L'Ilva
2 minuti per la letturaSe non si vuole superare la soglia del ridicolo e, soprattutto, mettere ancora di più a rischio la fiducia sprecando la dote di credibilità sui mercati conquistata dal nuovo governo, bisogna che il Presidente del Consiglio Conte e il ministro dell’Economia Gualtieri prendano in mano la situazione dell’Ilva e giochino senza se e senza ma la carta della nazionalizzazione che coinvolga lo Stato, la Cassa Depositi e prestiti e le grandi banche perlomeno come leva finanziaria. Ci metti i soldi del primo e della seconda, aggiungi il volano delle banche, e fai il pacchetto di mischia da cui partire con una società a capitale pubblico. Intesa Sanpaolo è pronta a investire 30 miliardi in due anni sul Mezzogiorno e fatica a trovare impieghi per fare infrastrutture che sono il motore della crescita. Non si tirerebbe di certo indietro in questo caso che vi sarebbe anche la garanzia dello Stato.
Una nazionalizzazione che operi ovviamente secondo le regole del mercato e dimostri che chi governa ha finalmente chiaro che le grandi infrastrutture industriali, il risanamento ambientale, l’innovazione sul turismo e una rete moderna di servizi a partire dal Mezzogiorno, sono il motore della crescita futura dell’intero Paese, della sua capacità di remunerare al meglio gli investitori e di creare stabilmente occupazione (vera) di lungo termine. L’unica garanzia non solo di una effettiva unificazione economica e sociale delle due Italie, ma di un disegno di politica industriale che restituisca il primato conquistato in passato con le scelte coraggiose attuate negli anni del miracolo economico.
Da Taranto può ripartire l’Italia se si ha la forza politica e l’impalcatura morale per prendere il toro per le corna e, cioè, chiarendo a tutti che la stagione dei player finanziari che fanno i privati con i soldi dello Stato (Cdp) è finita e mettendo un tappo in bocca a chi ciancia sulle tutele penali perché è evidente che nessun amministratore anche pubblico italiano aprirà mai il dossier senza di essa per cui si corre il rischio di dare un’arma giudiziaria agli indiani per fare anche cassa a spese nostre. Non c’è più tempo da perdere. Conte e Gualtieri verifichino a stretto giro se è sopravvissuta una reale disponibilità del signor Mittal e del suo alleato francese di rimettersi al tavolo e di condividere con Cdp e lo Stato la doppia sfida industriale e ambientale di Taranto (ipotesi A), altrimenti si proceda tout court con la nazionalizzazione (ipotesi B) a viso aperto e senza complessi. Ma è possibile che la Regione Puglia possa detenere capitali immobilizzati in palazzi e partecipazioni e non se ne trovino per avviare su acciaio e riqualificazione di siti e territori la sfida industriale del futuro da sperimentare in casa e lanciare poi nel mondo?
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