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Siamo di fronte a una scelta che vale quanto quella della nazionalizzazione elettrica, la quale consentì di fare gli investimenti per collegare Nord e Sud del Paese, ponendo le basi della grande siderurgia e della grande chimica che fecero dell’Italia prima un’economia industrializzata e poi una potenza economica mondiale. La fibra non può essere in mani francesi, quelle di Tim del “pirata” Bolloré, che a loro volta si congiungono e fanno gli affarucci con gli americani
POTETE sbattervi quanto volete, ma se non vi misurate con il problema dei problemi non ce la farete mai. Assistiamo a un dibattito politico- capitalistico vecchio in cui si discute di tutto meno che di quello che ha fatto precipitare le due Italie (Nord e Sud) in fondo alle classifiche, come gli unici due territori europei che non hanno raggiunto i livelli pre-crisi del 2007/2008 prima dell’arrivo del Covid. Se non siamo capaci di capire perché siamo stati in assoluto i peggiori alla prova delle due grandi crisi internazionali (finanziaria e debiti sovrani), continuiamo a commettere errori gravi e rischiamo di condannare il Sud definitivamente al sottosviluppo e il Nord a un declino strutturale, sancendo insieme l’uscita dell’Italia dal novero dei Paesi industrializzati.
Il più grave di tutti gli errori possibili riguarda il via libera alle “incursioni americane” sulla rete unica in fibra che deve invece essere pubblica e indipendente. Non può essere in mani francesi, quelle di Tim del “pirata” Bolloré, che a loro volta si congiungono e fanno gli affarucci con gli americani. Possono staccarci la rete dei dati in qualsiasi momento e rischiano di farci perdere il finanziamento integrale con i fondi europei della digitalizzazione del Paese.
Siamo di fronte a una scelta che vale quanto quella della nazionalizzazione elettrica del primo centrosinistra che pagò un conto salato alla Edison dei Valerio e agli altri operatori privati ma consentì di fare gli investimenti per collegare elettricamente Nord e Sud del Paese e pose così le basi della grande siderurgia e della grande chimica che fecero dell’Italia prima una economia industrializzata e poi una potenza economica mondiale. Tutto ciò accadde perché alle acciaierie di Genova si poterono unire quelle di Bagnoli e di Taranto. Perché nella grande chimica di base che era la plastica di Giulio Natta a Marghera si poterono affiancare i poli di Brindisi in Puglia, Gela, Pozzallo e Priolo in Sicilia, Porto Torres in Sardegna. Oggi con la rete unica in fibra si gioca la partita tra chi ci sarà e chi non ci sarà più. Stiamo parlando dell’Italia.
Come la nazionalizzazione elettrica portò la grande chimica e la grande siderurgia oggi la rete del futuro può portare la piattaforma euromediterranea della grande logistica e della grande portualità, l’industria innovativa e la sovranità tecnologica che mettono a frutto il primato europeo dell’intelligenza artificiale dell’Università della Calabria, il turismo stanziale che intercetta i flussi del Nord Europa. Per questo la vendita di Tim di una quota della rete agli americani di Kkr al posto di Cassa depositi e prestiti ha contorni inquietanti.
Parliamoci chiaro: con la rete pubblica indipendente e la regia di Cdp, che si è già ben espressa nelle reti elettriche e del gas fortemente digitalizzate, hai lo strumento strategico per realizzare l’Italia del futuro; con gli americani hai tra i piedi un soggetto che ha fatto un affare e ne vorrà fare altri per di più in combutta con un padrone di maggioranza francese. State tranquilli che in queste condizioni gli investimenti dove devono essere fatti non arriveranno, al massimo ci sarà la manutenzione di quelli che già sono stati attuati ovviamente altrove. Il Sud d’Italia e i Sud del Nord resteranno dove sono e il Paese tutto perderà la partita del futuro.
Che cosa c’è dietro questa scelta? Chi è il vero dante causa? Anzi, è uno o più di uno? Come può un ministro dell’economia avallare anche indirettamente una scelta così suicida per il Paese? Come può pensare il presidente del Consiglio Conte – ha messo coraggiosamente il Mezzogiorno al centro del progetto Italia finanziato dal Recovery Fund – che non gli verrà rinfacciato il silenzio di fronte alle manovre “americane” della Tim e dei suoi capi-azienda che in altre posizioni manageriali reclamavano a gran voce la rete pubblica indipendente? Prima vendiamo le torri, poi vendiamo un pezzo di rete, facciamo cassa certo, ma nel lungo termine impoveriamo Tim, indeboliamo non rafforziamo la sostenibilità del suo debito.
Possibile che nel governo nessuno abbia nulla da dire? Possibile che non ci si renda conto che controllare le reti strategiche elettriche e del gas tutte digitalizzate è importante, ma avere la proprietà italiana di quella in fibra è assolutamente indispensabile? Che scorporarla è obbligatorio perché altrimenti gli investimenti pubblici non si vedranno mai, la riunificazione infrastrutturale digitale resterà nel cassetto, l’Italia del Nord diventerà una colonia franco tedesca e quella del Sud verrà assorbita nel gorgo delle aree del sottosviluppo mondiale? Nessuno venga a dire dopo di non essere stato avvisato. Noi su questo batteremo ogni giorno perché è in gioco il futuro di un popolo e di un Paese. Troppo per consentire a francesi e americani di fare i loro affarucci sulla nostra pelle.
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Chiedere al pugliese ed ex Bankitalia Salvatore Rossi, ora Presidente Tim per meriti che non conosciamo, cosa pensa e fa ?
Come patriota (di sinistra) italiano e meridionale plaudo alla perseveranza del direttore Napoletano. Ancor più quando fa i nomi e cognomi. Questa volta, quelli del massimo livello politico: il PdC Conte e il ministro dell’Economia Gualtieri.
Avendo lavorato nel settore, ne ho sempre seguito attentamente le vicende e fatto il tifo per la Telecom, e deplorato la spoliazione che ne hanno fatto i Colaninno e i Tronchetti Provera. Ma ora è in gioco l’interesse strategico dell’Italia, e in particolare del Sud, in un settore cruciale come quello delle telecomunicazioni digitalizzate, che può ridurre le diseconomie esterne, in attesa che si colmi il gap infrastrutturale col Nord, semmai avverrà e quando avverrà. E l’interesse di una singola azienda, per giunta controllata da capitalisti esteri, deve essere subordinato a quello supremo nazionale. Chi fa finta di non capirlo è semplicemente un traditore.