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Il suo prezzo è salito del 600% rispetto alla media del 2020. Anche il prezzo del CO2 (anidride carbonica, biossido di carbonio) si è più che raddoppiato. I fondi che gestiscono la liquidità vedono la possibilità di moltiplicare i loro rendimenti. Ovvio che se chiudiamo le vecchie centrali a carbone e andiamo solo a gas, che è quasi tutto importato e non ce ne è, il sistema diventa tiratissimo. Perseguire la lotta al clima è assolutamente importante ma non facendo finta di ignorare che non abbiamo fonti rinnovabili alternative in misura sufficiente. La partita delicata con la Russia, il ruolo del primo e secondo inquinatore che sono Cina e Stati Uniti. L’urgenza di una nuova Bretton Woods e la sfida di G20 e Cop26
L’Europa è povera di un bene fondamentale primario che è il gas. Il suo prezzo è salito del 600% rispetto alla media del 2020. Anche il prezzo del CO2 (anidride carbonica, biossido di carbonio) si è più che raddoppiato. Possiamo anche sperare che sia una bolla nel gas e nel CO2, ma non possiamo bloccare i mercati. I fondi che gestiscono la liquidità fanno per mestiere speculazione. Si barcamenano con rendimenti sicuri tra l’1 e l’1,2% e se la suonano e se la cantano tra di loro. Qui vedono la possibilità di sestuplicare o più che raddoppiare i loro rendimenti. Secondo voi, che fanno? Stanno fermi o si muovono? Certo che si muovono. Fanno appunto il loro mestiere.
Tra un dibattito e l’altro su Marte che riguarda il mondo dell’irrealtà, è bene prendere atto che abbiamo due problemi strutturali:
1) Scorte basse ai minimi all’inizio dell’inverno;
2) Mercati finanziari che ci segnalano in modo inequivocabile che c’è scarsità di un bene primario che è il gas e ci guadagnano sopra.
Abbiamo un problema certo per questo inverno se c’è un freddo fuori dal suo range di normalità anche per breve tempo, e con questo clima oscillante la prospettiva è reale. I treni potranno fermarsi perché vanno a corrente e quelli a alta velocità ne consumano parecchia. Il prezzo del gas e del CO2 a questo livello ci dice che il sistema è tiratissimo, ma è quasi ovvio se chiudiamo le vecchie centrali a carbone e andiamo solo a gas che è quasi tutto importato e non ce ne è. Sempre di questi giorni, ma nel mattino di domenica 28 settembre del 2003, abbiamo già avuto il più grande black out della storia. Da allora l’elettricità è sempre più importante nella nostra vita e la quantità di energia elettrica non consegnata tocca punte mai raggiunte.
Non ci resta che incrociare le dita e sperare che la Russia ricominci a dare subito una mano, ma non è assolutamente facile. La Russia potrebbe mandarci più gas attraverso l’Ucraina, ma è in guerra con l’Ucraina ed è probabile che ragioni più o meno così: per fare pagare meno le bollette agli europei dovremmo fare la pace con l’Ucraina, ma siete matti o cosa? Oppure che dicano ancora: abbiamo già fatto il massimo perché il Nord Stream faccia il suo portando quello che deve portare al di là dell’Ucraina nei mari del nord per i paesi del Nord, ma non hanno le strutture per portare gas a sufficienza a noi che siamo più a sud e siamo questa volta Sud tutti insieme.
Il problema fondamentale del dibattito italiano è che in presenza di questi fatti certi, i nostri ambientalisti continuano a “giocare” sulla lotta al clima assolutamente decisiva e da perseguire, facendo finta di ignorare che non abbiamo fonti rinnovabili alternative in misura sufficiente.
La confusione tra i piani della realtà e quelli dell’irrealtà può produrre danni incalcolabili. Fuori dalle chiacchiere, oggi non c’è più tempo per stare a disquisire. Vanno usate al massimo tutte le energie che sono disponibili senza andare troppo per il sottile. Diciamo la verità, con buona pace di chi racconta favole, e prendiamoci la responsabilità di riconoscere che per fortuna si è tenuto duro sul Tap che è il tratto europeo del corridoio meridionale del gas. Che per fortuna l’Eni in Libia è sopravvissuta alla caduta di Gheddafi e tiene ancora in mano il sistema per cui può fare arrivare dall’Algeria all’Italia molto di più di quello che arrivava prima perché non sta mandando più nulla in Spagna.
Dobbiamo ovviamente sfruttare ovunque le risorse di gas sottoterra e dobbiamo sfruttare meglio l’idroelettrico. Enel, A2A e così via fanno un sacco di soldi e qui si può ragionevolmente operare per togliere un po’ di rendita e abbassare le bollette. Anche sulla tassazione molto pesante sul gas per il riscaldamento (famiglie) e sull’elettricità per le piccole e medie industrie, si può e si deve fare qualcosa.
È una botta per tutta l’Europa perché uscire dal nuovo ’29 mondiale riaprendo il mondo dopo averlo chiuso non è una passeggiata, ma noi abbiamo anche un sistema energetico più debole per una serie di scelte ambientaliste in sé non sbagliate ma condotte e vissute in modo pericolosamente ideologico. Per di più oggi il grosso è nell’idroelettrico che è in mano alle Regioni e questa è un’altra delle tipiche perversioni italiane.
Per cui capi e capetti delle Regioni non ti fanno fare gli accumuli e tutti sono convinti che non si può fare niente. Bisogna avere il timone ben fermo non solo sull’ambiente, ma anche sull’economia e sulla sicurezza degli approvvigionamenti. Noi paghiamo l’energia più della Cina e degli Stati Uniti, ma loro sono rispettivamente il primo e il secondo inquinatore del mondo, noi no. Per questo servono la nuova Bretton Woods e un nuovo multilateralismo ambientale. Per questo bisogna mobilitare capitali come non si è mai fatto in passato per ridurre fino a azzerare le emissioni e mitigare i danni sul clima. Su questo terreno stanno lavorando con serietà il G20 e il Coop26 rispettivamente presieduto e co-presieduto da Draghi.
La verità è che noi in casa paghiamo il conto della fuga in avanti del CO2, di un mercato che non è efficiente, di una situazione problematica oggi e ancora più problematica per il futuro. Le tariffe per definizione dovrebbero essere stabili e, pandemia a parte che conta eccome, un risveglio con un aumento della bolletta del 40% assomiglia a un tuffo carpiato in piscina da un trampolino dell’irrealtà costruito con la nostra fantasia dieci metri più su. Ci sono i costi che aumentano, poi ci sono i fondi che li moltiplicano perché ci fanno i loro guadagni, prima di tutti loro ci sono le nostre debolezze strutturali e quelle ora più che mai vanno aggredite. Perché l’inflazione in Europa è al 3% e negli Stati Uniti sfiora il 5%. Nessuno può stare davvero tranquillo. Per quanto potrà apparire paradossale oggi ci salva il barile dell’Opec, ci salvano l’Arabia Saudita e il prezzo del petrolio che è rimasto in una crescita contenuta. Se avessimo avuto una crisi così anche qui, l’economia americana sarebbe schizzata e non ce ne sarebbe più per nessuno. A chi si riempiva la bocca di sovranismi e populismi varii raccontando la crisi della globalizzazione ha oggi di che meditare e, ancora di più, di che fare. Senza doppi giochi.
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