Filippo Patroni Griffi
2 minuti per la letturaNoi vi daremo tutti i soldi. Voi non li spenderete e noi ce li riprenderemo.
L’alto funzionario europeo risponde così a un mio amico che chiede come mai l’Europa è stata tanto generosa con l’Italia.
Briciole alla Francia, 209 miliardi a noi, qualcosa che vale per l’Italia più del doppio del prestito Marshall del Dopoguerra.
E aggiunge: che ti credi, con tale cinico ragionamento abbiamo superato le resistenze olandesi!
Questo racconto privato mi è tornato in mente ieri pomeriggio con un lungo brivido nella schiena alla Sala Zuccari, a Palazzo Giustiniani. Quando sento il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, che riceve il premio Guido Dorso, dire testualmente: “Un’Europa che rinuncia all’egoismo e ci consente, anzi si consente, cose inimmaginabili finora. Ora ci sono risorse insperate e possiamo ripartire alla pari, se saremo in grado di non sprecare quest’occasione che sarà un banco di prova per l’Europa che il nostro Paese non può assumersi la responsabilità di far fallire”.
Ecco, questo rischio, esattamente come quello di una “meridionalizzazione” dell’intero Paese, entrambi paventati da Patroni Griffi con il cui intervento abbiamo deciso di aprire oggi il giornale, è terribilmente reale.
L’effetto sulla reputazione, già messa malissimo visto che sui mercati la carta portoghese vale molto più della nostra, sarebbe devastante perché si tratta di debito comune europeo.
Parliamoci chiaro.
Il Sud non sa spendere, non ha più niente a livello centrale come macchina di spesa, e sul territorio il suo destino è nelle mani di sceriffi e di nomenclature burocratiche regionali che sono in gran parte costitutivamente portatori di interessi che rappresentano l’antitesi di un progetto organico di sviluppo capace di investire sul capitale umano e sulle infrastrutture immateriali e materiali. Perché esattamente come per molti dei Capi delle Regioni del Nord prima di tutto vengono le loro clientele spicciole e poi, forse, l’interesse generale.
Siccome siamo all’appuntamento con la storia e conosciamo bene i nostri polli consigliamo metaforicamente un “bel calcio nel sedere” a tutti questi signorotti che prenda la forma di un trattato comune tra governo nazionale e governo europeo che definisca progetti europei e li gestisca con criteri europei. Dobbiamo fare le cose che servono al Paese, non altro. Smettiamola di raccontarci la favola di una ripresa che non c’è e attrezziamoci a fare i conti con un Covid resiliente.
Cerchiamo “i cento uomini forti” di dorsiana memoria che possono oggi costruirla per davvero una crescita duratura. Sono in gioco Sud e Nord insieme e non possiamo continuare a “venderci” risorse che non sappiamo spendere. Perché come dice l’alto funzionario europeo loro quelle risorse se le riprendono. A ragione.
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Purtroppo il pasticciato federalismo italiano e 30 anni di furia neoliberista all’amatriciana hanno disarticolato lo Stato che aveva governato la ripresa del dopoguerra. La confusione istituzionale è il primo problema nazionale.