Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano
3 minuti per la letturaPUR DI non riconoscere i diritti di cittadinanza violati delle donne e degli uomini del Sud da oltre dieci anni in qua, si arriva a esporre l’Italia a una specie di rischio Grecia (avere falsificato i bilanci) mettendo in dubbio la trasparenza e la correttezza dei numeri dei Conti pubblici territoriali della Repubblica italiana. Li riproduciamo alle pagine II e III nella edizione più aggiornata (2018) e vi affidiamo alla lettura di Fabrizio Galimberti (LEGGI).
Per capire di che cosa si tratta basti pensare che un cittadino emiliano-romagnolo per reti e infrastrutture riceve pro capite 2.069 euro e un cittadino campano 731. Per la sanità sempre pro capite a un cittadino lombardo vanno 2.533 euro e a un cittadino calabrese 1.547. Si è arrivati a mettere in dubbio la terzietà dei Conti Pubblici Territoriali (CPT) e dell’Agenzia di Coesione perché i suoi dati non coincidono con quelli dell’Istat benché siano pubbliche le metodologie condivise (si veda sempre Galimberti e i link citati alle pagine II e III) e evidentissime le ragioni della diversità. Che risiedono in obiettivi e finalità differenti delle due rilevazioni.
Se il mandato è quello di ricostruire la spesa pubblica allargata sul territorio è ovvio che CPT a differenza dell’Istat non dovrà annotare, solo a titolo di esempio, la spesa pubblica per le ambasciate italiane all’estero o gli interessi pagati sui titoli pubblici acquistati da compratori esteri. Tutto ciò che non è territorialmente collocabile non rileva. La peculiarità è una fotografia algebricamente incontestabile che mette insieme la spesa dello Stato, di tutti gli altri enti locali e di tutti i soggetti pubblici economici regione per regione. La matematica non è un’opinione e i fatti documentati sono inequivoci. Per smontarli le stesse persone che hanno invocato la riforma Fornero della previdenza per mettere in sicurezza i conti pubblici arrivano a ignorare l’abnorme peso che hanno sulla fiscalità generale le pensioni di anzianità pressoché integralmente ancora oggi pagate con il sistema retributivo e, quindi, con un carico pesante sul bilancio pubblico.
Senza considerare che i diversi pesi territoriali della spesa previdenziale sono di per sé la prova evidente del circuito perverso alimentato dalla mancata coesione. Dovuta certo a ritardi strutturali e debolezze della classe dirigente meridionale ma in misura infinitamente superiore alle distorsioni di una distribuzione della spesa sociale e infrastrutturale che penalizza in modo miope il Mezzogiorno.
Oggi ci fermiamo qui. La misura è colma perché assistiamo esterrefatti a giochi pericolosi, addirittura sulla contabilità nazionale. Vogliamo solo aggiungere che siamo costretti a constatare che l’Europa ha capito quello che è successo in Italia e ci chiede di portare la banda larga, l’alta velocità ferroviaria nel Mezzogiorno, di investire in scuola e ricerca, di fare buona sanità, e di rendere finalmente aggiuntivi i fondi di coesione. In casa si continua con la solita melina che ha alimentato la crescita del clientelismo e della infiltrazione criminale nelle attività economiche al Nord sottraendo al Mezzogiorno ciò che gli è dovuto non per l’assistenzialismo ma per le infrastrutture di sviluppo senza le quali non ci può essere crescita sana. Tutto ciò che ci ha condannato a essere gli ultimi in Europa al Sud come al Nord.
Abbiamo davanti a noi l’occasione storica del nuovo piano Marshall, che è il Fondo Next Generation EU, recuperiamo la coerenza meridionalista degasperiana di quegli anni. Soprattutto, smettiamola di litigare.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA
Direttore se vuole avere conferma su un modo tutto personale di smentire i dati che SVIMEZ, FMI, BCE ed altri enti economici, fare disinformazione e preparare l’opinione pubblica del Nord a pretendere più euro dal Recovery Fund, basta vedere le testate del gruppo Agnelli: La Stampa, con un video: Economia in Quark: E’ vero che ogni anno il Nord Italia ha sottratto 60 miliardi di euro al Sud? 121587/121711;
e un articolo di Repubblica del 26/09/2020: ll falso mito dello “scippo” di risorse del Nord a danno del Sud: al Mezzogiorno la spesa pubblica pesa di più.
che ci spiegano di stare buoni e zitti e non pretendere oltre l’elemosina che ogni anno ci destinano per non morire e non vivere.
Gianfranco
BUFALA MONDIALE
Citazione: “Per smontarli le stesse persone che hanno invocato la riforma Fornero della previdenza per mettere in sicurezza i conti pubblici …”.
Io ho scritto un saggio sulle pensioni (oltre che sulle manovre finanziarie della XVI legislatura e sulla BCE), utilizzando come fonti le norme emanate (un lavoro improbo) e gli ottimi dossier del Servizio Studi del Parlamento, quindi parlo con cognizione di causa. In grandissima parte si tratta di ignoranza dei dati e delle norme, causata dalla potentissima DISINFORMAZIONE berlusconiana e del Centrodestra, coadiuvata da pochissimi soggetti informati (tra i quali, strano ma vero, la stessa professoressa Fornero, con la sua poco chiara e tendente al plagio formulazione di alcune sue norme e poi con la sua reticenza), che ha creato una BUFALA ormai mondiale.
Secondo RGS, le quattro riforme delle pensioni dal 2004 (Maroni, 2004, il cui “scalone” fu abolito da Damiano prima che entrasse in vigore; Damiano, 2007, le cui “quote” sono state abolite da Fornero; SACCONI, 2010 e 2011; e Fornero, 2011) produrranno un risparmio al 2060 pari a 60 punti di Pil, vale a dire 1.000 mld. Di questi, soltanto 1/3 sono ascrivibili alla Riforma Fornero, poi ridotti a 280 dopo gli interventi legislativi successivi. Gli altri 2/3 sono in gran parte attribuibili alla Riforma SACCONI, nascosta accuratamente dai predetti soggetti, e le cui misure vengono attribuite in tutto o in parte (anche da quasi tutti i docenti di Lavoro e Previdenza, da OCSE e FMI e da tutti i media italiani e internazionali) a Fornero.
PS: Anche Giampaolo Galli, che è il coautore dello studio dell’Osservatorio CPI che ha messo in dubbio la terzietà dei Conti Pubblici Territoriali (CPT) e dell’Agenzia di Coesione è, come una qualsiasi casalinga di Voghera e altri 60 milioni di Italiani, una delle vittime delle BUFALE sulle pensioni e sulle manovre correttive della XVI legislatura (governi Berlusconi e Monti). Come il responsabile dell’Osservatorio CPI Carlo Cottarelli.
Per dare un’idea concreta della DISINFORMAZIONE generale sulle riforme delle pensioni, trascrivo una gran parte dell’Appendice al capitolo 2 del mio saggio. Si tenga anche presente che ho avuto un’interlocuzione con la Direzione Generale Previdenza sull’errata interpretazione di alcune norme pensionistiche da parte del Ragioniere Generale dello Stato e della Direttrice Generale Previdenza, che avranno un impatto negativo sulle future pensioni (decorrenza della periodicità biennale dell’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita e dei coefficienti di trasformazione, che deve essere il 2022 e NON il 2021, ed esclusione, dal calcolo, delle diminuzioni della speranza di vita); su questo ho ricevuto l’appoggio del Quirinale, al quale ho inviato p.c. due mie lettere, che ha trasformato la mia prima lettera in un esposto e l’ha trasmesso al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali “per l’esame di competenza”, ma incredibilmente i due alti dirigenti hanno tenuto in non cale anche l’intervento del Quirinale. Ragion per cui ho presentato una petizione al Parlamento (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica), che – come è previsto dalla procedura – è stata annunciata in Aula e assegnata alla Commissione competente, al fine dell’interpretazione autentica delle norme.
1. Quadro sintetico dell’età di pensionamento in base alle norme e ai loro autori (2019)
QUOTE: abolite dalla Riforma Fornero (L. 214/2011, art. 24, commi 3 e 10).
PENSIONE DI VECCHIAIA
L’età di pensionamento di vecchiaia a 67 anni è stata decisa dalla Riforma Sacconi:
– da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini, mediante la «finestra» mobile di 12 o 18 mesi, che incorpora la «finestra» fissa reintrodotta dalla Riforma Damiano;[i] quindi la Riforma Fornero non c’entra (se non per la riduzione di 6 mesi per gli autonomi);
– da 60 a 61 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2011, e da 61 a 65 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2012 (più «finestra» di 12 mesi), per le lavoratrici dipendenti pubbliche, per equipararle ai dipendenti pubblici uomini, a seguito della Sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia dell’Unione Europea, ma che poteva avvenire a qualunque età tra 60 e 65 anni [ii] quindi la Riforma Fornero non c’entra;
– da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 o 18 mesi) per le donne del settore privato, gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l’adeguamento automatico alla speranza di vita);[iii] accelerato dalla Riforma Fornero, gradualmente entro il 2018 (L. 214/2011, art. 24, comma 6);
– da 66 a 67 anni per TUTTI mediante l’adeguamento alla speranza di vita, introdotto dalla Riforma Sacconi;[iv] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
[i] Riforma Damiano L. 24.12.2007, n. 247; Riforma Sacconi DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 1 a 6; DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, comma 21, per l’estensione al comparto della scuola e dell’università.
[ii] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 1, modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies.
[iii] DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 1, modificato dal DL 138, L. 148/2011, art. 1, comma 20.
[iv] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati tre scatti: 3 mesi nel 2013, +4 nel 2016, +5 nel 2019 = 1 anno, dal 1.1.2019.
PENSIONE ANTICIPATA (ex anzianità)
L’età di pensionamento anticipato (ex anzianità) a 41 anni e 3 mesi è stata decisa dalla Riforma Sacconi:
– relativamente alla pensione anticipata (ex anzianità) di 42 anni e 10 mesi per gli uomini, dell’aumento di 2 anni e 10 mesi (dai 40 anni nel 2010), 1 anno e 3 mesi (+ 6 mesi relativamente agli autonomi) sono dovuti alla Riforma Sacconi, un anno e sette mesi alla Riforma Fornero (oltre alla riduzione di 6 mesi per gli autonomi);[v]
– relativamente alla pensione anticipata (ex anzianità) di 41 anni e 10 mesi per le donne, dell’aumento di un anno e 10 mesi, 1 anno e 3 mesi (+ 6 mesi relativamente alle autonome) sono stati decisi dalla Riforma Sacconi, 7 mesi dalla Riforma Fornero (oltre alla riduzione di 6 mesi per le autonome).[v]
[v] DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, comma 2 («finestra» di 12 o 18 mesi); DL 98/2011 (L. 111/2011), art. 18, comma 22ter (+ 1 mese per chi matura il diritto nel 2012, + 2 mesi per chi lo matura nel 2013, + 3 mesi per chi matura il diritto nel 2014); l’effetto combinato delle due misure porta l’età di pensionamento anticipata (ex anzianità) a 41 anni e 3 mesi per i dipendenti o 41 anni e 9 mesi per gli autonomi, poi ridotta a 41 anni e 3 mesi dalla Riforma Fornero.
METODO CONTRIBUTIVO
Il metodo contributivo è stato introdotto dalla Riforma Dini (L. 335/1995).
La Riforma Fornero (col comma 2 dell’art. 24 della L. 214/2011) ha soltanto esteso, pro rata dall’1.1.2012, il metodo contributivo – introdotto dalla Riforma Dini nel 1995 – a coloro che ne erano esclusi, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18 anni di contributi, quindi tutti relativamente anziani e ora già tutti in pensione o, in piccolissima parte, prossimi al pensionamento.
La misura ha realizzato un risparmio molto esiguo, destinato a sparire a brevissimo.[vi]
[vi] Valga a confermarlo il risparmio di appena 200 milioni a regime (2018) stimato dalla relazione tecnica del DL 201/2011 («Salva-Italia») per tale misura, quantificato dalla Relazione tecnica, relativamente al periodo dal 2012 al 2018, in, rispettivamente, (al netto fisco) 5, 24, 39, 70, 116, 169 e 216 milioni, numeri che dimostrano la scarsissima incidenza della misura, pari ad appena l’1 per cento circa del risparmio annuo accreditato alla Riforma Fornero e destinato ad azzerarsi a brevissimo.
«Estensione del sistema contributivo pro-rata dal 1° gennaio 2012 (i valori di economia del 2018 sono sostanzialmente quelli di regime destinati a ridursi nel tempo in ragione dell’eliminazione delle pensioni interessate dalla misura).» (Relazione tecnica, pag. 46).
ADEGUAMENTO DELL’ETA’ DI PENSIONAMENTO ALLA SPERANZA DI VITA
L’adeguamento triennale alla speranza di vita è stato introdotto dalla Riforma Sacconi, relativamente alla pensione di vecchiaia, alle «quote» e all’assegno sociale.[vii]
La Riforma Fornero lo ha soltanto esteso alla pensione anticipata (comma 12) e, a decorrere dal 2022, reso a cadenza biennale (comma 13).
[vii] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati tre scatti: 3 mesi nel 2013, +4 nel 2016, +5 nel 2019 = 1 anno, dal 1.1.2019.