Boris Johnson, Mario Draghi, Emmanuel Macron e Joe Biden
6 minuti per la letturaFinché c’è Draghi il Paese tiene perché Draghi assorbe i contraccolpi dei giochini, ma il mondo si chiede sempre di più che cosa succederà il giorno dopo in cui Draghi non ci sarà. Ma è davvero così difficile oggi capire che la partita degli schieramenti internazionali è tra le democrazie occidentali e il mondo autocratico e che proprio l’entità delle questioni in gioco rende miserevoli queste dispute quotidiane di infima serie? Lo vogliamo capire o no che ci tolgono tutto o quasi, alla prima occasione, se non siamo capaci di spendere subito e bene i soldi del Pnrr e che non possiamo ancora cincischiare con l’ultimo sindaco che non partecipa ai bandi o con l’ultimo segretario politico che fa harakiri sui balneari? Dalla prospettiva di essere una delle guide di testa che salva l’Europa dalla deriva a deriva dell’Europa che sopravviverà. Francamente è davvero troppo
Ha fatto bene il governo a mettere la fiducia sul decreto Ucraina. Perché di fronte alle follie quotidiane grilline e salviniane non si può fare altro. È l’unico modo per smascherare chi vuole fare la crisi senza prendersi le proprie responsabilità. Non si può andare avanti con il “sì, sì, ma, forse”. Sull’uso delle armi come sui balneari con accordi più o meno del piffero che sembrano raggiunti, ma poi li si vuole ridiscutere per farne altri ancora sempre del piffero.
Fra tutti questi gentiluomini del nulla rumoroso c’è qualcuno che almeno riesce a rendersi conto che la crisi internazionale si sta ispessendo con l’attacco di Orban al sistema europeo che coincide con il suo discorso di insediamento. Dove il punto più “qualificante” del ragionamento è che l’Europa è in crisi, anzi al tramonto, o che noi dobbiamo essere contro questa Europa che vuole sostituire le popolazioni cristiane con popolazioni di immigrati. Oppure assistiamo all’autocrate Erdogan che pontifica contro Svezia e Finlandia perché sono portatori di terrorismo e, forse, sta solo trattando perché si tolga il veto alle esportazioni delle armi dei turchi.
Viviamo il momento della dispersione con un ministro dell’economia tedesca che dice chiaro e tondo che i problemi energetici sono diversi da Paese a Paese e che lo sforzo del Next Generation Eu non è ripetibile proprio perché la situazione della pandemia uguale per tutti è irripetibile e, quindi, invita – sbagliando – ognuno a fare la sua parte per conto proprio. E di certo non c’era bisogno di queste dichiarazioni per capire che dall’Europa sono con le pistole puntate contro l’Italia pronti a sparare se dimostra di non sapere spendere ciò che si è impegnata a spendere o se non è capace di fare le riforme di struttura che si è impegnata a fare e che servono all’Italia più di quanto possa interessare all’Europa che l’Italia le riforme le faccia o no.
Diciamocelo chiaro. Questo è il momento in cui l’Italia deve dimostrare di avere un governo stabile autorevole, rispettato in casa e fuori, altrimenti il governo e, cosa ancora più grave, l’Italia verranno riconosciuti per quello che sono e, cioè, l’anello debole della catena. Ciò che davvero impressiona è che oggi quasi nessuno tra i capi partiti e gli opinion leader che occupano in pianta stabile lo schermo televisivo italiano sembra rendersi conto della distanza siderale che separa questi giochini della politica italiana da un contesto internazionale sempre più complicato. Mentre i generali di Mosca ammettono financo alla tv di Stato russa che sul campo la situazione è messa davvero male, il nostro asfittico dibattito televisivo nazionale non riesce neppure a dare questa notizia. Dimostra giorno dopo giorno tutta la sua inadeguatezza rispetto all’aggravarsi della situazione.
In questo contesto di confusione di ruoli e di mistificazione permanente della realtà può capitare che Salvini va da Draghi e dà pieno appoggio sull’uso delle armi, ma il giorno dopo vuole parlare di pace come se l’intervento militare già deciso non rientrasse dichiaratamente in un percorso di costruzione di pace e ovviamente ritorna in scena un nuovo vertice di centrodestra. Con un Berlusconi che fa le giravolte su Putin in meno di 24 ore e mentre tutto degrada immancabilmente verso un dibattito pubblico e specificamente politico che è osceno.
Viceversa oggi è il momento giusto dello scatto di reni di chi ha ancora un po’ di sale in zucca. Se prosegue questo dibattito del nulla fatto di giochini si marcia verso il disastro. Questo i leader politici italiani lo devono capire una volta per tutte perché il mondo in subbuglio ci guarda. Ora Draghi mette la fiducia e si va avanti, ma continuando così questi leader politici dovrebbero almeno rendersi conto che stanno condannando il Paese a una situazione in cui finché c’è Draghi il Paese tiene perché Draghi assorbe i contraccolpi dei giochini, ma il mondo si chiede sempre di più che cosa succederà il giorno dopo in cui Draghi non ci sarà più e, sul piano interno, anche le menti più avvertite cominciano a chiederselo perché percepiscono il rischio reale del disastro italiano e dell’isolamento nello scenario internazionale. Al punto che non manca chi tra le forze politiche, e bisogna riconoscere che con caratteri diversi Letta, Calenda, Renzi mostrano più consapevolezza, si spinge a chiedere un “sequestro politico di persona”, inteso come Draghi, anche per il dopo elezioni teorizzando una versione 2.0 del 18 aprile del ’48.
Ma è davvero così difficile oggi capire che la partita degli schieramenti internazionali è tra le democrazie occidentali e il mondo autocratico e che proprio l’entità delle questioni in gioco rende miserevoli queste dispute quotidiane di infima serie? È così difficile rendersi conto anche per personalità politiche di talento come la Meloni che non è più tempo di posizionamenti tattici ma piuttosto di dare garanzie che nascono da assunzioni di responsabilità comuni?
Ci permettiamo di ricordare a tutti questi signori che siamo gli ultimi in termini di recupero di prodotto interno lordo (Pil) a fine 2023 con una crescita superiore dell’1,1% rispetto al 2019 mentre l’eurozona cresce del 3,4% e, cioè, tre volte e mezzo più di noi, rispetto alla stessa data. Lo vogliamo capire o no che ci tolgono tutto o quasi, alla prima occasione, se non siamo capaci di spendere subito e bene i soldi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) e che non possiamo ancora cincischiare con l’ultimo sindaco che non partecipa ai bandi o con l’ultimo segretario politico che fa harakiri sui balneari? Che non possiamo permetterci di incendiare una riforma abilitante del Pnrr per puro analfabetismo? O questo asse grillino-leghista della politica italiana completamente miope si sveglia e capisce che bisogna affrontare uniti e innovando le sfide inedite di una situazione globale tutta nuova che porterà a un nuovo ordine mondiale oppure avremo non l’Italia porta del Mediterraneo per l’Europa ma il bradisismo italiano verso il Mediterraneo.
Un bradisismo economico che non solo ci toglie dal plotone di testa della nuova Europa ma ci spinge proprio fuori tutti insieme dall’Europa e da quello che ne sopravviverà. Dalla prospettiva di essere una delle guide di testa che salva l’Europa dalla deriva a deriva dell’Europa che sopravviverà. Francamente è davvero troppo.
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