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Se si procedesse all’embargo totale sul gas russo, secondo la Bundesbank, la Germania perderebbe cinque punti di Pil pari a 180 miliardi e passerebbe a una crescita negativa del 2%. In tempi non sospetti abbiamo scritto che una guerra lunga avrebbe avuto sul Pil italiano gli stessi effetti della pandemia dove in un solo anno si è perso l’8,9%. Nel frattempo, però, già con il quadro militare e monetario di oggi il mondo si prepara a conoscere la recessione americana, che si aggiunge a quella molto probabile tedesca e al forte rallentamento cinese da “Covid zero” e chiusura dell’economia delle sue grandi città. Tutti insieme queste recessioni e/o vistosi rallentamenti per un Paese esportatore globale come è quello italiano rappresentano di sicuro lo scenario peggiore possibile. Facciamo tutto quello che stiamo facendo sull’energia, ma evitiamo di spacciare soluzioni semplici a cose complicatissime
L’economia scivola davvero dappertutto. Il Fondo monetario internazionale vede rischio recessione in Italia, in Francia, in Germania e in Gran Bretagna. Il prodotto interno lordo (Pil) italiano del 2022 è stato tagliato al 2,3% che è esattamente il trascinamento acquisito a causa della crescita record del 2021 (+6,6%). Quindi se tutto va bene significa crescita reale nulla che equivale a stagnazione. Dico se tutto va bene perché Confindustria si è portata avanti e già parla di crescita all’1,9% con due trimestri di recessione tecnica e, al netto del trascinamento acquisito del 2,3% dall’anno scorso, anche reale.
Se si procedesse all’embargo totale sul gas russo, secondo la Bundesbank, la Germania perderebbe cinque punti di Pil pari a 180 miliardi e passerebbe a una crescita negativa del 2%. Chi ci legge sa che in tempi non sospetti quando ancora si almanaccava su scenari di guerra breve o brevissima, questo giornale aveva scritto che una guerra lunga avrebbe avuto sul Pil italiano gli stessi effetti della pandemia dove in un solo anno si è perso l’8,9%. Due cigni neri di seguito, un anno dopo l’altro, fanno paura perché sorprendono anche la storia.
Non è finita. Il mercato è terrorizzato dalla Federal Reserve (Fed) che farà la più forte e veloce stretta monetaria dal 1982 perché il capo della Fed Powell ha già annunciato il primo rialzo di 50 punti base per maggio, ma proseguirà di meeting in meeting ogni volta con un altro mezzo punto all’insù. L’obiettivo dichiarato è una stretta monetaria che manda l’economia statunitense in recessione secondo un rischioso calcolo politico che porta gli americani a ipotizzare un atterraggio morbido dell’inflazione e poi la ripartenza alla grande della loro economia. Nel frattempo, però, il mondo conosce la recessione americana, che si aggiunge a quella probabile tedesca e al fortissimo rallentamento cinese da “Covid zero” e chiusura in automatico dell’economia delle sue grandi città. Tutti insieme queste recessioni e/o questi vistosi rallentamenti per un Paese esportatore globale come è quello italiano rappresentano di sicuro lo scenario peggiore possibile.
Vorremmo che in un quadro di economia di guerra così complicato, il ministro Cingolani la smettesse di raccontare favole facendo credere agli italiani che sostituire i due terzi del gas russo con i nuovi preziosi accordi in Africa, dovuti al peso di Draghi e alla esperienza e alle conoscenze del capo dell’Eni Descalzi, è cosa fatta. Bisogna fare i conti terribili con la durata della guerra in Ucraina che è il terzo cigno nero italiano (dopo la crisi dei debiti sovrani del 2011 e la crisi pandemica del 2020) e essere consapevoli che alla politica monetaria restrittiva americana si accoderà anche se in modo un po’ più graduale da luglio in poi quella della Banca centrale europea.
Ebbene allora, in questa situazione, si abbia almeno il coraggio di parlare di politiche energetiche con onestà. Si deve avere il coraggio di dire che il gasdotto algerino porta quello che porta, che si possono mettere compressori più grandi e fare andare tutto più velocemente, ma il tubo è il tubo ed è quello lì. Si deve avere il coraggio di dire che se saremo bravissimi, se riusciremo come stiamo facendo a diversificare il più possibile le fonti, dobbiamo anche essere in grado di fare con altrettanta velocità interventi onerosi in casa per il trasporto e l’utilizzo di quel gas liquefatto. Si deve avere il coraggio di dire che se siamo i più bravi di tutti e non falliamo un colpo e, al momento, grazie alla spinta di Draghi e dell’Eni, lo siamo per davvero, avremo tutti in Europa un costo del gas quattro volte superiore a quello che pagano gli americani e a quello che pagavamo noi prima degli sconquassi militari e economici che hanno riguardato il rapporto con la Russia. Questa è la realtà, il resto sono solo balle pietose.
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