Giorgia Meloni
6 minuti per la letturaChe cosa ci vuole a mettere insieme tre ambasciatori e altri tre tra Banca d’Italia, Tesoro e Ice e mandarli a fare un road show in giro per il mondo? Che cosa ci vuole perché tornino a casa con 20/30 miliardi di investimenti vendendo il Mezzogiorno per quello che è? Vale a dire la porta strategica del Mediterraneo in Europa e la capitale della deglobalizzazione? Visto che ha stabilità normativa-regolamentare e servizi ancorché insufficienti in miglioramento con il Pnrr e già migliori di quelli dei Paesi emergenti. Per di più in una situazione che vede Russia, Cina e India messe fuori mercato dalla guerra di Putin in Ucraina. Non c’è altra via per mettersi al riparo dell’incrocio tra recessione globale e tassi alti. Dobbiamo fare il pieno di investimenti con Pnrr e capitali industriali esteri. I cerchi magici, piccoli e grandi, sono avvertiti. Se frenassero il cambiamento che la Meloni deve essere in grado di attuare a tutela dell’interesse generale del Paese, allora è bene che sappiano che scherzano con il fuoco e che i primi a scottarsi sarebbero proprio loro.
A volte si ha la sensazione che il cerchio magico che ruota intorno a Giorgia Meloni viva in un suo mondo parallelo iper ottimista. Si ha come la sensazione, ripetiamo sensazione e speriamo pure che sia sbagliata, che questo cerchio magico non si renda conto dei vincoli reali che chi governa un Paese come l’Italia ha e che, qualora li ignorasse, se tutto va bene risulterebbe temeraria, se tutto va male chiuderebbe all’istante la sua stagione di governo. Bisogna attuare il Pnrr e andare avanti sul programma della attrazione degli investimenti internazionali privati.
Queste persone che ruotano intorno alla Meloni si devono rendere conto che la stagione dell’irrealtà si è chiusa definitivamente quando il loro leader politico ha varcato il portone di Palazzo Chigi come prima donna premier della Repubblica italiana. Giorgia Meloni, a sua volta, deve avere piena consapevolezza del suo carisma politico che non ha bisogno di inseguire consensi marginali e della forza del mandato elettorale ricevuto. Perché dalla gabbia in cui è costretta dalle parole e dai comportamenti di donne e uomini del cerchio magico, per fortuna non tutti, se ne esce solo se lei riesce un po’ alla volta a fare i conti con tutti loro dicendo chiaro chiaro che le cose sono cambiate e che ciò che va fatto non è quello di cui si è demagogicamente raccontato per anni.
Non possono essere consentite né a chi le sta intorno né tanto meno a se stessa impuntature sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che sono fuori dalla storia e qualche uscita di troppo sul Next Generation Eu (Ngeu) come una sorta di partita finanziaria di giro, magari anche un po’ pericolosa. Queste uscite o questi accomodamenti anche solo tattici non sono in linea con gli standard richiesti a chi guida un Paese del G 7 e, soprattutto, non sono consentiti se sono il frutto di una retorica che appartiene alla storia passata del suo partito, non a quella del futuro che è tutta da costruire ma può e deve essere costruita.
Giorgia Meloni ha l’età giusta. È la prima donna premier. Non ha, al momento, avversari politici all’altezza. Se lei non riesce a fare il salto alla fine, purtroppo, sarà solo colpa sua perché come primo ministro in questa fase non ha avversari. Perché lei dovrà cambiare tutto quello che va cambiato, questo è giusto, ma non si dovrà fare trascinare dall’onda di un pezzo di cerchio magico che alimenta solo sospetti e la spinge a esautorare ogni tipo di interlocuzione tecnica con le strutture del ministero dell’economia (Mef). Se questo non avviene per qualsivoglia motivazione, allora possono essere davvero guai seri. Perché un grande politico che aspira a diventare statista ha bisogno dell’interlocuzione permanente con un grande tecnico.
Anzi, con una squadra di grandi tecnici che aiuti o per lo meno favorisca la sua sintesi politica innovatrice. Adesso la Meloni ha a disposizione l’Italia, ma deve capire che ha davanti a sé una stagione in cui il rischio che la recessione sia più forte è reale e che questo rischio cumulato con tassi più alti determina una situazione che diventa grigia nonostante gli effetti benefici del miracolo nascosto di Draghi che ha rivitalizzato il Paese e la fortissima resilienza della economia italiana che si è mostrata la più reattiva in Europa grazie proprio alla spinta di fiducia contagiosa che ha riguardato imprese e consumatori. Se dimostra consapevolezza fino in fondo della delicatezza della partita in atto, allora il governo Meloni saprà aprire alla deglobalizzazione e dimostrerà che siamo più bravi degli altri ad attrarre capitali internazionali.
Ci permettiamo, pertanto, di suggerire di affiancare al lavoro prezioso che sta svolgendo il ministro dell’Europa Fitto di mettere su una squadra ristretta a livello centrale che abbia davvero in mano la gestione del Pnrr, quello altrettanto prezioso di mettere su un altro gruppetto di persone qualificate per fare un lavoro metodico di attrazione degli investimenti da parte degli investitori globali e dei grandi capitali internazionali industriali. Bisogna attuare il Pnrr e andare avanti sul programma della attrazione degli investimenti internazionali privati.
Ha anche il vantaggio il governo Meloni che non c’è nessuno che viene a chiedere domani quello che hai fatto su tutte le cose che ti sei impegnata a fare in Europa e che anche sulla capacità di spendere subito sono preservati margini di tolleranza giustificati dal mutato contesto internazionale. Chi non potrà mai non essere d’accordo in casa e in Europa sulla scelta strategica di privilegiare gli investimenti sui consumi? Chi può essere contro un provvedimento che individua e realizza i centri di energia pulita nel Mezzogiorno? Chi può essere contro il fatto che si recuperi capacità di spesa su un’area che rappresenta un terzo della popolazione e senza il cui sviluppo non ci può essere una crescita italiana tale da sostenere la discesa del debito pubblico rispetto al prodotto interno lordo? Che cosa ci vuole a mettere insieme tre ambasciatori, un uomo della Banca d’Italia, uno del Tesoro, uno dell’Ice e mandarli a fare un road show in giro per il mondo? Che cosa ci vuole, perché tornino a casa con 20/30 miliardi di investimenti vendendo il Mezzogiorno esattamente per quello che è e, cioè, la porta strategica dell’Europa nel Mediterraneo e la capitale mondiale della nuova deglobalizzazione? Visto che può contare su una stabilità normativa, un assetto regolamentare e un livello di servizi ancorché insufficiente in forte miglioramento grazie al Pnrr e comunque infinitamente migliore di quello dei Paesi emergenti.
Per di più in una situazione congiunturale che vede Russia, Cina e India messe fuori mercato dalla guerra di invasione di Putin in Ucraina. Non c’è altra via per mettersi al riparo dell’incrocio pericoloso della storia dove si incontrano recessione globale e tassi alti. Bisogna fare in fretta prima che la buriana arrivi con le banche che dimezzano i fidi e la Bce che non compra più i titoli sovrani italiani. Bisogna farlo perché la storia gioca in squadra con noi e la carta che l’Europa ci ha dato è anche l’ultima se siamo capaci di non sprecarla. I cerchi magici, piccoli e grandi, sono avvertiti in modo chiaro e diretto. Se dovessero insistere a frenare il cambiamento che la Meloni deve essere in grado di scegliere e attuare a tutela dell’interesse generale del Paese, che viene prima di tutto, allora è bene che sappiano che scherzano con il fuoco e che i primi a scottarsi sarebbero proprio loro.
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