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Il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin

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È inconcepibile il solo dubbio di inserirli tra gli hub strategici. Si priva la Calabria della più grande area di stoccaggio, industria e agricoltura. Si priva la Sicilia di un rigassificatore strategico nel Mediterraneo completabile entro i primi mesi del 2024 costringendo Enel a ipotizzare di farlo in Spagna. Si tradisce l’interesse nazionale del Piano Mattei perché si metterebbero le condizioni per rafforzare un concorrente diretto nell’area che autorizza tutto in meno di sei mesi. Se prevale il miope interesse politico-imprenditoriale di avere la nave rigassificatrice galleggiante tra Savona e Genova invece di due impianti stabili in Calabria e in Sicilia che garantiscono approvvigionamenti terrestri, allora la manifattura italiana rischia grosso.

HANNO messo la fiducia sul decreto rigassificatori ed emergenza alluvioni e ovviamente la hanno anche votata. Faranno altrettanto entro fine mese al Senato. Quello che proprio, però, non può accadere è che il ministro, Gilberto Pichetto Fratin, si permetta di stilare l’elenco degli hub strategici senza cerchiare a carattere gigante i nomi di Gioia Tauro e di Porto Empedocle. Se questo dovesse accadere la frase più citata del vocabolario politico degli ultimi mesi “faremo del Mezzogiorno d’Italia il grande hub energetico e manifatturiero del Mediterraneo” diventerebbe una frase vuota. Perché le navi rigassificatrici galleggianti sono navi rigassificatrici galleggianti mentre gli impianti off-shore come Gioia Tauro e Porto Empedocle sono riserva strategica del Paese. Perché non è neppure concepibile un piano nazionale che escluda le due capitali energetiche della rinascita dell’Europa attraverso il famoso Piano Mattei che noi difenderemo sempre senza se e senza ma visto che contiene l’idea guida dello sviluppo alla pari tra le due sponde del Mare Nostrum e fa del Mezzogiorno italiano il nuovo Nord europeo.

Come ripetiamo da sempre il Sud non è più periferia ma centro del nuovo mondo capovolto che nasce sulle ceneri della caduta dell’asse Est-Ovest che blocca i rapporti di fornitura tra Germania e Russia, per le materie prime, e indebolisce quelli di alleanza tecnologica tra Germania e Cina per gli scambi globali. Senza il via libera della strategicità il nodo delle autorizzazioni blocca tutto sul nascere e mette a rischio, da un lato, la più grande area potenziale di stoccaggio del Paese, a Gioia Tauro, a sua volta pilastro fondamentale per lo sviluppo di traffici commerciali, industria del freddo e agricoltura di qualità, e, dall’altro, si priva il Paese a Porto Empedocle di un rigassificatore in gran parte già fatto che potrebbe essere pronto per i primi mesi del 2024 in una posizione strategica nel Mediterraneo costringendo, per di più, l’Enel a ipotizzare di fare in Spagna il rigassificatore che non si potrebbe completare a Porto Empedocle.

Siamo davanti al più subdolo e pericoloso tradimento della difesa dell’interesse nazionale perché si porrebbero le condizioni per rafforzare un diretto concorrente nel Mediterraneo, qual è la Spagna, che ha anche la caratteristica di autorizzare tutto in meno di sei mesi senza bisogno di corsie preferenziali come in Italia. Siamo lontani da ogni logica. Se, poi, dovesse venire fuori che dietro questa scelta c’è l’interesse politico-imprenditoriale del Nord del Paese di avere la nave rigassificatrice galleggiante tra Savona e Genova perché più sicura e vicina invece di due impianti stabili in Calabria e in Sicilia che garantirebbero per sempre gli approvvigionamenti energetici della manifattura italiana, saremmo davanti al più miope degli interessi di bottega della politica italiana asservita alla parte meno lungimirante delle sue imprese. Sarebbe qualcosa di simile a quello che si è fatto con la Roma-Pescara e l’anello ferroviario delle Capannelle sempre a Roma sacrificati per ora a favore di lavori ritenuti più urgenti per Vicenza.

Se qualcuno avesse addirittura l’ardire di ripetere che c’è la strozzatura di Sulmona e manca il tubo che porterebbe a soddisfare l’intera dorsale della produzione italiana per cui o passerebbe il gas algerino o quello di Gioia Tauro o di Porto Empedocle, allora saremmo di fronte a un caso di totale cecità industriale perché i mancati investimenti obbligati di Snam produrrebbero un danno non più recuperabile alla manifattura europea, a partire da quella bavarese, di cui quella italiana che si è mostrata più vitale, innovatrice e dinamica, pagherebbe un prezzo pesantissimo. Senza contare la basica considerazione che essere provvisti di una duplice alternativa italiana terrestre consente di avere un potere negoziale nei confronti degli algerini che altrimenti non si avrebbe su prezzi, forniture e stabilità delle consegne. È chiaro che di fronte a scelte così incomprensibilmente irrazionali che presumibilmente metterebbero fuori gioco parzialmente Gioia Tauro e totalmente Porto Empedocle non saremmo nemmeno più davanti al tradimento dell’interesse sovrano italiano a favore dell’interesse sovrano spagnolo, ma saremmo davanti a un’azione improvvida che deliberatamente colpisce la forza del tessuto produttivo italiano e fa perdere l’occasione storica di guidare dal nostro Mezzogiorno l’unica possibilità di creazione di crescita aggiuntiva per l’Italia e per l’Europa.

Saremmo di fronte alle scelte di un ministro di fatto della non “sicurezza energetica” che mostra peraltro analoghe lentezze nel dare risposte alla richiesta di 100 operatori primari nazionali e internazionali che possono garantire complessivamente al Mezzogiorno d’Italia il più grande investimento al mondo nel campo dell’eolico off-shore mettendo a frutto il tesoro energetico da maree, vento e sole che nessuno potrà mai sottrarre a Sicilia, Sardegna e Calabria, come a Campania, Puglia e Basilicata. Questo patrimonio è oggi l’asset strategico nazionale che rilancia il nostro ruolo sui quattro Mediterranei e alla guida della Nuova Europa a fianco dei Fondatori. La scelta di coinvolgere Eni, Enel, Snam, Terna nel Repower Eu e di concentrare qui una parte rilevante delle risorse del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) è assolutamente corretta perché assicura al Paese soggetti attuatori con le competenze necessarie e risponde anche a una visione di medio termine del Paese che mostra lungimiranza. Lasciare che tutto questo sparisca nelle mani delle mancate autorizzazioni del più debole dei ministri di questa compagine governativa mi sembra un azzardo pericoloso se non addirittura masochista.

Su un piano politico più alto, poi, non riuscire a imporre tra Eni, Enel, Terna e Snam un gioco di squadra unico che ponga al centro di tutto l’interesse strategico futuro della nazione invece dei calcoli, peraltro sbagliati, di alcuni di questi big energetici sarebbe una colpa politica imperdonabile. L’effetto di tali errori non si vede subito, ma quando poi si posa a terra la caduta è rovinosa. Nel frattempo i manager che hanno determinato questo disastro sono altrove e la politica paga per intero il conto davanti agli elettori. Cerchiamo di fare oggi quello che si deve fare in tempo utile anche perché domani nessuno potrà dire di non essere stato avvertito.


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