrivere l’1% e nessuno chiede a questi soggetti di rispondere con i loro patrimoni personali per i danni enormi che producono a tutti gli italiani togliendo il moltiplicatore della fiducia. I bottegai di questo Paese che hanno fatto profitti come non mai dal Dopoguerra a oggi, che continuano a caricare un’inflazione che non c’è sul carrello della spesa alimentare degli italiani, hanno la spudoratezza con il loro centro studi e con le parole del presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, di dire allo stesso tempo con la medesima faccia di tolla sia che l’economia è debole e i consumi languono (FALSO, come ha documentato da par suo su queste colonne Fabrizio Galimberti con i dati Istat) sia che loro stessi che soffrono così tanto (sic!) per l’economia debole non riescono viceversa ad assumere centinaia di migliaia di persone.
Che cosa li cercano a fare, se andiamo così male? Abbiate pazienza, la misura è colma! Addirittura ci tocca di leggere sui grandi giornali anche da firme se non altro non di primo pelo che il Paese non investe come Germania e Francia facendo confusione tra investimenti pubblici, dove Fitto sta facendo un lavoro eccellente per uscire dal blocco strutturale storico e domani ne parliamo bene, e investimenti privati. Quando in questo caso le cose – grazie soprattutto agli incentivi 4.0 del duo Renzi-Calenda, prima dell’avvitamento confusionario personalistico – vanno in senso esattamente contrario.
Nel 2019 l’Italia aveva già raggiunto la Germania e nel 2022, capitalizzando la fiducia dell’economia del nuovo testamento, la ha largamente superata. Gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto, solo per fare un esempio, sono pari in Italia al 7,4% del Pil, in Germania si fermano al 6,6% e la Francia quota addirittura il 5,2%. Non ne possiamo più di questi tromboni che continuano a togliere Pil vero all’Italia per la catastrofe del Pnrr che neppure ci sarà, mentre la manifattura da record, il boom dell’export agro-alimentare, un desiderio di Italia che fa esplodere cultura, turismo e servizi, i consumi che vanno alla grande, disegnano un quadro certamente più ottimista di quello delle altre grandi economie.
Che cosa era già accaduto in Italia prima di Draghi e che cosa erano riusciti a fare il suo governo e la sua leadership come moltiplicatore di fiducia lo abbiamo raccontato in pochi e bisogna dare atto a Marco Fortis e alla Fondazione Edison di avere visto e meglio prima di tutti. Facendo giustizia degli errori macroscopici dei centri studi delle imprese i cui direttori che non hanno capito niente restano al loro posto e continuano a produrre disastri. Anche questo è uno scandalo. Abbiamo avuto la fortuna di avere un uomo che è stato capace di rovesciare l’immagine dell’Italia dandole quello che già aveva e rilanciandola.
Abbiamo avuto la fortuna che chi il popolo ha voluto al suo posto non ha fatto guasti e procede sul piano interno e internazionale con gli inevitabili accomodamenti dettati dalla politichetta italiana. L’Italia non è diventata un caso, la recessione non è arrivata, e siamo guardati con attenzione e buona disposizione. Evitiamo almeno di farci del male da soli e, comunque, se questo diffuso atteggiamento masochista dovesse persistere, almeno questo giornale non darà tregua a gufi e gufetti di ogni ordine e grado. Perché con le loro rendite personali catastrofiste non possono giocare con il futuro dei nostri figli
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA