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Convivere al Sud con il degrado ambientale determinato dal taglio di asili nido, mense scolastiche, palestre, bus, laboratori di ricerca, sanità e università fa sì che si celebri il diritto di cittadinanza rubato ma anche il dovere di cittadinanza dimenticato. Nient’altro che un ribasso pericoloso delle aspettative. La rinuncia a un ordine mentale rigoroso e, ancora prima, a una tensione positiva e un assetto organizzativo indispensabili per cambiare le cose. Oggi troppi sindaci invocano l’ennesimo rinvio della apertura delle aule. E il governo che dovrebbe far partire gli investimenti media ma non fa niente
Siamo il Paese dell’egoismo miope e della convivenza rassegnata. Abbiamo tolto il coperchio e si è visto che cosa c’era nel pentolone. C’erano due Italie, una egoista e una rassegnata. Una egoista a tratti capace e una rassegnata a tratti incapace. L’operazione verità condotta da questo giornale e avallata dalle principali istituzioni economiche, statistiche e contabili della Repubblica ha abbattuto il muro del luogo comune italiano per eccellenza. Quello di un Mezzogiorno clientelare che vive sulle spalle di un Nord produttivo. Appunto, la grande balla.
Oggi nessuno osa più mettere in dubbio l’abnorme distorsione della spesa pubblica italiana che trasferisce come spesa sociale e infrastrutturale molto di più ai ricchi e molto di meno ai poveri. È un fatto certificato dai Conti Pubblici Territoriali che ha in quello 0,15% del Pil erogato al Sud negli ultimi dieci anni per infrastrutture materiali e immateriali l’epitaffio contabile della miope abolizione alla voce sviluppo di una parte del Paese (venti milioni di persone) per sostenere il reddito, in misura rilevante assistenziale, non lo sviluppo di un’altra parte del Paese.
Ci sono alcuni segnali, però, dentro questo quadro imprescindibile di realtà che non ci piacciono affatto e riguardano la comunità meridionale. Nella convivenza con il degrado ambientale determinato dal taglio di ogni tipo di asilo nido, mensa scolastica, palestra, bus, laboratori di ricerca, e così via, sanità e università incluse, si celebrano il diritto di cittadinanza rubato ma anche il dovere di cittadinanza dimenticato. Che non è nient’altro che un ribasso pericoloso delle aspettative. La rinuncia a un ordine mentale rigoroso e, ancora prima, a una tensione positiva e un assetto organizzativo indispensabili per cambiare le cose. Un tema che riguarda molto anche il modo di fare impresa. Soprattutto in quelle più piccole.
Prendiamo la scuola. Chi è in là negli anni ricorda che è capitato di andarci di pomeriggio a volte anche “arrampicato” sugli alberi, per mancanza di spazi. Oggi assistiamo alla carica dei sindaci del Sud che invocano l’ennesimo rinvio della apertura delle aule. Prendiamo atto che molti insegnanti non si vogliono sottoporre al tampone e i sindacati li assecondano. Nel primo giorno di scuola è stato indetto uno sciopero. La scuola ha riaperto, tra mille emergenze, ma non al Sud. Il governo media ma non fa niente. Soprattutto non fa partire gli investimenti in edilizia scolastica nei territori meridionali dove le scuole, da molto prima del Covid, sono senza sapone e carta igienica. Ovviamente non tutte.
Per quanto ancora dovremo sentire ripetere che, se do 100 a un ente o a un privato del Sud e i soggetti beneficiari non li spendono o li spendono male, perché dovremmo dare loro di più? Capite quanto è insidioso, ancorché a volte ingiusto, questo tipo di ragionamento se non si dimostra con i fatti di essere in grado di cambiare le cose, anche partendo da quelle più piccole? Noi non abbiamo dubbi: se le Regioni del Sud (tutte?) non funzionano, si segua il modello della Bei di Scannapieco e si facciano comunque nei tempi prestabiliti gli investimenti necessari operando a livello centrale.
Vogliamo parlare della rete autostradale? Ancora non sappiamo se i Benetton usciranno o no e se sì come, ma vogliamo una rete migliore o peggiore per il futuro? Più sicura o meno sicura? Perché nessuno parla di come opera l’Anas nei pezzi di rete che ha in gestione e, soprattutto, perché nessuno parla anzi decide regole stringenti per chi esercita le funzioni di controllo per Autostrade e Anas? Al cittadino non interessa se il gestore sia pubblico o privato, interessa che risponda alle regole e garantisca una buona manutenzione e una buona sicurezza. Al cittadino giovane e meno giovane, checché ne dica il mainstream, oggi interessa l’economia, è preoccupato del suo lavoro e del suo reddito, ha paura per il futuro dei suoi figli.
Per questo non comprendiamo così tanto rumore per una tornata elettorale referendaria e parzialmente regionale. Crediamo che le priorità siano altre. Nel caso del referendum non si vota nessuna riforma ma un taglio di parlamentari con inesistente beneficio sui conti pubblici. Non si parla di razionalizzare il lavoro delle camere, di abolire un senato fotocopia, o di migliorare i meccanismi di selezione della classe politica. Si accresce piuttosto indirettamente il ruolo dei parlamentini regionali che, con meno rappresentanza nazionale, diventano ancora più centrali. Cosa che ci fa letteralmente tremare perché la caduta competitiva del Paese, la condanna del Sud al sottosviluppo, coincidono con lo strapotere delle Regioni del Nord e con l’inefficienza delle Regioni del Sud. L’unico dato politico generale rilevante riguarda il voto in Toscana. La rottura si ha se la Destra espugna la regione rossa da sempre. Anche se la prevalenza amministrativa della Destra si farà comunque sentire. Non per dare una mano al governo a utilizzare bene i fondi europei e fare partire gli investimenti pubblici dove servono. Per aumentare il rumore, purtroppo.
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