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Siamo al paradosso di una Sinistra che si dichiara addirittura come il partito del lavoro e di una Destra che adotta come suo manifesto “no al sussidio, sì al lavoro”, ma che sono entrambe riunite nel perseguimento “dell’obiettivo strategico” di fare dell’Ispettorato nazionale del lavoro e della Agenzia nazionale per le politiche attive la Caienna dell’impiego pubblico. Quei 19 milioni negati in una legge di bilancio di 35 miliardi non sono una storia minore, ma la spia gigantesca del cortocircuito in cui si era già persa la Sinistra e di che cosa può succedere oggi quando l’ideologia, lotta ai migranti e ai sussidi, crea fossati tra noi e gli altri. Servono attenzione per queste piccole cose di casa nostra e una dote robusta di realismo nei rapporti con la Francia che è l’unico alleato strategico su cui l’Italia può contare se vuole giocare in Europa le partite vitali dell’energia e del nuovo patto di stabilità e di crescita. Senza vincere le quali di nuovo lavoro vero se ne crea poco.
Può sembrare una piccola storia, ma non lo è. Lunedì prossimo scioperano insieme per la prima volta dipendenti e dirigenti dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) e dell’Agenzia nazionale politiche attive per il lavoro (Anpal) perché anche con questa legge di bilancio non si sono trovati 19 milioni, sì avete capito bene 19 milioni su una manovra di 35 miliardi, per dare ai pochissimi soldati e capi truppa che lo Stato schiera per aiutare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e fare controlli a tappeto sulla sicurezza quella stessa, identica, indennità ministeriale che la pletora oceanica di statali impiegati al ministero del Lavoro riceve già regolarmente.
La chiamano “perequazione” e varia da 973 a 1371 euro l’anno a seconda dell’inquadramento. Per capire di che cosa stiamo parlando basti pensare che nelle province di Milano, Monza e Brianza e Lodi operano poco meno di 400 mila imprese e che i tecnici addetti ai controlli di sicurezza sono 40 che vuol dire uno ogni 10 mila aziende con il peggiore stipendio pro capite dell’amministrazione pubblica italiana. Il Piano di rafforzamento degli organici dell’Ispettorato nazionale del lavoro e dell’Agenzia per le politiche attive del Lavoro è funzionale all’obiettivo che l’ex premier Draghi ha voluto inserire come target del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) sia per incrementare del 20% i controlli di sicurezza in fabbrica e nei cantieri sia per qualificare e aumentare l’offerta di chi è impegnato dallo Stato a favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro.
L’ex ministro Andrea Orlando, che non fa mistero della sua idea di un Partito democratico come partito del lavoro, non solo si è ben guardato da dare alla squadra dello Stato chiamata a misurarsi su questo terreno quello che è stato molto onerosamente già dato da lui stesso a un esercito di ministeriali che svolgono la loro attività comodamente chiusi nei loro uffici, ma non è neppure riuscito a conseguire gli obiettivi di rafforzamento dell’organico dovendo registrare tassi di rinuncia dei vincitori di concorso che hanno raggiunto a volte la quota del 50%.
Il governo Meloni che dichiara “no al sussidio sì al lavoro”, che un giorno sì e l’altro pure sostiene di volere mettere al centro gli investimenti e le politiche attive esattamente come Orlando che vuole addirittura ripartire politicamente proprio dal lavoro, non trova gli stessi, identici 19 milioni da inserire in legge di bilancio per dare almeno un segnale a chi deve svolgere questa azione preziosa di raccordo tra domanda e offerta di lavoro. Se decidi giustamente di andare fino in fondo nei controlli sulle truffe che hanno riguardato il reddito di cittadinanza e se giustamente decidi di separare i due strumenti – sostegno ad hoc per i bisognosi e nuove politiche attive che vogliono dire nuova scuola, nuova formazione e nuove competenze perché si trovino i profili che il mercato chiede – allora hai il dovere assoluto non solo di perequare ai ministeriali l’indennità più volte promessa, ma anche l’obbligo di perseguire una qualificazione ai massimi livelli di queste poche migliaia di donne e uomini che lo Stato ha deciso di mettere in campo per affrontare il tema decisivo del nuovo lavoro.
Siamo al paradosso di una Sinistra che si dichiara addirittura come il partito del lavoro e di una Destra che adotta come suo manifesto “no al sussidio, sì al lavoro” ma che sono entrambe riunite nel perseguimento “dell’obiettivo strategico” di fare dell’Ispettorato nazione del lavoro e della Agenzia nazionale per le politiche attive la Caienna dell’impiego pubblico. Questo con un mercato del lavoro spaccato perché i profili qualificati hanno tanta offerta di lavoro e sono contesi dalle aziende, mentre i profili sotto qualificati non li calcola nessuno e proprio dove più servirebbe un’azione seria di politiche attive, e cioè nel Mezzogiorno, le risorse umane messe in campo sono ancora più ridotte e meno motivate.
Questo avviene, per di più, in una fase durata quasi sette trimestri consecutivi in cui gli investimenti privati del Sud sono stati per la prima volta superiori a quelli del Centro- Nord e quando, dopo decenni, l’intero Mezzogiorno ha avuto una crescita superiore alla media europea. Quando la riforma delle scuole tecniche tenacemente voluta e attuata dall’ex ministro Patrizio Bianchi entra in funzione e può svolgere una azione strategica per preparare competenze tecniche da motivare e impiegare nei territori meridionali. Vogliamo dire sostanzialmente che tanto disinteresse della Sinistra parolaia e della Destra ideologica per dare risorse e capacità tecniche a chi deve attuare politiche attive strutturali del lavoro per generare un aumento strutturale dell’occupazione rasenta l’irresponsabilità.
Uscire dalla gabbia dell’assistenzialismo è assolutamente necessario, ma non si va da nessuna parte se non si coltivano fuori le alleanze europee giuste perché arrivi un nuovo Recovery energetico e non si cerchino appigli per bloccare il flusso di investimenti legati all’eurobond e se in casa non si investe massicciamente sia sull’attuazione del processo riformatore molto bene avviato che riguarda scuola e formazione sia sulla squadra di tecnici da mettere in campo perché si incontrino tutte le offerte e le domande di lavoro da Sud a Nord del Paese.
Quei 19 milioni mancati non sono una storia minore, ma la spia gigantesca di che cosa può succedere quando l’ideologia, lotta ai migranti e ai sussidi, crea fossati tra noi e gli altri. Servono maggiore attenzione per queste piccole cose di casa nostra e una dote molto più robusta di realismo nei rapporti con la Francia che è l’unico alleato strategico su cui l’Italia può contare se vuole giocare con profitto in Europa le partite vitali dell’energia e del nuovo patto di stabilità e di crescita. Senza vincere le quali di lavoro vero se ne crea poco.
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