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QUELL’unità dei cattolici in politica che dopo la fine della Dc non riuscì mai né a Silvio Berlusconi per la coalizione di centrodestra, né a Romano Prodi con il centrosinistra, potrà invece trovare almeno un primo tassello con il progetto di Ius Scholae di Antonio Tajani, vale a dire la concessione della cittadinanza italiana dopo uno o due cicli completi di istruzione? Interrogativo per nulla impertinente se appena si guarda ad alcune circostanze. Tajani è il leader cattolico di Forza Italia, che fu di Berlusconi, partito dichiaratamente moderato nella coalizione guidata da Fratelli d’Italia e Lega e aperto ai cattolici dei due schieramenti. In più vanta un pedigree cattolico del tutto gradito al Vaticano, sposato da trent’anni con la stessa donna e con figli nati solo all’interno del matrimonio.

Di qui l’attenzione subito riservata Oltretevere per un progetto di cittadinanza, lo Ius Scholae, che richiama molti aspetti rilanciati sul nodo immigrazione proprio da questo Papa quali l’ampliamento della cittadinanza in una nuova cornice legislativa. Alcune convergenze inoltre non sono affatto casuali. Tajani ha scelto di lanciare il suo progetto di Ius Scholae davanti alla platea della Festa dell’Amicizia a Rimini, da anni palcoscenico dei nipotini di don Luigi Giussani, l’artefice di uno dei gruppi più avanzati dei movimenti cattolici, Comunione e Liberazione. E sempre a Rimini è intervenuto sul palco con Tajani, monsignor Vincenzo Paglia, influente presidente della Pontificia Accademia per la Vita (la stessa che negli anni di Camillo Ruini metteva a verbale gli altolà e i diktat del cardinale su bioetica e coppie gay).

E proprio da monsignor Paglia è partito l’endorsement di maggiore peso a Tajani quando ha detto tra gli applausi della platea: «Viva Ius Scholae, sono per lo Ius soli, ecco perché sono venuto oggi». Si tratta con tutta evidenza di una presa di posizione inequivocabile da parte del Vaticano, che spesso sull’immigrazione esprime posizioni molto più avanzate di quelle della coalizione di governo, come dimostra anche l’intervista resa al nostro giornale da monsignor Alessandro Perego, presidente della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana. Nel caso dello Ius Scholae lanciato da Antonio Tajani si può certamente parlare di un “effetto Francesco”. Questo pontefice ha fatto del diritto di cittadinanza un caposaldo della riflessione sull’immigrazione fin dal messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2018. Fino poi all’Enciclica Fratelli Tutti del 2020: «Per quanti sono arrivati da tempo e sono inseriti nel tessuto sociale, è importante applicare il concetto di cittadinanza basata su un’eguaglianza di diritti e doveri all’ombra della quale tutti possono godere della giustizia». E ancora: «È importante stabilire nelle nostre società il concetto di piena cittadinanza rinunciando all’uso discriminatorio del termine “minoranza».

Tajani mette subito in chiaro la sua matrice profondamente cristiana prima della proposta di conseguire la cittadinanza dopo uno o due cicli completi formativi: «Sono cristiano e certamente la prima cosa che mi hanno insegnato è che siamo tutti uguali davanti a Dio, che il colore della nostra pelle non c’entra niente. C’è un’anima europea e l’identità cristiana ne fa parte». E di qui il senso anche politico della sua proposta: «Non sono un pericoloso sovversivo, né un estremista di sinistra, ma dico che bisogna guardare la realtà così com’è. Insisto sulla formazione, sull’identità, sulla cultura perché se accetti di essere europeo nella sostanza, allora sei italiano ed europeo non perché la tua pelle è bianca o gialla o rossa o verde ma perché hai quelle convinzioni dentro di te, perché vivi quei valori».

L’“effetto Francesco” è tutto nella sfida di ampliare la cittadinanza che Antonio Tajani mostra di raccogliere e rilanciare sul piano politico. Con in più il dato in base al quale alcuni sondaggi mostrano che lo Ius Scholae riavvicina i cattolici dei due poli. E allora, poco male se la Lega di Salvini alza i muri e Fratelli d’Italia della premier Giorgia Meloni dissemina diffidenze. Lui, Antonio Tajani, va avanti. Rimini gli ha confermato che c’è un cuore cattolico che in Italia batte ancora forte. E lo Ius Scholae è una battaglia di civiltà che può unire. Dopo gli anni divisivi e polarizzanti del cardinale Ruini i cattolici in politica possono cominciare a ritrovarsi davanti a una proposta unificante.


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