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Il parlamento Italiano

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Avviso ai naviganti e a tutti gli orchestrali della politica e del talk televisivo permanente del Titanic Italia. Ce l’avete fatta! Non siamo la Grecia ma sui mercati il nostro titolo decennale sovrano è stato scambiato ieri sul mercato secondario a un rendimento con punte dello 0,72 chiudendo allo 0,71 contro lo 0,67 della Grecia. Siamo quattro punti base sopra un Paese che ha lo stigma della crisi nel mondo

Avviso ai naviganti e a tutti gli orchestrali della politica e del talk televisivo permanente del Titanic Italia. Ci siete riusciti! Non siamo la Grecia ma sui mercati la reputazione dell’Italia è peggiore. Il nostro titolo decennale sovrano è stato scambiato ieri sul mercato secondario a un rendimento con punte dello 0,72 chiudendo allo 0,71 contro lo 0,67 della Grecia. Siamo quattro punti base sopra un Paese che ha lo stigma della crisi nel mondo. Era già successo una volta, ma sono situazioni che fanno scorrere brividi gelidi lungo la schiena. Quando si ripetono ancora di più. Soprattutto se si pensa che fino a qualche giorno fa eravamo una decina di punti base sotto la Grecia.

So bene che il debito greco circolante sul mercato è piccolo e in grossa parte concentrato su istituzioni internazionali per cui basta poco per fare scendere i tassi, ma la tendenza italiana non è affatto tranquillizzante. Siamo, peraltro, ben oltre mezzo punto di tasso di interesse sopra Portogallo e Spagna che hanno problemi di ogni tipo ma strisciano per i loro titoli decennali sullo zero con un range oscillante tra un tasso minimo dello 0,07/0,08 e massimo dello 0,18.

Sono da tempo ritenuti Paesi più affidabili di noi. Per capire che cosa significhi tutto ciò, basti pensare che non era così nel novembre del 2011 quando l’Italia arrivò a un passo dal default sovrano come è stato per l’Argentina. La situazione di oggi non è paragonabile a quella di allora perché i 1800 e passa miliardi di acquisti della Bce legati al programma pandemico (Pepp) e la dote aggiuntiva del Quantitative Easing non erano nemmeno nella mente delle persone che li hanno ideati.

Resta il fatto che un Paese come l’Italia che ha sulle spalle il macigno del debito pubblico e venti anni di crescita zero, ha avuto la bella idea di fare tutta questa discussione pubblica sul Recovery Plan che ha chiarito al mondo che quello che non abbiamo fatto in sei mesi dobbiamo farlo in sei giorni. Ovviamente in pochi credono che ne saremo capaci. Siamo sulla bocca di tutti e abbiamo lo spread contro la Germania che risale in area 124 contro i 119 della Grecia. Non abbiamo il Piano e ci siamo infilati nel tunnel della più pazza delle crisi di governo. Non abbiamo neppure la governance italiana del Recovery. Non sappiamo se starà a Palazzo Chigi o al ministero dell’Economia. Non sappiamo se dipenderà da Tizio o da Caio.

Paghiamo sui mercati il costo di questa devastante “discussione” parlamentare, il rischio reale di elezioni e la percezione di una Banca centrale europea un po’ meno propensa a comprare o che potrebbe non usare tutta la dotazione.

Chi legge questo giornale sa che abbiamo avvertito in tempi non sospetti che il Recovery Plan italiano non andava bene e che l’Europa ce lo avrebbe mandato indietro. Abbiamo avvertito tutti che di investimenti pubblici e di riforme non resta niente sotto il vestito della propaganda. Che manca nei fatti la stella polare del Mezzogiorno. Non solo non ci hanno ascoltato, ma hanno inscenato il più inverecondo teatrino della politichetta italiana con una caccia grossa quotidiana dei talk alle figure più scenografiche di questa rappresentazione. Siamo alla sindrome greca senza neppure rendercene conto e senza neppure un po’ di rossore. Possiamo almeno smettere di inseguire con le telecamere gli orchestrali che ballano e suonano sulla tolda del Titanic?


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