Mario Draghi con Giorgia Meloni
8 minuti per la letturaC’è bisogno di un uomo della politica che sia quello che è stato Draghi per la guida della moneta alla Bce. Il garante della nuova Italia e della nuova Europa politica per chi conta nel mondo sarà ancora Draghi. Perché a lui chiederanno un’opinione anche se non dovesse essere richiamato in servizio con ruoli di prima grandezza nazionali o internazionali. Giorgia Meloni può diventare la nuova Thatcher italiana o uno dei tanti leader politici che vivono una stagione effimera di governo. Sarà fondamentale che in tutti i passaggi riesca a rassicurare mercati, Europa e America attuando un suo disegno politico conservatore liberale e muovendosi nel solco tracciato da Draghi. Che è quello di un PNRR che punta alla riunificazione delle due Italie con investimenti, agenda sociale e processo riformatore compiuto
Qui si racconta il miracolo dell’Italia di Draghi che pochi hanno capito e che gli intrighi nazionali e internazionali hanno voluto bloccare. Ma non sarà possibile bloccarlo, chiunque ci governi. Perché il solco tracciato è quello di un paese che diventa serio e conquista il podio europeo della crescita. Sceglie gli uomini giusti, doma il mostro pandemia e libera socialità ed economia prima degli altri in Europa.
Restituisce all’Italia nel mondo la credibilità che rimuove i vincoli interni alla crescita. Perché genera fiducia nei consumatori e negli investitori in casa e fuori. Fa quello che da mezzo secolo non aveva fatto nessuno per riunire le due Italie e ridurre le diseguaglianze. Avvia un processo riformatore compiuto. Si prende con i pozzi africani la grande rivincita sui francesi e guida l’Europa nella scelta di campo tra Zelensky e Putin mettendo Scholz e Macron su un treno per Kiev. Conquista un posto di prima fila in questo conflitto di civiltà tra mondo autocratico e mondo occidentale che porterà a ridisegnare l’ordine mondiale.
L’alternativa a questo solco tracciato è quella di un paese che va gambe all’aria. Perché la sovranità europea è condivisa. Perché senza questa nuova reputazione italiana di cui Draghi è garante nel mondo è impossibile barcamenarsi tra le onde tempestose della grande guerra delle materie prime, dei ricatti putiniani sul gas e degli shock inflazionistici e monetari che ne discendono. Con la fibrillazione mondiale dei mercati, la speculazione in agguato sul nostro debito pubblico e il rischio di tassi alle stelle dei titoli sovrani della Repubblica italiana. Che sono quelli che servono per pagare stipendi e pensioni.
Riscatti e ricatti si propone come un thriller che racconta il Movente, l’Occasione, l’Arma, il Delitto e i Colpevoli del draghicidio italiano. Aveva fatto Draghi troppo e troppo bene (il Movente) sia per i partiti intimoriti di perdere centralità e potere sia per burocrati e lobby decisi a difendere con i denti le loro rendite personalistiche a Roma e sul territorio. Il contesto internazionale con la guerra di invasione di Putin all’Ucraina che diventa guerra mondiale delle materie prime. Il circuito perverso di speculazioni false sugli effetti di sanzioni e controsanzioni. L’Europa che diventa un player internazionale con l’Italia in prima fìla.
Costituiscono tutti insieme l’Occasione per il delitto. Visto che una delle prime vistose crepe che si aprirà nella maggioranza sarà proprio determinata dalla scelta pentastellata a fini elettorali di criticare strumentalmente l’invio delle armi. Che è invece una assunzione di responsabilità doverosa che ci colloca saldamente nel campo atlantico e persino alla guida con onore della linea europea.
Il catastrofismo che ignora la realtà e fa rumorosamente sparire dal dibattito domestico il miracolo economico e i risultati ottenuti è di sicuro l’Arma con cui sarà poi possibile compiere il Delitto. Qui emergono con nome e cognome (Silvio Berlusconi e Matteo Salvini) i Colpevoli del draghicidio che non a caso non verranno premiati dagli elettori. Ottenendo come in tutti i thriller che si rispettano un esito inaspettato di segno opposto. Che, in questo caso, vuol dire un risultato nell’urna migliore delle aspettative di Giorgia Meloni che supererà alla grande i due alleati messi insieme umiliandoli politicamente. Premiata in modo così netto dal voto popolare sarà Giorgia Meloni a prendere il posto di Mario Draghi.
Una figura, quella dell’ex presidente della BCE, per molti scomoda e ingombrante perché di peso, slegata dal circo politico e dalle sue regole di potere e di sottopotere italiane. Una figura che l’Italietta della politica avrebbe voluto fare fuori, ma gli italiani con il plauso del mondo hanno rimesso in gioco premiando la responsabilità della campagna elettorale della Meloni e facendo capire con chiarezza con chi stavano.
Riscatti e ricatti racconta fatti, tutti veri, in cui si intrecciano rivelazioni scottanti sugli indiani appesi alle armi russe per difendersi dalle armi cinesi, la guerra finanziaria che Putin ha perso ma nessuno dice nonostante le prese di distanze del nuovo Mao cinese, Xi Jinping, e del superforaggiato primo ministro indiano, Narendra Modi. La nuova cortina di ferro e il pasticciaccio tedesco con il suo disegno egemonico nel mondo dell’Est dove affari e politica sono un muro di cemento armato. Scopriamo chi ha davvero nominato Draghi alla guida della Banca centrale europea (BCE). Perché il credito internazionale della persona e la Merkel pesarono più di tutti i politicanti italiani, la telefonata dell’ira di Napolitano di quei giorni su Bini Smaghi e il ruolo svolto come capo di stato per mettere a tacere i falchi tedeschi che gridavano “no all’italiano”.
Il vero autore del draghicidio estivo romano che è Berlusconi, ricostruito con le parole autografe di Gianni Letta, le grandi firme degli investitori globali che chiedono quante possibilità ha la Meloni di diventare capo del governo per decidere (sbagliando) di vendere Italia allo scoperto e perché non lo faranno. Per capirci, vendere allo scoperto significa scommettere contro un paese. Nel caso specifico vuol dire scommettere che i prezzi dei titoli di stato italiani scenderanno e i rendimenti e lo spread saliranno. La vendita è allo scoperto perché la scommessa la fai addirittura con titoli che non hai e che vai a prendere in prestito da una banca di affari o da un broker. Non è successo e presumibilmente non avverrà. Ovviamente dovrà prevalere la disciplina di bilancio, affiancata da una ripresa degli investimenti e sostegni mirati contro il caro energia, non sussidi a pioggia. Il sentiment di quegli interrogativi, però, non va dimenticato mai. Il ruolo di Mattarella, un po’ Moro un po’ Pertini, che è l’arbitro che tiene insieme l’Italia.
Perché feudatari e mandarini di stato chiamano Draghi Sire, ma poi filano dritto. Non si tornerà più al mondo di prima è il senso della storia di Draghi, capo del governo di unità nazionale, che ricorda quella di De Gasperi del dopoguerra. All’Europa serve oggi un uomo della politica che sia quello che è stato Draghi per la moneta alla guida della BCE. Draghi sarà garante della nuova Italia e della nuova Europa politica per chiunque conti nel mondo, anche da casa sua. Perché il mondo si rivolgerà a lui per avere la sua opinione e non ad altri anche se non dovesse essere presto richiamato in servizio effettivo con ruoli di primissima grandezza nazionali o internazionali. Giorgia Meloni può diventare la nuova Thatcher italiana, o uno dei tanti leader politici italiani che vivono una stagione effimera di governo. Sarà fondamentale, questo deve essere chiaro, che in tutti i passaggi riesca sempre a rassicurare mercati, Europa e America non rinunciando all’attuazione del programma concordato di governo, che non è quello dei singoli partiti, e muovendosi nel solco tracciato da Draghi.
Bandendo sistematicamente il vocabolario parolaio politicomediatico che tanto male ha fatto e fa all’Italia, ma attuando passo dopo passo il suo disegno politico conservatore liberale. Bisogna tenere ferma la rotta delle alleanze euroatlantiche sul piano internazionale e quella interna della crescita competitiva del paese tracciata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che punta alla riunificazione delle due Italie attraverso investimenti, agenda sociale e processo riformatore compiuto, in esso inserito e bene avviato. Qui, non altrove, si gioca la partita di un governo conservatore che salva la barca italiana nei mari tempestosi della guerra mondiale a pezzetti in atto e della conseguente recessione globale indotta dagli effetti inflazionistici e monetari dei ricatti putiniani sul gas.
Qui, non altrove, si gioca anche la partita della politica con la P maiuscola, che può condurre all’Europa federale il cui primo architetto politico è stato Draghi dai tempi in cui guidava il governo europeo della moneta con risultati straordinari riconosciuti in tutto il mondo. Agire su questo doppio versante significa tutelare l’interesse italiano che, come hanno capito bene spagnoli e portoghesi per il loro interesse nazionale, coincide totalmente con l’interesse europeo. Non esistono altre vie né scorciatoie che sarebbero entrambe pericolosamente ingannevoli. Il sentiero strettissimo da percorrere è obbligato e se la Meloni dimostrerà stabilmente di volerlo percorrere in modo rassicurante, mettendo insieme le diversità nazionali con la forza strategica di un soggetto politico europeo forte, avrà con sé le classi dirigenti del paese e passerà alla storia. Altrimenti fallirà. Un po’ prima o un po’ dopo, ma comunque fallirà.
Noi ci auguriamo che ce la faccia perché il paese ha bisogno di una leadership politica forte e perché difficilmente l’Italia potrà avere una nuova prova d’appello. Soprattutto, il paese ha bisogno di cambiare con serietà e di farlo nel segno di chi questo cambiamento lo ha avviato non a parole.
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