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Centoventimila imprese delle costruzioni fallite, l’azzeramento del turismo che vale da solo il 5% del prodotto interno lordo, la caduta a seguire di commercio e trasporti, 4 miliardi di ore di Cig e 5 milioni di posti di lavoro a rischio, con un tasso di disoccupazione allargato nel Mezzogiorno di oltre il 27%. I tedeschi e i francesi sono davanti agli ultimi granellini della clessidra del non fare italiano. I primi non ci vogliono fare fallire perché siamo i loro subfornitori e pensano a commissariarci. I secondi ci comprano e basta. Gli orchestrali del Palazzo ballano e suonano sulla tolda del Titanic

Lo spread tra quanto sta succedendo nel teatrino della politica e quanto accade nell’economia e nella società ha toccato livelli greci o argentini. Lasciate perdere i mercati e fatevi largo tra i banconi di nebbia degli acquisti sacrosanti della Banca centrale europea per guardare in faccia la realtà. Che è quella del nuovo ’29 mondiale che si abbatte sulle macerie di venti anni di crescita zero. Si chiama Titanic Italia.

A centoventimila imprese delle costruzioni fallite aggiungete l’azzeramento del turismo che vale da solo il 5% del prodotto interno lordo (Pil), la caduta a seguire di commercio e trasporti. Contate 4 miliardi di ore di cassa integrazione e cinque milioni di posti di lavoro a rischio, un tasso di disoccupazione allargato nel Mezzogiorno di oltre il 27% e una caduta di pil italiano superiore in un solo anno a quanto perso in quattro anni durante le due grandi crisi internazionali del 2008 e del 2011/2012. All’epoca i danni cumulati furono superiori a quelli di una terza guerra mondiale persa.

La crisi strutturale oggi è del Paese, non del palazzo e dei suoi orchestrali che ballano sul Titanic e ne sono l’espressione di superficie più avvilente. Siamo i primi creatori di debito pubblico in rapporto al Pil (23,5 punti) e ci reggiamo in bilico sulla corda costruita con la tecnica del non fare per cui i soldi mai spesi per i cantieri con lo stratagemma dei decreti attuativi impossibili fungono da copertura di aiuti dovuti e marchette a volontà. Si continua a non fare sviluppo per finanziare mancette. Nell’anno del Covid pezzi sempre più pregiati del cosiddetto quarto capitalismo italiano sono finiti in mani straniere a partire da quelle francesi e americane. I gruppi esteri hanno fatto shopping in Italia per 75,6 miliardi con un aumento del 37% rispetto all’anno precedente. Se non siamo proprio alla colonizzazione, poco ci manca.

Il tempo, signori, è finito per l’Italia non per il governo. Domanda: come fai a fare un governo che prepara il nuovo sviluppo con i nuovi Scilipoti? È impossibile. Lo puoi fare, forse, con Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc che ti porterebbe in dote lo scudo crociato e l’indagine per associazione a delinquere con aggravante mafiosa? Vogliamo scherzare o facciamo sul serio? Vogliamo cambiare o no? Se non lo facciamo adesso, quando lo facciamo? Sento ripetere: serve un soggetto aggregatore. Domanda: chi può prendere l’iniziativa? Dovrebbe essere un’iniziativa del Pd? Ci affidiamo a Conte e alla sua qualità del progetto? Ci affidiamo a Conte e al Pd insieme? Di grazia, visto che non lo dice nessuno in ore e ore di talk da mercato delle vacche, si può chiedere per fare che cosa?

La Meloni parla con se stessa. Salvini ripete le stesse cose e non riesce a fare un gioco politico. Non ha la possibilità di uscire dal buco di sua volontà. Forse Giorgetti può cambiare un po’ le cose e (forse) Forza Italia sta preparando zitta zitta quello che fece Salvini con Di Maio la prima volta. La realtà, quella che interessa gli italiani, dice che l’ultimo aggiustamento è di oltre 30 miliardi. Rappresenta di per sé una cifra spaventosa e i soldi non sono andati in direzione giusta. Ci sono un deficit di impresa e di indebitamento pubblico che esplodono parallelamente. Nella crescita abnorme del risparmio c’è di sicuro risparmio precauzionale ma anche qualcosa di profondamente sbagliato perché sono risorse che si potrebbero mettere al servizio dello sviluppo del Paese.

Parliamoci chiaro. Se ho un tumore, che faccio? Dico: aspettiamo? Facciamo finta di niente? No, con una crisi italiana di questo tipo, devi operare subito. La realtà impone il compito di farla finita perché è finito il tempo del non fare. I tedeschi e francesi sono lì davanti agli ultimi granellini della clessidra del non fare che scendono sempre più velocemente. I primi non ci vogliono fare fallire perché siamo i loro subfornitori di qualità e pensano a commissariarci. I secondi ci comprano e basta. Noi balliamo e suoniamo sulla tolda del Titanic.


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