Il premier Giuseppe Conte a Villa Pamphili agli Stati generali dell'Economia (Foto Filippo Attili/LaPresse)
4 minuti per la letturaGli Stati generali dell’Economia devono servire a dare al Paese una macchina in grado di spendere davvero i soldi che già ci sono. Basta con il gattopardismo da vecchia politica per coprire le colpe gravi di un salva banche spacciato per un salva imprese. Le anime belle del Pd e Di Maio devono capire che allo Stato servono uomini nuovi. Pochi e capaci
Abbiamo proposto gli Stati generali dell’Economia perché riteniamo che il governo della Repubblica italiana non si può permettere di ripetere con la ricostruzione dopo le macerie del Covid la vergogna del “decreto illiquidità” perché se non riesce a fare ripartire la macchina degli investimenti pubblici e privati l’Italia esce dal novero dei Paesi industrializzati e diventa una polveriera sociale a cielo aperto nel cuore dell’Europa.
Abbiamo ritenuto e continuiamo a ritenere che qualche giorno di ascolto e di consultazione con chi fabbrica il prodotto interno lordo italiano per definire un piano operativo di impiego produttivo dei nuovi fondi europei e dei tanti ancora inutilizzati sia la massima garanzia possibile per iniziare una stagione nuova che ricalchi lo spirito del Dopoguerra e regali finalmente agli italiani un Progetto Paese di lungo termine.
Ci siamo rivolti al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, perché è stato il primo a riconoscere con una lettera al nostro giornale l’operazione verità sull’anomala distribuzione della spesa pubblica che sottrae al Sud e regala al Nord impoverendo l’Italia intera e perché, a differenza del ministro Gualtieri, ha avuto la sensibilità di scusarsi con gli italiani per la lentezza con cui sono stati dati gli aiuti previsti dal decreto rilancio e i prestiti garantiti dal decreto liquidità. Siamo contenti che, nonostante polemiche e bassezze di ogni tipo, questo appuntamento sia confermato.
Francamente non avremmo mai creduto che il partito della burocrazia e della complicazione, che è il Pd, e che la “torma” di commentatori nati e cresciuti nel suo brodo storico della doppia morale, potessero allo stesso tempo chiedere allo stesso interlocutore concretezza e tempi lunghi senza mai dire una parola una per assumersi la responsabilità del disastro del Tesoro di cui il Pd ha la piena titolarità politica e senza fare una proposta una per rimediare almeno parzialmente al disastro. No, al contrario, in un gioco di gattopardismo da vecchia politica si attaccano e si sabotano gli Stati generali per coprire le colpe gravi di un salva banche spacciato per un salva imprese e di una strutturale incapacità di onorare gli impegni in materia di risarcimento del danno alla voce bonus, cig, aiuti e prestiti. Una autentica vergogna. Noi vogliamo essere ancora una volta concreti. Non ci scandalizziamo che l’iniziativa parta sotto il segno dei massimi vertici europei perché quella è la nostra casa e in quella casa non altrove è bene che ci si renda conto della volontà di adottare un nuovo metodo di governo.
La partita si gioca sul decreto semplificazioni con un nuovo abuso d’ufficio dove campeggi il danno erariale d’inerzia, un impianto di norme elastico e ridotto, monitoraggio contestuale alla gestione delle opere, semplificazione delle procedure del Cipe, abolizione del progetto preliminare, gestione degli affidamenti che preservi l’opera dalle crisi aziendali dei gestori. Non scrivete più di quattro o cinque cartelle e fate in modo che entro l’anno si aprano i cantieri dei 52 miliardi di opere immediatamente cantierabili (di cui il 50% è già al Sud con l’alta velocità/capacità ferroviaria Napoli-Bari-Reggio Calabria-Sicilia) e nei due anni successivi si aprano i cantieri delle altre opere immediatamente cantierabili fino a 157 miliardi.
Per fare tutto ciò anche le anime belle del Pd si devono guardare allo specchio e devono capire che servono uomini nuovi. Pochi e capaci. Questo lo deve capire anche Di Maio e la sua grande famiglia di amici e amichetti senza titoli che deve uscire subito dalla fase esaltante quanto inutile del dilettantismo allo sbaraglio per abbracciare un’idea adulta di Paese che metta fine alle guerricciole di partito, pardon personali. Se gli Stati generali dell’Economia serviranno a porre le basi affinché per una volta si esca tutti insieme dal tunnel delle grandi architetture normative per dare al Paese una macchina in grado di spendere davvero i soldi che già ci sono, sarebbe un grande risultato. Perché dopo anni e anni di emergenza continua, il Paese che sta provando a uscire dal dramma vero del Covid, ha bisogno prima di tutto di tanta normalità. Una normalità occidentale, efficiente, meno ipocrita. Che sappia tradurre in risultati un lavorìo della politica altrimenti sempre più inconcludente.
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