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Vittorio Colao

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Nessun Progetto Paese è valido se non ha come priorità la riunificazione infrastrutturale materiale e immateriale tra Nord e Sud. Le risorse europee a fondo perduto sono a fronte di progetti riconoscibili, con scadenze precise. Serve una cabina di regia al centro che decide, che sceglie le opere e le fa nei tempi stabiliti

Se gli Stati Generali dell’Economia vogliono avere una possibilità di successo devono fare l’esatto contrario di quello che ha fatto il comitato di esperti guidati da Vittorio Colao. Non discutiamo la qualità tecnica e la ricchezza degli approfondimenti, ma l’Italia non ha bisogno di un nuovo libro dei sogni e le risorse europee a fondo perduto sono a fronte di progetti riconoscibili, con scadenze precise, monitorabili, monitorati e attuati.

Vogliamo essere ancora più chiari. Non discutiamo il valore dell’esercitazione accademica che vale per quello che è e che può valere per qualunque Paese al mondo. Abbiamo, però, il dovere di segnalare che anche l’esercitazione accademica per un Paese come l’Italia è priva strutturalmente di peso scientifico se non parte e se non si conclude dichiarativamente con l’esame del problema strutturale delle due Italie che rappresentano comunità con un reddito pro capite che è l’uno la metà dell’altro.

Nessuna esercitazione accademica può avere prospettiva di lungo termine se non riconosce l’assunto di base che le proposte si riferiscono a due Paesi separati nel reddito, nelle infrastrutture, nella quantità, qualità e dimensione delle strutture produttive, digitali, scolastiche, sanitarie e di servizi in genere. Perché solo così si può capire quanto sia vitale per il Paese ricco dare la priorità all’investimento strategico nel Paese povero. Quanto sia decisivo recuperare una dimensione accettabile di mercato interno di consumi. Quanto sia cruciale riunificare infrastrutturalmente le due Italie per ridare al Paese intero l’opportunità di una base logistica che restituisca all’Italia la leadership perduta nel Mediterraneo e cumulare ai primati della manifattura del Nord quelli della manifattura del Sud integrati in un disegno di politica industriale che può fare la differenza.

Al Governo Conte oggi serve altro. Serve l’esecuzione che richiede capacità esecutiva e priorità condivise. Poche, massimo quattro/cinque. Serve una cabina di regia al centro che decide, che sceglie le opere e le fa, e che rendiconta a Bruxelles perché di là i soldi non arrivano a pioggia come regalo dal cielo, ma anche la parte a fondo perduto è legata a singoli progetti e alla loro esecuzione nei tempi preventivati. Sulla burocrazia ci siamo già espressi ripetutamente, non c’è dubbio però che la frammentazione dei poteri decisionali e le divisioni della politica impediscono il cambiamento e condannano il Paese. Chi ci governa agli Stati Generali dell’Economia non chieda ai suoi interlocutori quanto ti serve, ma che cosa ti serve e si presenti all’appuntamento con i compiti già fatti. Dobbiamo tornare alla coerenza meridionalista di De Gasperi e alla macchina da guerra nell’utilizzo dei fondi comunitari di Pescatore. Serve gente che sa spendere bene prima che esploda la polveriera sociale e che metta la riunificazione infrastrutturale materiale e immateriale come priorità delle priorità. Servono poteri centrali e speciali per fare tutto ciò.

Prima si prende atto che i nostri ministeri non ce la fanno e che Regioni e assessori sono quasi sempre di intralcio, meglio è. Questo ci chiede l’Europa e questo dobbiamo fare. Questo, soprattutto, serve a noi.


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