Ursula von der Leyen e Giuseppe Conte
9 minuti per la letturaBisogna adottare subito nella spesa sociale e infrastrutturale criteri omogenei e trasparenti, comprensibili anche in Europa. Siamo il Paese più diseguale dell’intero continente mentre è chiaro a tutti che dalla scuola alla sanità fino ai trasporti la gran parte degli investimenti pubblici di sviluppo va destinata al Mezzogiorno. L’Europa lo ha capito, l’Italia evidentemente no. Perché continua a fabbricare comitati e inventare ruoli. E resta prigioniera dei 20 Capi di Stato ombra
Il documento del Recovery Fund non ha bisogno nemmeno di essere scritto. Tanto è chiaro quello che serve al Paese e quello che l’Europa vuole che questo Paese faccia. Anche perché sono la stessa identica cosa. È stato così per la Francia. È stato così per la Germania.È stato così per la Spagna. Che hanno tutte e tre già depositato il loro documento. Non è così per l’Italia che in teoria ha il lavoro agevolato. Perché è chiaro a tutti che deve indirizzare nel suo Mezzogiorno la gran parte degli investimenti pubblici di sviluppo. Deve consolidare e riequilibrare tra un territorio e l’altro trasferimenti e investimenti in scuola, sanità, trasporti. Ha bisogno di cambiare in profondità la sua macchina di spesa perché altrimenti non arriverà mai nulla e, per queste ragioni, deve fare, non annunciare, riforme esecutive.
Siamo il Paese più diseguale del Vecchio Continente, venti milioni di persone hanno un reddito pro capite medio pari a poco più della metà di quello degli altri quaranta milioni. L’Europa lo ha capito, l’Italia evidentemente no. Perché continua a fabbricare comitati e a inventare ruoli. Come si possa pensare di fare responsabili di missione/commissari i Capi azienda delle poche multinazionali tutte a controllo pubblico che vivono di mercato francamente è incomprensibile. Possono fare le cose i Capi dell’Enel, di Leonardo o delle Ferrovie, non sostituirsi come commissari ad acta a pezzi di amministrazione pubblica che già poco fanno e alla sola idea di questi nuovi arrivi ancora meno farebbero.
Questa Italia miope e egoista in mano a partiti dilaniati e a venti Capi di Stato ombra che passano il giorno a litigare con se stessi e con gli altri non vuole guardare in faccia la realtà neppure nei giorni terribili della Pandemia e del nuovo ’29 mondiale. Non si vuole prendere atto, ad esempio, che i gioielli, le pietre preziose, e le vendite fittizie, due o tre volte, dello stesso farmaco delle ASL piemontesi con le gare truccate e i quindici arresti di ieri (LEGGI), assomigliano molto da vicino alle fatture pagate due o tre volte nelle ASL calabresi. Sorvolando sul fatto che la Regione Piemonte e la consorella Valle d’Aosta hanno non so quanti amministratori tra condannati, rinviati a giudizio e indagati per voto di scambio e altro con ‘ndranghetisti vari, è un fatto che per i suoi investimenti fissi in sanità un cittadino piemontese riceve pro capite circa tre volte di più di quanto riceve un cittadino calabrese, ovviamente consideriamo fuori quota il cittadino emiliano-romagnolo perché è a quasi sei volte di più dello stesso cittadino calabrese. Percentuali analoghe a volte anche superiori misurano i livelli di assunzioni di personale medico tra regione e regione perfino in pieno Covid 19 e costituiscono tutte insieme l’algebra italiana del disonore. Come dire che nemmeno una crisi senza precedenti ferma la devastazione delle fondamenta dello Stato italiano che avrà come unico risultato la caduta di entrambe le aree del Paese solo temporalmente sfalsate, prima il Sud poi il Nord. Ci permettiamo di suggerire al Presidente Conte di lasciare perdere l’idea di nuove strutture bizantine e di ordinare al ministro Gualtieri di sciogliere il “comitato decisionale Recovery” fatto da alti funzionari della sua segreteria tecnica, della Ragioneria Generale dello Stato, del Dipartimento del Tesoro, della Banca d’Italia e così via, perché è noto che a dare ordini a tutti e a tirare le fila di ogni singolo progetto è Alessandra dal Verme, ex numero due della Ragioneria Generale dello Stato, che può mettere in imbarazzo, per i suoi rapporti di parentela, il commissario all’economia dell’Europa, Paolo Gentiloni.
Ci manca solo di indebolire l’uomo forte italiano nella Commissione europea con accuse di questo tipo che per noi italiani sono sempre le più odiose dentro un quadro generale di confusione e farci mettere così ancora di più nell’angolo. Se non si vuole sprecare l’occasione irripetibile dei 209 miliardi del Next Generation Eu si facciano alcune riforme esecutive che l’Europa chiede e gli italiani pretendono.
1) Va non rivista ma totalmente cambiata la logica che c’è dietro il quadro finanziario di risorse della Repubblica italiana. Serve un’ assegnazione chiara, netta, che permetta di rivedere integralmente la logica di impronta regionalista che oggi domina e che si è rivelata di potere maldestro o più modestamente clientelare. Se non si interviene su questo punto nemmeno mille commissari possono fare qualcosa. Come si concilia l’articolo 29 della legge di stabilità che parla di riequilibrio territoriale con un sistema che perfino nei fondi di coesione comunitari arriva a fissare un criterio formalmente dell’85% al Sud e del 15% al Centro Nord, ma che di fatto consente solo di spendere i soldi che vanno al Nord sia perché la classe dirigente politica del Sud è scarsa sia perché lo Stato patrigno non mette la sua quota di cofinanziamento e fa così decadere il Sud dal diritto a quei contributi? O si affronta e si risolve il tema o si va gambe all’aria. Non ha molto senso pavoneggiarsi per un tesoro cospicuo che non si è in grado di gestire e che, forse, proprio per queste ragioni, non vedremo mai. La prima riforma da fare è, dunque, quella dell’assetto finanziario che recuperi a livello centrale criteri omogenei, trasparenti, comprensibili anche in Europa. Perché di distorsione in distorsione o di accordo sottobanco in accordo sottobanco un Paese muore. Sarà possibile inserire l’indice di povertà di un territorio tra i criteri di riparto della sanità? Ma è possibile che questo criterio non può comparire neppure nel riparto dei 400 milioni di contributi di solidarietà assegnati ai comuni per aiutare i poveri perché bisogna pagare gli affitti dei comuni ricchi o consentire loro di regalare panettoni?
2) La prima riforma della pubblica amministrazione da fare è quella di cominciare a riunire il ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il ministero dell’ambiente. Non c’è futuro con una macchina pubblica dove c’è la lotta all’ultimo coltello tra due ministeri per scelte che invece dovrebbero andare insieme. Ma davvero davvero si può pensare di andare avanti con criteri di riparto dei fondi per il trasporto locale dove la logica è “io sono io e tu sei tu per cui io prendo e faccio quello che voglio e tu zitto e ringrazia perché ti diamo quello che ci avanza”? Ma dove vogliamo andare se non si prendono di petto questi problemi che riguardano i trasporti come la scuola e l’università e se si continuano a fare leggi di stabilità con sessantotto decreti attuativi che nessuno adotterà o perlomeno che nessuno potrà mai adottare in tempo utile?
3) Ma se hai in Calabria un pil pro capite che è molto meno della metà di quello di Varese ci vuole così tanto a capire che devi fare una riforma strutturale o, ancora di più, una reinvenzione del sistema? Che devi cominciare dal credito e ti devi occupare per prima cosa di evitare un costo del denaro da strozzino al Sud per porre fine a quelle sceneggiate quotidiane per cui ogni volta che vuoi avere un prestito c’è sempre qualcosa che te la girano in un modo tale che alla fine non te lo possono dare. Che cosa dobbiamo ancora attendere perché si affronti il problema della capillarità di servizi rotabile locale di pullman o di treni che in una parte del Paese è da terzo mondo? Ma Presidente Conte, ministro Gualtieri, per che cosa pensate che vi danno tutti questi soldi? Lo volete affrontare o no questo problema della logistica? È possibile che non ci si renda conto che molto più della metà delle decine e decine di miliardi di competitività che il sistema italiano perde ogni anno è da collegarsi a questo problema mai risolto dei trasporti nel Mezzogiorno? Potete fare anche mille comitati ma non convincerete mai l’Europa a dare tutti questi soldi agli italiani per consentire a voi di farvi belli con gli amichetti di Tim e i loro azionisti francesi e americani, cioè, con tutti quelli che non faranno mai la banda larga che raggiunge qualunque paesino di montagna e riunisce le due Italie. Quanto ci vuole a capire che tutti questi costi strutturali aggiuntivi incidono sul costo del prodotto al Sud che non è più concorrenziale o che lo è solo abbassando il costo del lavoro trattando i lavoratori come schiavi reclutati al mercato nero? È questa barbarie che si vuole ipocritamente perseguire? Se questo è l’obiettivo noi non solo saremo sempre durissimamente contro, ma denunceremo in tutte le sedi la immorale ipocrisia di mettere il Sud a parole sempre al primo posto e nei fatti sempre all’ultimo. Questo egoismo miope non è più tollerabile.
4) Vanno aboliti tutti gli studi perché da Pasquale Saraceno, anno 1976, ai nostri giorni tutto è stato studiato almeno 62 volte, la sessantatreesima non potrebbe aggiungere nulla. Questo spreco morale e economico non è più tollerabile. Possibile che si debba rimpiangere il piano Nicolazzi dei trasporti del 1984 che fece la scelta dei valichi e unì con i valichi il Nord dell’Italia al Nord dell’Europa? Che cosa ci vuole a capire che solo con il Ponte di Messina si riunisce davvero il Paese e si può provare a ridare al Mezzogiorno quella leadership nel Mediterraneo che è il più grande bacino di crescita potenziale del Paese? Non c’è più nulla da studiare, c’è da dire sì o no e è ovvio che solo il sì può cambiare le cose. Ma davvero davvero vi inventate la missione della coesione e dell’equità e su 209 miliardi in gioco pensate di darne al Sud poco più di 4 tra un paio di lotti di alta velocità ferroviaria Napoli-Bari, un solo lotto della Catania-Palermo-Messina, un microscopico cantiere della jonica e di altre piccole opere minori? Ma davvero volete proprio che l’Italia non riparta mai più e anche il Nord debba alzare bandiera bianca? Lo capite che questo, non altro, è l’interesse di tutta l’economia italiana e che o si ha la forza politica di farlo capire alle classi imprenditoriali e alle comunità del Nord o è meglio andarsene tutti a casa?
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