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La commissione bilancio della Camera dei Deputati

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Consentire alle Regioni tosco-emiliane e lombardo venete – che ricevono ingiustificatamente di più di quello che a loro spetta come spesa pubblica – di mettere addirittura le mani direttamente su Irpef e Iva che non appartengono a loro, riducendo di fatto le entrate dello Stato e facendo esplodere le diseguaglianze territoriali è uno scandalo morale prima ancora che economico. Di fronte a tutto ciò nessuno dice niente e tutti si nascondono dietro formalismi. Siamo senza parole ma più che mai determinati a vigilare. Con la Calabria siamo alla farsa che supera la farsa. Il Governo azzeri il debito e mandi subito un commissario lontano dai partiti e non a mani vuote

Non sappiamo cosa farcene delle rassicurazioni dei deputati grillini della commissione bilancio, Luigi Gallo e Giuseppe Buompane. Sono pronti a reinserire non si capisce come non si capisce dove, in sede di riesame parlamentare della manovra, l’articolo che rinvia l’autonomia di entrate alle Regioni a statuto ordinario e alle Province. Parliamoci chiaro. Ogni anno dal 2011 a oggi questo articolo viene inserito nella legge di bilancio perché non si può consentire alle Regioni ricche del Nord di mettere le mani sull’Irpef e sull’Iva sottraendo risorse al bilancio pubblico nazionale prima di avere affrontato e risolto lo scandalo di un federalismo all’italiana che permette di dare 15,9 euro a un cittadino calabrese e 84,4 a un cittadino emiliano romagnolo abolendo di fatto i diritti di cittadinanza della sanità. Oltre a essere palesemente incostituzionale configura un obbrobrio civile di cui si macchia a vita una classe politica e costituisce la base della distruzione immediata del filo di spago che ancora tiene insieme la coesione sociale del Paese. Non è tollerabile da nessun punto di vista che la solita Lega in combutta con la solita Sinistra Padronale, che in questo caso presiede la Commissione Bilancio della Camera, riesce a ottenere un inaudito parere della medesima commissione per cui improvvisamente si inverte una tradizione decennale (sì avete capito bene, dieci anni) e il rinvio obbligatorio dell’entrata in vigore del federalismo fiscale dei ricchi diventa un provvedimento di carattere ordinamentale per cui non può più essere inserito nella legge di bilancio. Per cui porte aperte all’ultimo, intollerabile sopruso.

Tutto ciò avviene sottobanco a poco più di trenta giorni dalla fine dell’anno e, quindi, con la concreta reale possibilità di riuscire nel suo obiettivo lazzaronesco. Che è quello di consentire alle Regioni tosco-emiliane e lombardo-venete – che ricevono ingiustificatamente di più di quello che a loro spetta come spesa pubblica – di mettere addirittura le mani direttamente su IRPEF e Iva che non appartengono a loro e che nessuno ha potuto valutare con criteri omogenei, riducendo di fatto le entrate dello Stato e facendo esplodere le diseguaglianze territoriali. Basta!

Di fronte a uno scandalo morale prima ancora che economico nessuno dice niente. Tace il ministro per il Mezzogiorno che francamente in questo caso non può godere della nostra stima. Tacciono le principali cariche di governo e istituzionali del Paese. Vogliamo rinfrescare la mente a tutti.

L’articolo finito nel cestino con una motivazione ordinamentale farlocca non è il frutto di qualche iniziativa sediziosa ma del lavoro rigoroso della Ragioneria Generale dello Stato. Che a differenza di chi trama nell’ombra e di chi li protegge senza prendere posizione pubblica ha spiegato perché la proroga deve essere addirittura di due non di un anno in quanto prima di prendere una simile decisione bisogna soddisfare almeno quattro pre-condizioni. Che sono: 1) vanno individuati tutti i trasferimenti di bilancio dallo Stato alle Regioni che non abbiano carattere di settorialità e che, pertanto, debbano essere ritenuti permanenti e non settoriali; 2) occorre definire regole comuni e omogenee per la territorialità dell’Iva e, cioè, come si calcola e come si ripartisce sul territorio; 3) vanno rese omogenee le addizionalità regionali dell’Irpef perché non è possibile che continui a pagare di più chi riceve di meno; 4) occorre definire prima i livelli essenziali di prestazione e varare con poteri esecutivi immediati i fondi di perequazione sociale e infrastrutturale.

Come si faccia a ritenere che un’operazione che salta a piè pari questi passaggi costituzionali ineludibili e che produce, dribblandoli, rilevantissime conseguenze sulla legge di bilancio della Repubblica italiana nei prossimi tre anni e addirittura effetti devastanti sulle comunità dei territori meridionali, debba essere espunta per motivi ordinamentali dall’unica legge che ha un iter protetto qual è quella di bilancio appare ai nostri occhi semplicemente per quello che è. Una squallida manovra di Palazzo incompatibile con lo spirito di questi tempi e con le regole fondanti del nostro assetto istituzionale. Siamo senza parole, ma più che mai determinati a vigilare. Perché il sistema deviato della Conferenza Stato-Regioni non è più tollerabile e non mancheremo di denunciare alla pubblica opinione per nome e cognome chiunque verrà a patti in Parlamento con i registi occulti di un meccanismo che da venti anni in qua lavora per la disgregazione del Paese.

P.S. Quando anche la farsa supera la farsa non si ha più voglia di ridere. Quello che sta accadendo con la Calabria supera tutto ciò che si è visto fino a oggi. Per questo governo nominare un commissario che non sia un loro amichetto politico è impossibile. Non lo faccia più e cerchi tra i calabresi senza appartenenze politiche che appartengono alle eccellenze manageriali sanitarie di questo Paese. Soprattutto non lo mandi a mani vuote. Perché il debito va azzerato e il capitale di partenza deve essere almeno pari a quello della media nazionale.


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