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È quello che ha impedito al decreto liquidità di funzionare, impedisce al decreto rilancio di incidere sulla crescita e, cosa ancora più grave, porterà sugli scogli il Governo in Italia e in Europa. Gli Stati generali dell’economia devono servire a dare a Conte il consenso e la forza per cambiare la macchina pubblica
Avanti Cristo e dopo Cristo. Non vogliamo mancare di rispetto a nessuno, ma se non si capisce che per l’economia italiana la Grande Depressione mondiale è lo spartiacque della storia, possiamo sparire dal novero dei Paesi industrializzati senza neppure accorgercene.
Non esiste il sole ogni giorno per legge anche se si sta avvicinando l’estate esattamente come non esiste il lavoro per legge sia perché nelle mani di Tridico la cassa integrazione è un terno al lotto sia perché le risorse pubbliche anche a prestito non sono infinite. Il milione di posti di lavoro che rischia di perdere il commercio in autunno è di certo una stima per difetto se la macchina della liquidità di questo Paese resta nelle mani di chi è riuscito a fare ricorso a ogni tipo di bizantinismo pur di non risarcire di un solo euro l’economia reale chiusa per Pandemia e di continuare a distribuire regalie agli amici degli amici.
Anche con la misura più semplice, il prestito da 25 mila euro elevato a 30 mila, siamo fermi a un erogato che è pari a un terzo delle domande accolte dopo tre mesi. Lo sconcio dei damerini della Sace ai quali si è affidato il balletto macabro intorno a pezzi vitali della produzione ha oggi la conferma più autorevole nelle parole dello stesso Presidente del Consiglio che ha parlato pubblicamente di “criticità evidenti”. Non si vende una macchina perché siamo l’unico Paese europeo che non fa la rottamazione ma l’annuncia, cosicché anche i pochissimi che vogliono comprarne una nuova aspettano la legge nel dopo Cristo con i tempi dell’avanti Cristo. Non stiamo facendo terrorismo ma pura cronaca, ovviamente omissiva, anche perché come dimostrano ormai tutti gli indicatori l’anomalia del Mezzogiorno italiano sta diventando tout court l’anomalia del Paese.
Che, infatti, aumenta il numero delle Regioni in transizione e resta l’unica economia europea ad avere tutti i suoi territori al di sotto dei livelli pre-crisi del 2008 addirittura già prima del Coronavirus. Noi, come è noto, siamo stati tra i promotori degli Stati generali dell’economia, ma con un obiettivo molto preciso. Consultare chi fabbrica il prodotto interno lordo italiano e varcare con la forza del loro consenso il Rubicone della più inefficace macchina amministrativa europea per inaugurare una stagione effettiva di investimenti pubblici e privati. Questa consapevolezza si deve tradurre in atti cogenti con effetto immediato.
Perché il meccanismo inceppato di come fare le cose è quello che ha impedito al decreto liquidità di funzionare, impedisce al decreto rilancio di incidere sulla crescita e, cosa ancora più grave, incrinerà in modo irrimediabile gli atti che in Italia e in Europa il governo dovrà predisporre per le scadenze della nuova legge di stabilità e per i molteplici impegni che ha davanti. La nuova cassa europea ancora non c’è e non è gratis, ma noi ce la stiamo già vendendo con una delle più querule ministre che la storia recente ricordi.
Consigliamo alla De Micheli un corso accelerato per capire la differenza tra opere cantierabili e risorse disponibili e invitiamo il governo a bandire la politica degli annunci che si traduce nella programmazione dell’ovvio e nella realizzazione del nulla. Avremmo almeno il dovere di capire in quale brodo stiamo finendo tra un annuncio e l’altro. Il brodo dell’insipienza strategica e amministrativa del Paese che condanna la politica e le istituzioni. Noi sappiamo che il presidente del Consiglio è consapevole di dove sia il problema, e sappiamo anche che la sua solitudine a volte è figlia proprio di questa consapevolezza, lo esortiamo vivamente a non cadere nella trappola di chi non vuole misurarsi con la realtà e suggerisce di continuare a comprare tempo. Questa volta non è più possibile.
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