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Le famiglie sfollate dopo il crollo alle vele di Scampia

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LA STORIA non fa sconti, “non si ferma davanti a un portone”, canta De Gregori, né davanti alle buone intenzioni, ai progetti rimasti a metà, ai sogni di un riscatto annunciato ma mai realizzato, fra il futuro immaginato dal sindaco Manfredi e dal Rettore dell’Università che a Scampia hanno portato idee e passione e la tragica realtà quotidiana, con il crollo della Vela Celeste, il suo drammatico bilancio di morte e di dolore (LEGGI LA NOTIZIA). Avrebbe dovuto essere l’unica delle sette “cattedrali” a rimanere in piedi, dopo il piano da 160 milioni già messo in campo. Ma la storia “entra nelle stanze e le brucia”, non conosce la burocrazia del ritardo.

Il progetto visionario disegnato negli anni Sessanta da Franz di Salvo, trasformò ben presto il nuovo quartiere nella punta avanzata del degrado di una metropoli sbandata e confusa. La criminalità ha fatto il resto creando Gomorra. I suoi vicoli orizzontali e il suo cemento consumato dai graffiti e dalla ruggine, sono entrati nell’immaginario collettivo con le sequenze di una fortunata serie televisiva.

Dalla denuncia, però, è cominciata la voglia di riscatto. I figli di quel “Bronx minore” raccontato da Peppe Lanzetta, hanno riaperto gli occhi, hanno sbirciato l’esistenza di un mondo dove le vite non sono segnate dalla nascita. Ma la storia dà torto e dà ragione. Il torto di chi coltiva l’illusione del cambiamento. La ragione di chi pone la rigenerazione delle periferie al centro di un grande progetto di rinascita che punti sullo sviluppo di un’industria moderna e competitiva, di una ricerca tecnologica agganciata alla modernità, di una cultura che sappia rompere muri e recinti.

Per questo, su Scampia, è arrivato il momento di accelerare nel segno della concretezza e non delle parole: perché la Storia, “nessuno la può fermare”.


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