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L’inflazione è la vera insidia del nuovo boom italiano e il punto dirimente riguarda le famiglie perché con gli aiuti i rialzi sono stati frenati, ma il conto è salato. Il rincaro bellico delle materie prime energetiche e alimentari è arrivato sulla bolletta di chi produce, di chi trasporta il prodotto, di chi lo vende, è arrivato nelle famiglie ed è il meccanismo di questa trasmissione letale della malattia che va fermato perché questo movimento perverso arrivato a regime genera tensione sociale e il Paese fa i conti con la più odiosa delle tasse che è quella sui poveri. Il sistema produttivo italiano che è molto più forte del 2011 sta tenendo alla grande, anzi fa faville, turismo e servizi beneficiano della credibilità ritrovata. Il pericolo da sventare della tensione sociale e della fine della stagione della fiducia passa attraverso il recupero del potere d’acquisto perso delle famiglie con un nuovo taglio vero del cuneo fiscale che tutti devono condividere con un nuovo patto sociale. Che porti a incidere anche sulla redistribuzione della spesa pubblica, aprendo con generosità il mercato del lavoro a risorse anche non italiane e bandendo la corsa elettorale a spargere risorse a tutti, a chi ne ha bisogno e a chi non ne ha, tanto paga Pantalone che è proprio lo storico tallone d’Achille italiano. Non è più tempo di questi giochetti della bottega della politica italiana perché il fenomeno a livello globale è così forte da fare saltare tutto. Il resto dovrà farlo la politica monetaria europea stroncando sul nascere il rischio della frammentazione.
Prima arriva l’inflazione poi, se la politica monetaria non fa il suo e governo e parti sociali non fanno i patti fiscali giusti, arriva la tensione sociale. La tassa più ingiusta, che è l’inflazione, perché colpisce i poveri più dei ricchi, è la vera insidia del nuovo boom italiano e va disinnescata prima che determini un nuovo autunno caldo.
Con l’economia italiana che incredibilmente continua a fare faville, turismo, edilizia, servizi alle stelle, una produzione industriale che fa record di mese in mese e viaggia a una crescita delle esportazioni del 20% sull’anno precedente che è quello del miracolo economico, ci sono i margini per fare le cose giuste ma bisogna tenere a bada pulsioni demagogiche politiche e sindacali e fare i conti con la realtà nuova.
Bisogna prendere atto che un’inflazione all’8% che è un livello che non si raggiungeva da 36 anni è una cosa seria perché non hai più 2% di inflazione core e 8% di inflazione importata da caro energia e caro alimentare determinati dalla guerra di Putin all’Ucraina, ma hai un’inflazione che sul carrello della spesa arriva all’8,3% e incide direttamente sul portafoglio delle famiglie. Questo è il fatto nuovo. Chiariamoci: anche qui l’inflazione italiana è sotto la media europea e nello stesso mese in Spagna siamo molto oltre il 10% il che vuol dire che non si è stati con le mani in mano tra un decreto energia e l’altro mettendo in gioco quasi 40 miliardi tra tasse su extraprofitti e utilizzo del miglioramento dei fabbisogni di cassa. Si è agito senza fare nuovo debito e questo vuol dire molto anche se pochi se ne accorgono.
Chiariamoci: abbiamo messo in cascina nei primi sei mesi dell’anno peggiore della storia tra guerra lunga e shock inflazionistici una crescita di oltre il 3% che nei Paesi dell’eurozona non ha nessuno e questo può molto aiutare. Chiariamoci: siamo l’unico Paese europeo che ha gli indici di fiducia di giugno di tutti i soggetti economici – impresa manifatturiera, edilizia, servizi, turismo – in netta risalita che esprimono la forza del tasso di credibilità del governo di unità nazionale guidato da Draghi sul piano interno ed estero per cui siamo tornati attrattivi nel mondo e chi in Italia è abituato a misurarsi con le regole del mercato e della qualità crede nel futuro di questo Paese.
Si è convinto che con il pragmatismo e il consenso fuori casa della guida italiana della politica economica gli abnormi, oggettivi extracosti della guerra lunga che rendono possibile una nuova recessione anche europea, oltre quella americana, verranno ridimensionati e sicuramente gestiti. Questo problema dell’inflazione e della tensione sociale collegata da disinnescare dovrebbe essere in testa all’agenda della politica italiana oggi.
Vuol dire fare i conti con la nuova legge di bilancio e i vincoli derivanti dal debito pubblico tutti insieme per tutelare in modo produttivo i salari e preservare il potere d’acquisto delle famiglie, non la bottega del teatrino della politica italiana che sa solo assecondare a fini presuntamente elettorali tutte le pulsioni demagogiche per cui bisogna continuare a spargere risorse a tutti, a chi ne ha bisogno e a chi non ne ha, tanto paga Pantalone che è proprio lo storico tallone d’Achille italiano.
Questo è il punto strategico vero che il Paese tutto ha davanti e che devono affrontare tutti insieme con un grande patto sociale che sia anche un grande atto di assunzione di responsabilità. Bisogna prendere atto che quando si sono tagliate le accise la prima volta, con lo sconto la benzina costava 1,7 euro e ora invece con il nuovo taglio delle accise e il decreto benzina che arriva oggi siamo a 2,1 euro.
L’inflazione si è trasferita al carrello della spesa e cade sul portafoglio delle famiglie così come cade sulle imprese erodendone i margini anche se in parte li hanno scaricati sui nuovi prezzi piazzando i loro prodotti in mezzo mondo dove l’inflazione è ancora più alta e, quindi, i prezzi italiani sono concorrenziali. Il punto dirimente, però, riguarda le famiglie perché con gli aiuti i rialzi sono stati frenati, ma il conto è salato.
Il rincaro bellico delle materie prime energetiche e alimentari è arrivato sulla bolletta di chi produce, di chi trasporta il prodotto, di chi lo vende, è arrivato nelle famiglie ed è il meccanismo di questa trasmissione letale della malattia che va fermato perché questo movimento perverso arrivato a regime genera tensione sociale e si fanno i conti con la più odiosa delle tasse che è quella sui poveri.
È un processo che, se non disinnescato, può andare avanti a lungo e arriva a mangiarsi i sette miliardi di taglio dell’Irpef fatti con la scorsa legge di bilancio e già dimenticati da tutti. Il sistema produttivo italiano che è molto più forte del 2011 sta tenendo alla grande, il pericolo della tensione sociale e della fine della stagione della fiducia passa attraverso il recupero del potere d’acquisto perso delle famiglie con un nuovo taglio vero del cuneo fiscale che tutti devono condividere incidendo anche sulla redistribuzione della spesa pubblica, aprendo con generosità e serietà il mercato del lavoro a risorse anche non italiane qualificando il reimpiego in casa nostra, e soprattutto bandendo la corsa elettorale a dare a chi già ha che è la piaga italiana.
Non è più tempo di questi giochetti perché il fenomeno a livello globale è così forte da fare saltare tutto. Il resto dovrà farlo la politica monetaria europea stroncando sul nascere il rischio della frammentazione.
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