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Mario Draghi e Ursula Von der Leyen

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Il primo effetto collaterale delle sanzioni di Europa e Stati Uniti alla Russia è l’aumento ulteriore del prezzo delle materie prime, il secondo riguarda le banche e le compagnie che chiedono alle imprese più garanzie per il cash e per la assicurazione del credito. Le imprese non possono fare altro che tagliare il business perché non possono prendere nuovi clienti in quanto non hanno più il cash per fare investimenti. Figuriamoci che cosa potrebbe succedere senza il cessate il fuoco e la nuova recessione mondiale alla piccola Italia. Che di tutti i Paesi europei è il più dipendente per le materie prime. Troviamo il punto di incontro possibile fino a quando è ancora possibile perché l’alternativa è la catastrofe e lasciamo lavorare in pace Draghi che ha la stima di Zelensky e il rispetto di Putin

Facciamo di tutto affinché Putin e Zelensky firmino la pace sulla guerra in Ucraina perché i morti dell’economia rischiano di essere superiori a quelli sul campo di battaglia. La serietà della posizione italiana che ricalca la dignità di De Gasperi quando invocava la Comunità europea di difesa per consolidare la pace nel mondo ha l’apprezzamento dell’Ucraina che vuole l’Italia di Draghi come garante e il rispetto di Putin che negozia con l’Italia di Draghi che ha saputo prendere la posizione giusta al momento giusto.

Il Paese ha il suo nuovo De Gasperi di cui ha vitale bisogno e la miseria politica delle nostre demagogie eviti per piacere di esporre l’Italia a una figuraccia mondiale che ci farebbe ripiombare nella solita crisi di credibilità. Oggi un cessate il fuoco immediato è l’unica soluzione possibile per scongiurare la grande recessione mondiale. Troviamo il punto di incontro possibile fino a quando è ancora possibile perché l’alternativa è la catastrofe. Altrimenti avremo la nuova Lehman Brothers delle materie prime e l’economia italiana salta.

Il gas sale a 120 euro a megawattora perché fa più freddo nel mare del nord e si produce meno gas per fare elettricità cosicché il prezzo passa da 110 a 120 mentre nello scenario tradizionale si sarebbe ipoteticamente passati da 18 a 19. Insomma: un punto contro dieci. Parliamo molto di guerra in Ucraina e degli effetti che ha sulla nostra economia, ma oggi ancora prima paghiamo il conto di un suicidio collettivo che ha spinto grandi produttori e troppi Stati a esagerare a parole nella “deviazione rinnovabili” che in quarant’anni di investimenti riesce a soddisfare in Italia il 17% della domanda di energia elettrica spendendo tra i 10/12 miliardi l’anno di incentivi spostati ora, peraltro, interamente sul debito pubblico. Si è fatto tutto questo per un equivalente di 8 miliardi di metri cubi di gas e, cioè, di quasi niente.

Diciamo le cose come stanno. Da almeno un decennio gli Stati europei e i grandi produttori energetici hanno smesso di investire in capacità produttiva perché i prezzi erano bassi e le politiche climatiche disincentivavano a farlo. Il primo colpevole sono stati i grandi gruppi finanziari che hanno esercitato sulle società di cui sono investitori il peso della loro preferenza per i criteri di sostenibilità. La pressione di BlackRock come dei suoi tanti confratelli e consorelle su Eni o Enel come su Shell e le altre major energetiche ha prodotto questi risultati. Si è costruito il prodotto finanziario di moda che è quello del green venduto per il discorso climatico di autosufficienza energetica (quanti soldi ci hanno fatto e ci fanno olandesi, norvegesi, e così via). Con il processo di elettrificazione indicato come soluzione di tutto e, al colmo della beffa, come soluzione di maggiore autonomia.

Siamo arrivati a ignorare perfino le regole fisiche del meteo e i contraccolpi di vento e sole. Non li abbiamo messi nel conto. Purtroppo, anche se come tutti auspichiamo che cessi la guerra, restano le sanzioni che hanno come effetto collaterale un comparto delle materie prime oggetto di grave carenza di liquidità. Siamo e rischiamo di restare in una situazione di illiquidità, di estrema volatilità, che imprese e consumatori non sono in grado di gestire. Perché con questi prezzi delle materie prime, in particolare per le imprese energivore e agro-alimentari, banche e assicurazioni chiedono un ammontare di garanzie ancora superiore a quelle già onerosissime dello scorso anno.

Le imprese non possono fare altro che tagliare il business perché non possono prendere nuovi clienti in quanto non hanno più il cash per fare investimenti, continuare a creare ricchezza e lavoro. Un rotolo di acciaio prima costava 3 mila euro a tonnellata oggi 8. Il business è rimasto uguale, ma sui tetti delle imprese è caduta la bomba della Lehman Brothers delle commodity come secondo effetto collaterale delle sanzioni di Europa e Stati Uniti alla Russia. Il primo è l’aumento ulteriore del prezzo delle materie prime, il secondo riguarda le banche e le compagnie assicurative che chiedono alle imprese più garanzie per il cash e, ancora di più, per la assicurazione del credito.

La materia prima è rara, scarseggia già oggi la liquidità, siamo a una situazione di illiquidità. Il petrolio prima della guerra era a 90 dollari, oggi oscilla tra i 110 e i 120. L’Italia ha da tempo dichiarato lo stato di allerta preventiva sul gas, da ieri lo hanno fatto anche Germania e Austria. L’Europa, Italia e Germania in primis, fanno i conti con la amara realtà frutto delle loro “deviazioni culturali”: la Russia ha acquisito il controllo del comparto delle materie prime e questa è la sua grande forza; la logistica del mondo è in mano alla Cina. Se l’Occidente vuole tornare a contare deve tornare ad avere un minimo di struttura industriale in proprio e deve smetterla di delocalizzare ovunque. La sfida è la nuova reindustrializzazione su scala europea in modo coordinato.

Nel frattempo i conti ci dicono che il Def italiano slitta di una settimana per l’errore di calcolo dell’Istat, ma una previsione di crescita che passa dal 4,7 al 2,8% significa almeno 35 miliardi tondi tondi di mancata crescita. Almeno. Siamo al primo conto, quello iniziale, degli effetti della nuova Lehman delle materie prime. Figuriamoci che cosa potrebbe succedere senza il cessate il fuoco e la nuova grande recessione mondiale alla piccola Italia. Che di tutti i Paesi europei è il più dipendente per le materie prime dallo Stato aggressore, la Russia, e dallo Stato aggredito, l’Ucraina. Fermiamo la guerra perché dobbiamo salvare vite umane, il genocidio di donne e bambini e la distruzione delle città sono crimini che non devono appartenere a questo mondo. Usiamo tutto il realismo politico possibile perché con il cessate fuoco dobbiamo fermare subito la nuova Lehman delle materie prime che semina tempesta e produce morte in economia. Fermatevi, per piacere!


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