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5 minuti per la letturaOggi la Cgil, con la coda della sua sorellina minore, la Uil, fa una manovra per la conquista del potere e guida la sinistra, rovesciando la formula classica del sindacato che segue la politica. La Cisl di Sbarra questo giochetto pericoloso per i lavoratori lo ha capito e esprime una visione che ricorda la forza della Cisl di Pastore. Perché difendere oggi i lavoratori, significa evitare, contando dove si deve contare, la recessione europea che li manda a casa o li condanna a salari insostenibili o, peggio, priva i giovani di una prospettiva nel loro Paese. Non continuando a fare demagogia chiedendo posti che non ci sono o non si sa chi paga.
Abbiamo messo la marcia all’indietro e siamo tornati allo sciopero politico. Siamo in presenza di un pezzo di sindacato che restaura il vecchio mito novecentesco per il quale lo sciopero è una manovra per la conquista del potere. Non dovrebbe mai essere così e questo vale per la destra come per la sinistra. Questo vale oggettivamente per tutti. Perché si sbaglia di grosso la sinistra se si illude che lo stesso sindacato non farà poi lo stesso sciopero contro di loro di nuovo al governo. Anche loro non potranno mai spendere secondo le modalità demagogiche che quel pezzo di sindacato continuerà a chiedere e, di conseguenza, l’atteggiamento nei loro confronti sarà identico con la stessa componente grave di errore.
La Cgil e la sua piccola ancella, la Uil, continueranno a chiedere a loro le stesse cose impossibili. Il problema è semplice: ammesso e non concesso che la sinistra non da sola, ma molto accompagnata tornerà al potere, si troverà nelle stesse condizioni di non potere fare nulla perché anche a loro occorrerà qualcosa che non hanno e che, peraltro, già non hanno avuto in passato quando hanno già avuto la responsabilità di governare.
Sotto la spinta della Cgil e della sua piccola ancella, sotto l’egida di Landini, si sta assistendo al ritorno di un fenomeno storico che è quello della cinghia di trasmissione con un rovesciamento di ruoli. Oggi è il sindacato della Cgil con la coda della sua sorellina minore a fare da cinghia di trasmissione per i partiti della sinistra. Si rovescia la formula classica che era quella del sindacato che faceva da cinghia di trasmissione dei partiti prestandogli un po’ di piazza per seguire le indicazioni della politica.
Ora i partiti della sinistra non possono fare altro che seguire la politica imposta dal sindacato di Landini e, quindi, diventano loro la cinghia di trasmissione della voce della Cgil. Siamo, pensateci, al ribaltamento del vecchio schema quando la Cgil si muoveva nel solco tracciato dal Pci che faceva quello che doveva fare la politica ovviamente incrociandosi nel sindacato anche con personalità complesse e di grande carisma come quella di Di Vittorio che sapevano ritagliarsi ambiti di autonomia vera.
Eccezioni a parte la linea, per capirci, la dava Botteghe Oscure mentre oggi tutto ciò non è più possibile per un evidente scadimento della classe dirigente politica che ne ha raccolto l’eredità, ma anche per altrettante evidenti situazioni di contesto totalmente differenti. Se il Pd senza anima e senza idee devia dalla confusione demagogica di Landini, i Cinque stelle sono pronti a saltargli intorno alla gola, ma se sono gli ex grillini a deviare dal percorso dello sciopero politico della Cgil sarà il Pd a saltargli intorno alla gola.
Tutto questo, ahinoi, rafforza la leadership politica di Landini e fa sì che il sindacato diventi un partito che ovviamente non è neppure più il partito degli operai. È il partito dei pensionati legati al vecchio mondo del comunismo e a un po’ di cascami sessantottini riuniti che girano intorno.
Fanno a gara i partiti della sinistra a chi porta prima in Parlamento la proposta demagogica di Landini che continua a chiedere posti che non ci sono per la scuola e la sanità invece di fare, come dovrebbe fare una vera classe dirigente politica, una riflessione seria sul rischio capitale della recessione europea da evitare, con il terzo trimestre del Pil in negativo dello 0,1%, che si traduca in una proposta politica di sistema Paese. Una proposta collettiva condivisa con gli alleati che contano in modo da farla vincere in Europa dove i soldi ci sono e devono venire fuori invece di inseguire, in modo imbarazzante, un sindacato che si occupa solo di chiedere spesa pubblica nel paese più indebitato di Europa.
Per fortuna, la Cisl di Sbarra questo giochetto molto pericoloso proprio per i lavoratori lo ha capito e, nonostante abbia una grande forza proprio nel pubblico impiego, ha il coraggio di mettere al centro l’industria e la politica economica esprimendo per spessore politico e visione di insieme la forza della Cisl di Pastore e di Carniti. Si punta oggi come allora a ridurre le diseguaglianze e a creare sviluppo. Perché difendere davvero i lavoratori, significa evitare, contando dove si deve contare, quella recessione europea che li manda a casa o li condanna a tenere livelli di salari insostenibili o, peggio ancora, priva i giovani di una prospettiva seria di lavoro in casa propria.
Landini è un prodotto del post ’68 ed espressione di uno stato di agitazione che non sa fare altro che questo. È un prodotto a mezza strada tra il post ’68 e il talk della propaganda demagogica che è proprio il palco da cui Landini è stato lanciato catapultandolo in modo più o meno consapevole nel quadro di una recessione europea di cui nessuno parla. Che può essere curata con una massiccia dose di investimenti pubblici produttivi europei non di certo fabbricando in casa spesa pubblica assistenziale o raccontando le solite favole della lotta all’evasione fiscale che, se non altro, ancorché sacrosanta, non deve essere così facile attuare, visto che sono cinquant’anni che se ne parla e nessuno combina mai davvero nulla di serio. Se tutto ciò accade sempre, qualche ragione ci dovrà pure essere.
Perché non spostare in Europa la battaglia italiana operando per una volta tutti insieme, maggioranza e opposizione, imprese e sindacati, per ottenere lì quella spesa pubblica produttiva europea di cui l’Italia più di tutti e prima di tutto ha bisogno? Finiamola di fare politica con le piazze e di vendere politica comprando voti con la distribuzione di bonus e mancette spacciandole per riforme fiscali. O, magari, sprecando tempo prezioso per fare finta di alimentare gli eterni flussi corporativi spostando da qui a là qualche spicciolo che non cambia nulla. Per una volta siamo seri o almeno proviamoci.
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