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Giuseppe Conte e Ursula von der Leyen

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Solo con un vincolo esterno europeo di forte condizionalità la Sinistra Padronale potrà capire che dobbiamo prendere i 36 miliardi del Mes non per coprire i buchi di bilancio delle Regioni ricche ma per fare investimenti al Mezzogiorno in ospedali pubblici e soprattutto che il Recovery Fund deve finanziare le infrastrutture di sviluppo nelle regioni meridionali

Se si continua così ci ritroveremo nel 2021 con un reddito pro capite dei cittadini meridionali sotto la boa del 50% di quello dei cittadini del Centro-Nord. Due “Paesi” che sono già diversi in tutto si separeranno definitivamente. Smetteremo di parlare di due Italie perché almeno una delle due non ci sarà più nel novero delle economie industrializzate. Ovviamente quella che sopravviverà potremmo anche chiamarla Italia, ma diremmo il falso perché sarà poco più che l’appendice meridionale della Germania.

Diciamo le cose come stanno. Prima dell’arrivo del Coronavirus e della Grande Depressione Mondiale due soli territori europei non avevano raggiunto i livelli pre-crisi del 2007/2008: sono il Nord e il Sud dell’Italia che si fermano rispettivamente a -2 e -10% e qualcosa a dimostrazione inequivoca che il dualismo è il problema macro dell’Italia perché la priva di un mercato interno rilevante di consumi che riguarda venti milioni di persone e di una dimensione produttiva nazionale accettabile. Facciamo ogni giorno i conti con il mancato riequilibrio territoriale tra i tanti Nord e i tanti Sud di questo Paese che non è capace né di erogare liquidità né di fare investimenti.

Perché diciamo oggi queste cose? Perché le anticipazioni della Svimez segnalano che, nonostante i maxi-assegni assistenziali, altre 300 mila persone rimarranno senza lavoro nel 2020 togliendo ogni forma di reddito a quell’esercito di invisibili che ha ancora uno “stipendio” in nero con cui sostiene il bilancio familiare nei territori meridionali. Perché le stesse anticipazioni ci confermano che nel 2021 la eventuale ripresa del Sud sarà più che dimezzata rispetto a quella del Nord il che equivale a dire che le distanze in termini di lavoro e di prodotto interno lordo risulteranno incolmabili.

Siamo allibiti. A ricordarci che questo è il nostro problema, che tutto dipende dalla sua soluzione, c’è solo l’Europa e questo giornale non può che sperare nel vincolo esterno di una forte condizionalità europea degli aiuti all’Italia legata alla ideazione e alla realizzazione nei tempi prestabiliti di progetti di infrastrutture di sviluppo tutti nelle regioni meridionali. Una condizionalità ferrea e di lungo termine. Questo è il regalo più bello che potremmo attenderci dal Recovery Fund e dalla sua approvazione nel vertice di questo fine settimana a Bruxelles. Solo l’Europa può fare capire alla Sinistra Padronale che noi dobbiamo prendere i 36 miliardi del Mes non per coprire i buchi di bilancio delle Regioni ricche, a partire dall’Emilia Romagna, determinati dai mancati ricavi di turismo sanitario dal Sud al Nord venuto meno con il lockdown da Coronavirus, ma per fare finalmente quegli investimenti in ospedali pubblici e in ricerca nelle regioni meridionali le cui popolazioni sono state private da dieci anni dei diritti di cittadinanza sanitaria.

Solo l’Europa può imporre alla Sinistra Padronale e ai ministri di riferimento delle lobby del Nord, a partire da quella Paola De Micheli che prima si dimette meglio è, di condividere e eseguire il progetto della riunificazione infrastrutturale del Paese realizzando in due anni non in venti l’Alta velocità ferroviaria del Mezzogiorno Ponte sullo Stretto compreso per scongiurare in extremis il default dell’Italia e ridare all’Europa intera le chiavi perdute della cabina di comando del Mediterraneo.

Non si può più tollerare il solito copione che dà a una parte, sempre la stessa, e toglie all’altra con quella naturale doppia morale che permette alla De Micheli di confondere le opere cantierabili con le risorse disponibili o di mettere tra le priorità cantieri veri al Nord e ancora studi di fattibilità al Sud. Non c’è più nulla da studiare, c’è molto da fare. Questo vale per le opere e vale per lo Stato imprenditore. L’indifendibile gestione di Autostrade degli uomini di Benetton che si sono disfatti delle autostrade di montagna pur di non fare investimenti e che sono arrivati a valorizzare Telepass in Atlantia come tracciamento dei percorsi autostradali per venderla ai Fondi, non può avallare scelte di pubblicizzazione della gestione affidandone la guida a uomini lottizzati dai partiti. La spoliazione di Autostrade come il carciofo, attuata dai management di Aspi e di Edizione holding per conto dei Benetton, è l’ultima brutta pagina scritta dalle grandi famiglie del capitalismo italiano ogni volta che sono state chiamate a misurarsi con grandi deal di provenienza pubblica come le telecomunicazioni e la compagnia di bandiera Alitalia.

Possiamo iniziare una stagione nuova che affidi la gestione delle reti strategiche del Paese a società a capitale pubblico di mercato, ma a patto che si scelgano gli uomini giusti per competenza, capacità realizzativa, gradimento degli investitori. Questa è la partita vera e, anche qui, senza il vincolo europeo Sinistra Padronale e Movimento 5 Stelle continueranno a nominare i loro amichetti e la ministra De Micheli rimarrà al suo posto. Tutte situazioni incompatibili con la ricostruzione economica dell’Italia. Producono l’effetto esattamente contrario.


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