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L’insuccesso oltre che la fine dell’Italia sarebbe un attacco all’Europa. Per scongiurare il doppio disastro serve una pubblica amministrazione con un plotone di mille esperti. La sacrosanta operazione verità di Fitto deve portare a mettere subito in campo i big energetici capaci di spendere bene e una struttura tecnica tra Palazzo Chigi e Mef che ricalchi la falange di uomini del fare della prima Cassa per il Mezzogiorno, quella voluta da De Gasperi e Menichella, che non rubavano una lira e facevano le cose. Oggi la sfida si ripete sostituendo i dollari della Banca mondiale con gli eurobond in un mondo capovolto che ridà centralità al nostro Sud. Chi si ostina a non capire le nuove regole del gioco e a alzare polveroni invece di riunire le forze e organizzarsi, fa male a sé e agli altri. Fermiamoli.
Sono tornato a Lauro, in provincia di Avellino, e ho respirato l’aria pulita dei racconti di mio padre di quelle terre fatti di nocelleti e di tavoli di biliardo. Ho rivissuto come un brivido gelido lungo la schiena il ricordo delle mie incursioni domenicali da lui piene di amarezza nelle fasi finali della sua vita, segnata da una fine prematura. Avevo poco più di vent’anni, lo vedevo divorato dalle delusioni e dalla sofferenza, e non mi piaceva più nulla di quello che stava intorno a lui. Sono salito a piedi per la prima volta al Castello di Lancillotto perché volevo gustarmi il panorama e mi sono ritrovato in una sala piena di storia gremita all’inverosimile con un pubblico attento e una platea di amministratori e sindaci che sono la speranza del Sud che è diventato Nord e non lo sa. Che ancora non ha preso coscienza che storia e geografia combattono a testa bassa perché questo Mezzogiorno prenda la guida del mondo capovolto con il grande hub energetico e industriale del Mediterraneo e garantisca all’Europa l’unica crescita aggiuntiva possibile e alla manifattura italiana e tedesca l’unica indipendenza energetica possibile.
Erano tutti lì perché c’erano Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, e Filippo Spiezia, membro di Eurojust e già vicepresidente, soprattutto due magistrati liberi padroni delle loro idee e dei loro comportamenti. Volevano tutti sentire che cosa avevano da dire su Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr), emergenza mafie e Europa. Di sicuro non sono stati delusi. Sentite le parole di Gratteri: «Lo Stato europeo in cui c’è più presenza di ‘ndrangheta è la Germania, il Paese più ricco, che però non ha un sistema normativo per contrastare le mafie, non riconosce l’associazione mafiosa. In Europa non c’è un limite al contante, c’è solo una direttiva che non consente transazioni superiori ai dieci milioni di euro. Tradotto, significa che se vado a Francoforte con una valigia con 100 mila euro mi posso comprare un’auto Audi “A8” e nessuno mi dice nulla».
Sta spiegando che in un contesto del genere è certo che esiste il rischio di tentacoli sui fondi per la ripresa che vuol dire che «una parte di essi andrà alle mafie». Gratteri ha un pregio, non incarta le parole, viene al punto: è evidente che il rischio è più alto nelle aree più produttive e «la regione italiana con più alta densità di ’ndrangheta è la Lombardia, perché là è più facile riciclare la ricchezza». Sono parole di verità che pesano come pietre, ma non tolgono la speranza, perché aiutano a ricostruirla. Anche qui il linguaggio è diretto: «Molto dipende dagli uomini, da chi si mette nei posti giusti». Porta l’esempio della nuova sede della Procura di Catanzaro. «L’abbiamo fatta in cinque anni, è la prima opera ecocompatibile in Europa, possiamo realizzare videocollegamenti in qualsiasi parte del mondo e abbiamo una sala per le intercettazioni spaziale».
Questo dimostra che si può fare
Sentite la forza evocativa delle parole di Filippo Spiezia che ricorda l’Europa dei Fondatori, Adenauer, Schuman, De Gasperi, che erano tre uomini di confine uno tedesco, uno francese, uno italiano, ma in realtà sta parlando di oggi con la forza del sogno di ieri: «Se si fa fallire il Pnrr sarebbe un attacco all’Europa». Richiama la sua esperienza alla vicepresidenza di Eurojust: abbiamo avuto da gestire un bilancio da 30 milioni, abbiamo speso il 98,8% dei fondi. Il richiamo è esemplificativo e diventa una domanda: noi abbiamo speso praticamente tutto e lo abbiamo fatto sempre per attuare obiettivi al servizio dei cittadini, ma perché «non si sentono mai commenti sulla responsabilità dell’Italia e sulla necessità di recuperare il tempo perso?». Serve una pubblica amministrazione con una sua formazione specifica e nessuno ha pensato di mettere in campo un plotone di mille esperti ad altissimo livello, è la denuncia di Spiezia. Gli dà man forte il procuratore Gratteri: «Da almeno quattro anni ascoltiamo intercettazioni in cui i mafiosi ragionano su come mettere le mani sui fondi del Pnrr, ma a gestire appalti e procedure ci sono funzionari con la terza media, assunti 20 anni fa come uscieri e che non sanno scrivere in italiano ma che hanno assunto potere decisionale, gente ignorante e seduta con una responsabilità pazzesca che incide sui nostri destini». Hanno ragione entrambi e non abbiamo molto da aggiungere se non che questa operazione verità il ministro Fitto la sta facendo, per nostra fortuna, e che la nuova macchina operativa tra Palazzo Chigi e Mef si sta muovendo in questa direzione. Dire come stanno le cose è la premessa ineludibile per fare le cose. Perché il Sud abbia quello che gli è dovuto in termini di parificazione infrastrutturale materiale e immateriale e perché si faccia nei tempi ristretti il grande hub energetico del Mediterraneo, serve che Repower Eu e la dote di miliardi che porta con sé sia messa nelle mani di soggetti attuatori del calibro di Enel, Eni, Terna, Snam e di tutti quelli con competenze esecutive accertate come A2a, Iren e così via allargando il campo a dighe, energie da rifiuti e da ogni genere di fonte vecchia e nuova. Solo così si potrà sfruttare il vantaggio geografico del nostro Sud che è l’asset strategico più importante per preservare e consolidare le due più importanti manifatture europee, che sono quella tedesca e italiana. Solo così si può garantire la loro indipendenza energetica e sviluppare la nuova manifattura del Mediterraneo che è l’unica concreta possibilità che ha l’Europa per fare crescita aggiuntiva. Per realizzare un progetto così ambizioso che coinvolge tanti soggetti attuatori italiani e si propone come avanguardia di una partnership alla pari con il Nord Africa e il Mediterraneo allargato, serve, soprattutto, una nuova Cassa per il Mezzogiorno, la prima del Dopoguerra voluta da De Gasperi e Menichella, quella della falange dei 300 giovani e forti, quasi tutti ingegneri, che non rubavano una lira e facevano dighe, acquedotti, grandi reti stradali e molto altro. Oggi la sfida si ripete sostituendo i dollari della Banca mondiale dell’epoca con gli eurobond della Commissione europea. Il mondo si è capovolto e chi si ostina a non capire le nuove regole del gioco e a alzare polveroni invece di riunire le forze e organizzarsi, fa male a sé e agli altri. Fermiamoli.
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