Palazzo Chigi
3 minuti per la letturaL’unica idea possibile è quella di riunificare le due Italie facendo le infrastrutture di sviluppo materiali, la rete digitale al Sud e riequilibrando la spesa sociale. Di fronte a una sperequazione di 60 e passa miliardi l’anno il Governo ha la responsabilità e il diritto di prendere la media della spesa storica nazionale degli ultimi venti anni e di togliere un po’ a chi ha avuto ingiustamente di più e di dare un po’ a chi ha avuto ingiustamente di meno
Bisogna avere un Progetto Paese. Bisogna avere un’idea, non raccogliere mille vecchie idee spesso ammuffite. L’unica idea possibile è quella di riunificare le due Italie con le infrastrutture materiali e immateriali e riequilibrando la spesa sociale. Non vogliamo giocare con le parole ma come acutamente sottolinea Patrizio Bianchi il Piano di Ricostruzione del Paese non è compatibile con i mille progetti dei mille campanili italiani e l’ascolto dei mille interessi che gratta gratta nascondono sempre un interesse clientelare. Perché in questo genere di interventi siamo specialisti da decenni e hanno prodotto il primato negativo europeo dell’Italia di oggi dove l’assistenzialismo ha vinto ovunque al Sud e al Nord tagliando le gambe alla crescita sana e alla creazione di lavoro di qualità. Perché queste frattaglie che sono la sintesi della più miope casta che la storia italiana abbia conosciuto, i potentati regionali del Nord padroni della spesa pubblica italiana, l’Europa giustamente non ce le finanzierebbe mai. Se si vogliono cambiare le cose oggi si può, ma bisogna capire prima di tutto che non sono possibili mediazioni al ribasso perché sprecare l’ultima occasione possibile per la modernizzazione del Paese significa condannarlo al declassamento e, con un debito pubblico al 160%, si entra nella spirale di una sovranità ridotta a immondizia sui mercati e, quindi, a complicazioni economiche e costi sociali di ogni tipo. Per questo abbiamo detto e ripetiamo che non si scherza più.
A chi si vergogna di parlare di scippo di scuola, ospedali, asili nido e bus, treni e fibra veloce anche nelle file dei meridionalisti di qualità per un irriducibile complesso di inferiorità, vogliamo dire che questo comportamento lede la loro dignità e fa (molto) male al Paese. Con queste mezze verità e questi tatticismi non si va da nessuna parte. Di fronte a una sperequazione di 60 e passa miliardi l’anno il Governo ha la responsabilità e il diritto di prendere la media della spesa storica nazionale degli ultimi venti anni e di togliere un po’ a chi ha avuto ingiustamente di più e di dare un po’ in più ha chi avuto ingiustamente di meno. Dovrebbero essere le Regioni del Nord a proporlo, ma non lo faranno mai perché sono al punto più basso del loro egoismo e non capiscono quanto danno questo egoismo arreca prima di tutto a loro. Se si vuole offrire una mediazione si chieda un utilizzo transitorio dei fondi europei per non comprimere brutalmente i diritti ancorché ingiustamente detenuti delle popolazioni ricche in cambio di un Progetto Paese integralmente produttivo e totalmente attuato nel Mezzogiorno d’Italia facendo finalmente l’alta capacità e velocità ferroviarie, il Ponte sullo Stretto, e mettendo in rete porti e retroporti di Napoli, Bari, Taranto Gioia Tauro, Augusta, Pozzallo.
La rete digitale ha un senso se diventa oggi quello che è stata la nazionalizzazione elettrica nel dopoguerra con il primo centrosinistra. Come allora si portò l’elettricità ovunque e nacquero la grande chimica e la grande siderurgia oggi la fibra veloce deve raggiungere anche il più sperduto comune del Mezzogiorno e deve essere la base della grande logistica, della grande portualità e della rete di intelligenze industriali e universitarie che sono il capitale umano dimenticato del nostro Paese. La strada scelta dal governo per realizzare questo obiettivo imprescindibile è incompatibile con il risultato che si propone di raggiungere. Fa parte di quei compromessi al ribasso che il rischio della Depressione colloca fuori dalla storia. Di questo pasticcio ci siamo già occupati ma torneremo presto a farlo in profondità.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Direttore Napoletano non vuole riconoscere che l’unica cosa che può spiegare l’irrazionalità espressa dalla maggior parte degli economisti, dei politici e degli intellettuali del nord nel non voler in alcun modo la crescita del sud, e quindi dell’italia stessa, è il disprezzo verso i meridionali, verso i terroni, disprezzo condiviso dalla quasi totalità dei cittadini del nord. Capisco che si abbia un pò di timore di parlare della causa da cui discendono a cascata tutte le problematiche analizzate egregiamente da questo giornale, ma questa è la cruda verità. L’irrazionale stupido odio dei settentrionali verso i meridionali, non il loro egoismo.
Echissenefrega dei giudizi dei nordisti. Quando vissi per qualche anno a Milano, constatai che l’offesa peggiore di un settentrionale ad un meridionale era l’epiteto “terrone”. A me divertiva e quando mi presentavo dicevo: “Sono un terrone”.
Il problema serio, invece, è che al giudizio negativo dei settentrionali fanno da pendant, da un lato, la bassa autostima dei meridionali e, dall’altro, la loro difesa anche dell’indifendibile.
Lo schema della ripartizione equa e della gestione delle risorse dovrebbe essere il seguente:
1. Spesa ordinaria, in proporzione alla popolazione (20,5 milioni su 60,4), quindi la quota del Sud è del 34%;
2. Spesa straordinaria, in misura più che proporzionale, quindi potrebbe essere applicato il criterio Ciampi del 45% al Sud e del 55% al Centro-Nord;
3. Recovery Fund, 60% al Sud e 40% al Centro-Nord;
4. Nel contempo, è indispensabile por mano all’inefficienza amministrativa dei fondi da parte delle Regioni del Sud, centralizzando la spesa, gemellando Regioni del Sud con Regioni del Nord e coinvolgendo la BEI e altre competenze d’eccellenza.
PS: Nel frattempo, occorrerebbe lavorare sul ricorso alla Corte Cost. contro il riparto in base alla spesa storica.
Se per gemellaggio si intende che le regioni del nord dividono le risorse quadruple finora percepite in più, atteggiandosi a bravi gestori, con il Sud che si è dovuto arrangiare, passando pure per sprecone, allora è un’ottima idea. Così chi ha gestito il sistema con poche risorse può insegnare qualcosa a chi ha beneficiato di un portafoglio debordante!
Le inefficienze non le vuole nessuno, ma forse è il caso di smetterla di fare la paternale alle regioni del Sud, laddove è emerso che le regioni del Nord hanno goduto per decenni di entità enormi di risorse da gestire….così siamo tutti capaci!
P.S. Forse se c’è un ricorso alla Corte Costituzionale occorre domandarsi le ragioni dello stesso, le violazioni (presumo dell’art.3 della Cost.) e chi ha beneficiato dello status quo, anziché preoccuparsi di esprimere il suo punto 4.
1. La centralizzazione della spesa per sopperire all’inefficienza amministrativa (conclamata, lo attestano tutte le statistiche) delle Regioni del Sud è sostenuta, ad esempio, dalla SVIMEZ, da Giorgio Ruffolo, da Isaia Sales, tutti meridionalisti a 24 carati.
2. Per gemellaggio, che è solo una mia proposta, intendo lo scambio virtuoso di buone pratiche amministrative e l’attuazione di forme di cogestione: per aumentare l’efficienza, l’emulazione, ed anche per togliere gli alibi ai nordisti. Al riguardo, ho sempre pensato (e scritto nel mio blog e altrove, al tempo del vescovo Bregantini) al gemellaggio tra la Calabria (quasi sempre ultima nelle classifiche) e il Trentino Alto Adige.
3. Quadrupla? Da quale fonte lo ricava? E’ falso che sia quadrupla o tripla o doppia. Se si parte da una bufala del genere, si può affermare qualunque fesseria per conservare l’esistente.
4. In base alla mia esperienza, la propensione alla conservazione dello status quo (cfr. “Il Gattopardo” e il “noi siamo dei, e quindi perfetti”, dei Siciliani) caratterizza tutti i meridionali che non hanno mai fatto un’esperienza di vita altrove e sono inclini irresistibilmente a difendere non soltanto le giuste cause ma anche l’indifendibile.
5. In altri miei commenti, ho spiegato che la Questione meridionale (anche se il mio amico Isaia Sales, che ha sempre vissuto al Sud, non è d’accordo, il che a mio avviso è molto significativo) non è solo un problema di risorse finanziarie, ma anche – e soprattutto – un problema culturale, in senso tecnico e antropologico.
PS: In altri miei commenti (questo è il primo https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/le-due-italie/economia/2020/09/02/lo-scippo-al-sud-non-si-ferma-piu-dirottati-al-nord-altri-645-miliardi/), ho spiegato che il ricorso alla Corte Cost. riguarda l’art. 119 Cost., la legge 42/2009 del federalismo fiscale e il riparto della spesa ordinaria in base alla spesa storica. Anziché lamentarsi, appoggi la proposta.