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Questi numeri di verità che solo noi raccontavamo e tutti negavano riguardano anche l’occupazione. La recessione temuta dalla stessa Svimez è stata sostituita da una ripresa sostenuta che può migliorare ancora grazie a Zes unica, decontribuzione e Repower Eu. Le donne e gli uomini del Sud devono svegliarsi dal sogno negativo per avere coscienza di questa realtà nuova. Non esiste più la favola che non ha capacità di crescita, ma siccome non è arrivato lo zio d’America allora tutti ripetono la leggenda di prima perché il Sud è obbligato nell’immaginario collettivo ad andare male. La cultura da diffondere è quella che dimostra con i fatti che ha rotto l’incantesimo, fa e farà di più. Quindi, basta lamentazioni, e andiamo avanti.
Abbiamo posto al primo punto della carta di Napoli un’affermazione impegnativa: cambiare la narrazione del Sud. Che non vuol dire, sia chiaro, inventare una narrazione, ma documentare quella realtà che è già cambiata e nessuno vuole vedere per cambiare ancora di più e velocemente il contesto economico e sociale. La carta di Napoli è il frutto dei lavori del festival Euromediterraneo dell’economia, organizzato da questo giornale in collaborazione con Parlamento e Commissione europei, che ha chiamato a raccolta nella sala dei baroni al Maschio Angioino le voci più autorevoli dell’economia, della politica e delle istituzioni europee e multilaterali.
Un lavoro certosino passato al vaglio dell’advisory board guidato da Patrizio Bianchi, che è stato presentato nella sala Spadolini a Roma alla presenza del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e del sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che si propone di offrire in modo documentale un racconto controcorrente della situazione attuale del Mezzogiorno partendo dal capitale umano e sviluppandosi in una serie di allegati tecnici su energia, portualità, industria, economia del mare. Sono testi e documenti analitici che riteniamo possano contribuire in termini di principi e di proposte operative alla programmazione generale di lungo termine e alla stesura dei documenti di economia e finanza e delle note di aggiornamento del governo per cogliere al meglio le opportunità offerte dal nuovo quadro geopolitico globale.
Ci battiamo in assoluta solitudine da almeno un paio di anni per raccontare il miracolo nascosto dell’Italia di Draghi di cui il Mezzogiorno è il protagonista assoluto senza rendersene conto e segnalare a tutti che storia e geografia combattono senza risparmiarsi perché il Sud italiano diventi il nuovo Nord europeo garantendo con il grande hub energetico e manifatturiero del Mezzogiorno l’unica nuova crescita aggiuntiva possibile per l’intera Europa. Spesso guardati con sospetto e attraversati da quello spirito di rassegnato piagnisteo che tanto male ha fatto e fa al Mezzogiorno abbiamo insistito in modo ostinato perché la verità venisse a galla e la coscienza collettiva cominciasse a prenderne atto.
Questa lunga premessa, mi perdonerete, è stata necessaria per esprimere la mia soddisfazione nel vedere un rapporto della Svimez che finalmente non ripete più che il divario si allarga o annuncia nuova recessione, ma prende finalmente atto della nuova realtà. I fatti, quelli certi e documentati, ci dicono che nel biennio 2021-2022 l’economia del Mezzogiorno è cresciuta del 10,7% ponendosi oltre due punti sopra la perdita del 2020 (-8,5%) e che nello stesso periodo la crescita del Centro-Nord è stata dell’11% ma si confronta con una perdita maggiore del 2020 (-9,1%) e quindi si colloca con una crescita sotto i due punti percentuali.
Questo dicono i dati della Svimez. Per farla breve, il secondo miracolo economico italiano dopo quello del Dopoguerra certifica che l’Italia è cresciuta più della media europea e delle grandi economie europee, ma che per la prima volta dopo decadi nel biennio preso in esame il recupero del Sud è stato superiore a quello del Centro-Nord mostrando una reattività e una capacità di riorganizzazione superiori. Ovviamente dentro un quadro strutturale di marcata distanza che persiste tra le due aree del Paese. Anche i dati della occupazione segnano un contributo superiore del Sud rispetto al Nord con una crescita sostenuta di nuovi contratti che permette di collocarsi nella media del 2022 nettamente al di sopra della media del 2019.
Perfino il dato di crescita del Pil per il 2023 previsto dalla Svimez, quello che secondo il rapporto dell’anno scorso della stessa Svimez rischiava di riportare il Sud in recessione e allargare di nuovo il divario, parla di un +1,1% con un Sud che fa +0,9 e un Centro-Nord che fa un +1,2% mostrando già di fatto la capacità del Mezzogiorno di tenere il passo del resto del Paese, ma avendo l’avvertenza di non perdere la consapevolezza che la piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza consentirà al Mezzogiorno di mettere in essere un flusso di investimenti pubblici e privati superiori a quelli del Centro Nord in modo da garantire il proseguimento dell’andamento del biennio 2021/2022 segnato da un passo di crescita e di occupazioni più sostenuto.
Questa è la pura realtà già accertata, che noi raccontavamo e tutti negavano, ma vi avvisiamo sin da ora che questa pura realtà non ha nulla a che vedere con quella che si manifesterà negli anni a venire presumibilmente infinitamente migliore in termini di crescita e di nuova occupazione. Perché le scelte della Zes unica per il Mezzogiorno, la decontribuzione strutturale non più legata a rinnovi semestrali che annullano l’effetto di attrazione di investimenti esteri, il lavoro di riprogrammazione e di ridefinizione più stringente sui temi energetici e manifatturieri, cambiano le cose. Sono tutte azioni dovute alla regia italiana e europea del ministro Fitto che modificano il quadro per l’oggi e per il domani.
Ovviamente anche qui bisogna vigilare sull’attuazione e sulle singole modalità di esecuzione, ma la portata storica di queste decisioni e dei risultati che ne scaturiranno richiedono gioco di squadra. Sul piano politico, tra maggioranza e opposizione, sul piano tecnico, a tutti i livelli centrali e territoriali, e sul piano delle relazioni sociali, coinvolgendo il mondo della produzione e tutti i sindacati. Questo è il senso profondo della sfida delle sfide del Paese.
È successo, o perlomeno sta succedendo, qualcosa di veramente straordinario. È cambiata quella favola dei bambini che ripeti tutte le sere e che è uguale da sempre. Ecco, quella favola lì, per quanto riguarda il Mezzogiorno, non esiste più o almeno sta di molto cambiando. La favola di prima raccontava sempre la stessa storia che era più o meno così: il Mezzogiorno non va, il Mezzogiorno non ha capacità di crescita, il Mezzogiorno fa fatica; e siccome non sai a cosa legare questa crescita nuova perché non è arrivato lo zio d’America, perché hai sempre detto che il Sud non ha classe dirigente, perché la rivoluzione non è avvenuta, allora tutti continuavano a ripetere la leggenda di prima perché il Sud era obbligato nell’immaginario collettivo ad andare male. E anche se emergeva qualche segnale controcorrente, c’era subito pronto quello che si affrettava a profetizzare che “al Sud presto sarebbero tornati ad essere quelli di prima”.
No, non era così, non è andata così e non andrà più così. Bisogna crederci. Soprattutto le donne e gli uomini del Sud, giovani e meno giovani, devono tutti svegliarsi dal sogno negativo per avere coscienza di questa realtà nuova. La cultura di prima che qualcosa arriva se ci si lamenta, a volte a ragione a volte a torto, o che il piagnisteo è comunque indispensabile, ebbene questa cultura va bandita per sempre.
Diciamo che va demolita per prendere atto che sta andando meglio del previsto e che tutti bisogna impegnarsi sempre di più perché vada sempre meglio. La sola cultura che dobbiamo tutti diffondere e incrementare è quella che appartiene a un pezzo rilevante della realtà. È la cultura che dimostra con i fatti e può dire a voce alta “siamo capaci di fare, abbiamo rotto l’incantesimo, abbiamo fatto e faremo sempre di più”. Quindi, basta lamentazioni, e andiamo avanti. Ricordiamoci tutti che il Sud non è più periferia ma centro. A guidare il grande gioco ora siamo noi, non più gli altri. Mettiamocelo bene nella testa e agiamo di conseguenza.
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