Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini
5 minuti per la letturaCosì si è riusciti nel capolavoro di fare vincere clientelismo e criminalità organizzata in territori sempre più estesi del Nord e di ridurre il reddito pro capite delle donne e degli uomini del Sud alla metà di quello del resto del Paese. Privando il Nord del suo primo mercato di “esportazioni” e l’economia nazionale di una dimensione di impresa diffusa sui suoi territori e degna di un grande Paese. Il punto di forza dell’Italia di oggi è un Presidente del Consiglio libero dal condizionamento di questi interessi deteriori che sono quelli degli egoismi miopi del Nord che stanno conducendo l’Italia fuori dal novero dei Paesi industrializzati
La vera questione settentrionale sono i 600 miliardi malcontati indebitamente sottratti dalle Regioni del Nord alle risorse pubbliche di spesa sociale e di sviluppo dovute alle Regioni del Sud negli ultimi dieci anni. La vera questione settentrionale è l’azzeramento (0,15% del Pil) degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno d’Italia per consentire alla Regione Piemonte di spendere per i suoi servizi generali cinque volte di più della Regione Campania riuscendo nel capolavoro di fare vincere clientelismo e criminalità organizzata in territori sempre più estesi del Nord e di ridurre il reddito pro capite delle donne e degli uomini del Sud alla metà di quello del resto del Paese. Privando così il Nord del suo primo mercato di “esportazioni” che sono i consumi interni di venti milioni di persone e l’economia nazionale di una dimensione di impresa diffusa sui suoi territori e degna di un grande Paese industrializzato. La vera questione settentrionale sono gli spifferi lombardo-emiliani sull’imminente lockdown fatti filtrare dalla conferenza Stato-Regioni nei giorni caldi del Covid 19 che hanno determinato la fuga di notte dal Nord al Sud di studenti e lavoratori meridionali e hanno costretto la classe politica di governo e delle Regioni meridionali a chiudere economie regionali che potevano rimanere aperte. Sorvoliamo sul tam tam sanitario lombardo-emiliano che accusa le Regioni più indecentemente foraggiate dal bilancio pubblico italiano di avere voluto “scaricare” nelle regioni meridionali parte della loro emergenza sanitaria. Non ce la facevano con tutti i soldi in più che ingiustificatamente ricevono e volevano trasferire parte del problema su chi ingiustificatamente riceve molto meno di loro.
La vera questione settentrionale è la caduta totale, rovinosa, delle grandi famiglie del capitalismo privato del Nord drogato da questa massa di denaro pubblico “rubata” per decenni al Sud che ha dato alla testa a molti e ha fatto smarrire il gusto della fatica e di competere nell’arena globale. La vera questione settentrionale è la perdita di un’idea di Paese come fu negli anni del Dopoguerra e che fu patrimonio comune del trentino De Gasperi e dei grandi lombardi come Vanoni e Bassetti. Ma davvero davvero vogliamo andare avanti con i Bonaccini che scappano dai loro doveri istituzionali di fare il fondo perequativo per la spesa sociale e per le infrastrutture di modo che il saccheggio continui indisturbato fino a radere al suolo l’economia del Nord e del Sud e che si preoccupano solo di proteggere il loro orticello di indebiti finanziamenti pubblici?
Che cosa deve accadere perché i Bonaccini, i Gori, le Gualmini si rendano conto che il vero interesse del Nord, dell’Emilia-Romagna e della Lombardia, è la fiscalità di vantaggio e un piano di opere da attuare in quattro anni per fare ripartire il mercato interno del Sud e ridare al Nord la sua gallina dalle uova d’oro?
È possibile che lo abbiano capito l’Europa tutta, la Bce, la Bei, la Banca d’Italia e non lo abbiano capito i big della Sinistra Padronale? Che cosa di terribile è accaduto perché persone di spessore come Bonaccini, Gori, Gualmini parlino e si comportino come il peggiore Bossi e ripetano il peggiore urlo padano secessionista nelle sue varie salse leghiste? Ma vi rendete conto di quanto pesa il silenzio della impresa privata e delle sue organizzazioni di rappresentanza che avrebbero dovuto chiedere loro, pretendere loro, e poi plaudire, la fiscalità di vantaggio nelle aree svantaggiate? In queste ore sarebbero dovute andare tutte insieme dal Capo del governo a ringraziarlo e a comunicargli: questi sono i nuovi investimenti che andremo a fare noi nel Mezzogiorno, questi sono quelli che siamo in grado di attrarre dall’estero. Che cosa possiamo fare noi per aiutare la comunicazione nel mondo che il nuovo mercato degli investimenti in Europa è il nostro Mezzogiorno oltre a dare il buon esempio? Invece no, senti addirittura dire nei conciliaboli privati: a noi non ce ne frega niente! Ma dove siamo finiti? Di che razza di capitalismo stiamo parlando?
Lo diciamo con la consueta franchezza: crediamo che il punto di forza dell’Italia di oggi sia un presidente del Consiglio libero dai condizionamenti di questi interessi deteriori che sono quelli degli egoismi miopi del Nord che stanno conducendo l’Italia intera fuori dal novero dei Paesi industrializzati. Lo si accusa di essere un temporeggiatore ignorando che nella politica ci sono momenti in cui bisogna accelerare e altri in cui bisogna rallentare perché le cose vanno fatte nel momento giusto per farle. Sulla fiscalità di vantaggio Conte si è rivelato una teste d’ariete e così è stato anche per l’abuso d’ufficio e la responsabilità erariale, ancora prima quando si è trattato di buttare giù il muro della iniqua distribuzione della spesa pubblica e questo giornale era assolutamente solo, dopo le nostre inchieste e gli autorevoli interventi di Conte sul tema sono venuti dietro tutti. Così è stato e sempre più sarà per il pacchetto organico di interventi al Sud – alta velocità ferroviaria porti e retroporti – e sarà anche, auspichiamo, per il Ponte sullo Stretto. Oggi si parla di tunnel marino, poi si farà il Ponte perché abbiamo un Presidente del Consiglio che sa coinvolgere la sua base grillina e sa leggere i numeri. Al momento giusto il temporeggiatore tornerà a essere testa d’ariete. Ovviamente vigileremo.
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