Emmanuel Macron e Mario Draghi
7 minuti per la letturaGirarsi dall’altra parte o pensare solo al giardino di casa propria, come stanno facendo olandesi e ungheresi, o giocare con gli spazi di bilancio nazionali, come stanno facendo i tedeschi, non salva nessuno e porta tutti alla disfatta. Per inciso, è proprio quello che vuole Putin e che l’Europa non deve permettere. In Italia e in Europa è arrivato davvero il momento per tutti di uscire definitivamente dai discorsi ideologici e dagli interessi di bottega per perseguire con successo il tentativo comune di salvare l’equilibrio economico e sociale europeo. Lo spirito di Keynes può di certo aiutare se non altro a acquisire la consapevolezza che dietro quell’equilibrio in pericolo ci sono persone in carne e ossa che rischiano la vita e il tessuto economico e sociale dei popoli europei che rischia la lacerazione. La risposta può essere solo comune e immediata tra tetto, disallineamento dei prezzi e Recovery.
ATTENZIONE: si sta incentivando di nuovo l’Europa degli egoismi. Che è esattamente la partita di Putin per cui si salva chi si può salvare e fa soldi chi approfitta della situazione. Attenzione: questa è proprio la logica miope che porta al disastro europeo. Si percepisce quasi fisicamente la debolezza della situazione perché non c’è un’opinione pubblica europea che possa indirizzare i governi nazionali e aiutarli a rendersi conto che siamo in un’altra epoca. Si avverte che questa opinione pubblica è anche figlia dell’assenza inquietante di una leadership politica europea riconosciuta. Perché Macron resta azzoppato dal voto e logorato dagli infiniti tentativi di mediazione con Putin tutti sempre a vuoto e perché il nuovo cancelliere tedesco Scholz non mostra al momento né la stoffa né la caratura per esprimere un ruolo così impegnativo.
C’era Mario Draghi con la legittimazione della guida storica del governo europeo della moneta e con i meriti politici conseguiti sul campo dalla premiership italiana che ha dettato tutte le mosse della politica estera europea di questo ultimo anno e mezzo, ma i partiti italiani della coalizione di governo hanno pensato bene di farlo cadere azzoppando anche lui nel momento più delicato per l’Europa e per l’Italia coincidente, peraltro, con il momento in cui poteva essere più utile per noi averlo in sella con i pieni poteri. I popoli europei sono tutti alla ricerca di una leadership comune che mostri visione e pragmatismo per guidarli fuori dalla burrasca, ma sono anche tutti intrappolati nel gioco di sopravvivenza dei loro capi di governo nazionali. Invece tutti, proprio tutti, non solo i quindici, Italia in primis più la Francia, che hanno scritto alla Unione Europea perché si acceleri su una azione immediata, dovrebbero prendere coscienza che sono davanti al bivio della storia. Che o si fa un tentativo unitario europeo come tetto al prezzo massimo del gas per tutti, proposta lanciata per primo da Draghi, o come nuovo Recovery europeo che operi a titolo di compensazioni finanziarie e investimenti comuni.
Altra proposta Draghi-Macron che entra nel solco di quella Europa federale che fa debito comune, difesa e politica estera comuni, che significa essenzialmente la capacità di fare un Recovery all’anno per i prossimi dieci anni intervenendo dove è giusto attraverso politiche di investimenti comuni. Succede che in questo quadro così sfilacciato che mostra generale inadeguatezza la Germania finanzierà uno «scudo di difesa economica» fino a 200 miliardi di euro, istituito per sostenere l’impennata dei prezzi dell’energia. E lo fa con un cancelliere tedesco che ribadisce fino all’ossessione che le finanze pubbliche del Paese sono stabili e che la misura è necessaria «per farci superare questo momento difficile».
Ancora più esplicito il ministro dell’economia tedesco che si preoccupa di parlare ai mercati e tiene a sottolineare che il loro intervento non ha nulla a che vedere con l’annunciato piano di tagli fiscali della premier conservatrice inglese, Liz Truss. Che è quello che solo annunciato ha fatto crollare la sterlina, esplodere il costo del debito pubblico inglese e mandato in subbuglio il mercato dei bond europei facendo volare i BTP italiani fino alla soglia di un rendimento che sfiora il 5%. Faccio tutti questi passaggi per farvi capire che perfino la economia più virtuosa del mondo, quella delle formiche tedesche, di certo la meno indebitata, ha paura di pagare uno scotto pesante sui mercati per fare fronte a un’emergenza di caro energia di origine bellica che rischia di farla saltare. Vuole evitare qualsivoglia accostamento, anche indiretto, al piano inglese fatto tutto in deficit che sta incrociando i cicloni inflazione e recessione e rischia di riportare i Paesi europei più fragili (Italia e Grecia in testa) in una condizione da pre-default sovrano come fu nel 2011 e l’Europa intera in una situazione più grave di quella della prima grande crisi finanziaria del 2008.
Parliamo di quei cicloni che spazzerebbero via le strade nazionali allo scostamento di bilancio trasformando i benefici del sollievo necessario e urgente a imprese e famiglie in un costo moltiplicato al cubo che graverebbe su finanza pubblica, imprese e famiglie strette tutte insieme in una spirale Argentina. Che è quella che sta vivendo oggi l’Inghilterra nonostante la sua banca centrale compri e paghi senza porsi argini addirittura per un intervento nemmeno fatto che prescinde dall’emergenza assoluta, che è il caro bollette, e per la verità addirittura prescinde proprio dalla realtà storica che stiamo vivendo. Facciamola breve. A noi che siamo un Paese di esportatori che ha come principale mercato di destinazione la Germania, non può che fare piacere se l’economia tedesca resta in piedi.
Però, esiste un problema ineludibile: anche le imprese italiane rischiano di saltare e il crollo dei bilanci familiari prima della recessione porta nuova povertà. Siccome la situazione di debito italiano, soprattutto dopo l’incendio appiccato dalle follie inglesi, non permette di fare nuovo deficit e, quindi, nuovo debito perché tracolleremmo all’istante, è evidente che l’Europa ha l’obbligo assoluto di battere un colpo sul tetto al prezzo del gas per tutti e disaccoppiamento del meccanismo dei prezzi tra gas e energia da fonte rinnovabile, ma anche quello di studiare modalità cooperative per garantire risposte finanziarie comuni a un’emergenza che non è frutto di inefficienze nazionali ma di distorsioni causate dalla guerra di invasione della Russia in Ucraina e dal ricatto di Putin sul gas. L’Italia si trova in una fase di passaggio molto delicata. Per cui Draghi deve continuare, come sta facendo con il peso della sua reputazione personale, affinché l’Europa torni velocemente sulla strada giusta da lui indicata. La Meloni che ha tutti gli occhi puntati addosso ma ha anche una limpida investitura elettorale che la rende forte, deve continuare a rassicurare mercati, Europa e America nel solco operativo già tracciato dall’Italia di Draghi che persegue in casa e fuori la soluzione del problema. Deve abilmente evitare di dare a chicchessia l’alibi di accreditarla come una spina nel fianco dell’Europa e acquisire così, sventato il pericolo, il suo stabile posto a tavola che rifletta il peso di un Paese che è ritornato serio e rispettato. Raggiunto velocemente questo obiettivo, che si chiama fiducia e reputazione verso l’Italia e verso chi la guida, allora sì che la sua leadership politica potrà giocare al meglio la partita delicatissima che ha davanti. Una partita che non consente ammiccamenti in Europa nei campi avversi dello schieramento europeista e atlantista che è una scelta obbligata nel pieno di un conflitto di civiltà tra mondo autocratico e mondo occidentale. Una partita che si può giocare e vincere se nel frattempo non si lascia nulla di intentato in casa sul piano operativo.
In Italia e in Europa è arrivato davvero il momento per tutti di uscire definitivamente dai discorsi ideologici per perseguire con successo il tentativo comune di salvare l’equilibrio economico e sociale europeo. Lo spirito di Keynes può di certo aiutare se non altro a acquisire la consapevolezza che dietro quell’equilibrio in pericolo ci sono persone in carne e ossa che rischiano la vita e il tessuto economico e sociale dei popoli europei che rischia la lacerazione. Girarsi dall’altra parte o pensare solo al giardino di casa propria, come stanno facendo olandesi e ungheresi, o giocare con gli spazi di bilancio nazionali come stanno facendo i tedeschi, non salva nessuno e porta tutti alla disfatta. Per inciso, è proprio quello che vuole Putin e che l’Europa non deve permettere.
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