Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri
3 minuti per la letturaSiamo di fronte a un Pil che crolla come non mai e a una crisi sanitaria persistente a livello globale. Ignorarlo è da folli. Siamo di fronte all’irresponsabilità perché si trasmette una fiducia mal riposta. Ma è possibile che il ministro dell’Economia non si renda conto che il Mezzogiorno è già tutto in piena depressione e l’intero Paese balla sull’orlo del baratro?
Non abbiamo mai creduto ai maghi in economia, non ne azzeccano una e farebbero bene a stare zitti. Questo genere di personaggi guardano nella sfera di cristallo o fanno i cartomanti con le tavole del Pil. A volte giocano con gli algoritmi. Hanno sempre qualche piccolo o grande interesse da tutelare. Di sicuro non fanno i ministri dell’economia perché chi ha in custodia i conti pubblici del Paese e il lavoro dei suoi giovani se ne guarda bene dall’anticipare fenomeni perché sa che nove su dieci questo esercizio è un boomerang. Quando poi le cose non vanno come ha detto, lui che fa? Se ne va? Lo cacciano? Oppure resta ma la sua parola non vale nulla e l’economia tutta del Paese paga il prezzo del suo dilettantismo?
Nel pieno della Grande Depressione mondiale ci è toccato un ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che arriva a parlare con ottimismo di un forte rimbalzo del Pil nel terzo trimestre che verrebbe dopo un meno 12,4% nel secondo trimestre omettendo prima e dopo di dire la verità. Perché le cifre reali non sono quelle di un trimestre dietro l’altro ma di un trimestre comparato con quello dell’anno precedente. Una penosa bugia per nascondere che partiamo da un tendenziale di meno 17,3% rispetto al 2019 e non siamo quindi distanti da quel meno 15%, poco sopra o poco sotto, che abbiamo stimato in tempi non sospetti per l’anno in corso. Ministro Gualtieri la informiamo che, dopo la ripresina di luglio e agosto, i mezzi di trasporto a settembre sono di nuovo del 60/70% sotto rispetto all’anno prima. Che i catastrofisti hanno recuperato la parola e hanno fermato tutto dall’alto della loro cattedra televisiva. Che a novembre la cassa integrazione esploderà e che nessun decreto a sua firma potrà decretare la fine della crisi.
Consigliamo a Gualtieri di dotarsi di Forecast di migliore qualità ovviamente non per esternare in pubblico ma per fare tesoro di previsioni più serie nei suoi comportamenti concreti. Ingiungiamo al Presidente Conte per il suo/nostro bene di non fare nessuno affidamento, dico nessuno, su queste improvvide dichiarazioni del ministro Gualtieri. Siamo di fronte a un Pil che crolla come non mai e a una crisi sanitaria persistente a livello globale. Ignorarlo è da folli. Per capirci, qualche decimale in più o in meno, non cambia la dimensione del dramma. Se poi pensiamo alla crisi strutturale competitiva ventennale del Paese che un ministro dell’Economia non può ignorare per mandato di governo, allora siamo di fronte all’irresponsabilità perché si trasmette una fiducia mal riposta. Ma è possibile che il ministro dell’Economia non si renda conto che il Mezzogiorno è già tutto in piena depressione e l’intero Paese balla sull’orlo del baratro?
È possibile che non si accorga che si allarga ogni giorno il divario tra reddito pro capite del Sud e del Nord ma che entrambi sono gli unici due territori europei a non avere raggiunto i livelli pre-crisi prima del Covid? Non solo non si prende di petto la situazione, riaprendo finalmente i cantieri a partire dal Sud e tagliando i bonus della vergogna italiana dagli 80 euro al reddito di cittadinanza fino al misfatto assoluto di quota 100, ma si preferisce spargere ottimismo di bassa lega e fuori dalla realtà. Se la situazione non fosse tragica come non mai, potremmo dire che siamo alla farsa. Se poi si avallano i giochetti americani di un manager e non si ha neppure la forza di difendere una rete pubblica della fibra che faccia finalmente gli investimenti nel Mezzogiorno e nelle aree interne del Nord, allora vuol dire che non si è capita l’entità della crisi e che si continua a fare tutto come prima con le solite lobby e con i soliti riti della disfatta italiana. Francamente è troppo.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA
1. Questa volta non sono d’accordo col direttore Napoletano. Gualtieri non è un economista, ed è un po’ incline a confondere i suoi desideri con la realtà, ma che male c’è se dice ciò che gli hanno garantito, e cioè che ci sarà un rimbalzo più forte del previsto? Cosa quasi sicura.
2. Già, sono 20 anni che l’Italia non cresce, ma c’è una differenza sostanziale tra 10 anni fa e oggi. Dieci anni fa, in piena recessione, la BCE aumentava il tasso di riferimento, aveva una politica monetaria insufficiente, non chiudeva gli spread e costringeva, per ordine del duo Merkel-Sarkozy, l’Italia (governo Berlusconi IV) a varare una seconda manovra correttiva estiva – il DL 138 del 13.08.2011 di 65 mld cumulati – 40 giorni dopo la prima – il DL 98 del 6.07.2011 di 82 mld cumulati, voluta dalla Commissione Europea. Dopo che la stessa Commissione Barroso ed il Consiglio presieduto da Van Rompuy avevano preteso un anno prima, dopo la crisi della Grecia (gestita malissimo per colpa soprattutto della Germania), la prima pesante manovra del mastodontico consolidamento dei conti pubblici italiani – il DL 78 del 31.05.2010 di 62 mld cumulati. E poi hanno fatto quasi lo stesso col governo Monti, messo lì apposta per completare l’opera (nella misura del 19% del totale), che però almeno è stato molto più equo, facendo pagare l’IMU ai ricchi ed ai benestanti, come il direttore Napoletano.
3. Oggi, invece, si sono sospese le regole di bilancio UE, la BCE chiude gli spread e continua la sua politica monetaria espansiva ed all’Italia sono stati assegnati oltre 200 mld. Che verranno però erogati a rate, dopo che l’Italia presenterà i progetti. E questo richiede tempo, poiché bisogna obbligatoriamente rispettare le procedure, che non sono state decise da Gualtieri. Oggi, ad esempio (le ho ascoltate su Radio Radicale), le Commissioni Bilancio del Parlamento hanno continuato le audizioni ed è emersa una verità che già si conosceva da molto tempo: che la PA non è all’altezza del compito, perché non ha le competenze giuste per gestire il Recovery Fund. E che è necessario metterle insieme al più presto. Seguendo anche in questo caso le procedure obbligatorie, che non sono state decise da Gualtieri.
4. Il cosiddetto Reddito di cittadinanza è cosa buona e giusta, esiste in tutti i Paesi UE e se non ci fosse stato sarebbe stata una mattanza. Sono ben altri gli sprechi: ad esempio le decine di mld che si regalano ogni anno ai ricchi e ai benestanti (come il direttore Napoletano) in detrazioni e deduzioni fiscali, e perfino – pare – in sussidi di spesa sociale (sic!). Si tratta di oltre 60 mld, e non neppure la decina di mld del RdC, dati a 3 milioni di persone.
5. Cerchiamo di distinguere il grano dal loglio e le responsabilità. Nessun appartenente alla classe dirigente italiana è innocente, neppure il direttore Roberto Napoletano.
PS: Ho ricavato la contrarietà del direttore Napoletano all’IMU e più in generale all’imposta patrimoniale sui ricchi dal suo libro “Il Cigno nero e il Cavaliere bianco” (che ho esaminato approfonditamente in un mio saggio sulla XVI legislatura), quando racconta l’aneddoto della cena con Pellegrino Capaldo e commette uno strano errore matematico. Egli scrive: “Oggi, ovviamente, un’altra patrimoniale è assolutamente improponibile ma è un fatto che oltre dieci anni dopo quella stessa patrimoniale pensata da Amato e Capaldo, con modalità e sfumature differenti, gli italiani l’hanno pagata uguale con il governo Monti [sic! Amato e Capaldo la metà del debito pubblico, cioè 1.000 miliardi; Monti 23 miliardi complessivi dell’IMU, da lui soltanto aggravata, e di cui soltanto 4 di reintroduzione dell’IMU sulla casa principale, N.d.A.]. Solo che non è servita a fare scendere il debito pubblico dal 118% del PIL all’80% o addirittura al 60%, ma a mantenerlo alla vetta del 132-133% del prodotto interno lordo, che resta la nostra vera condanna per il futuro, l’ipoteca che mina le fondamenta del palazzo Italia. Mi viene da piangere per le cecità italiane ma allo stesso tempo non riesco a trattenere una risata. Risento, nel pieno del dibattito e dei fervori politici della discussione intorno al tavolo, la voce di Silvia, la moglie di Capaldo, che gli bussa con le mani sulle spalle e gli dice: «Pellegrino, parli, parli… ma ti sei fatto i conti di quanto dobbiamo pagare noi?» Rivedo gli occhi di tutti e risento ancora oggi la risata fragorosa di allora.» (posizione nel Kindle: 5017).