Vladimir Putin
5 minuti per la letturaIl problema dell’Italia di oggi è dentro un problema mondiale di cui nessuno conosce le effettive dimensioni. Il punto non è lo scostamento di bilancio, ma l’adeguatezza della risposta. Il punto non è parlare di recessione, ma fare tutto ciò che è possibile per scongiurarla. Questo vale in Italia come in Europa. Il punto è rendersi conto che Putin non vuole la pace e, quindi, bisogna difendere l’Ucraina e con essa i valori fondanti europei e italiani, ma bisogna evitare di mettere noi europei e loro americani benzina sulla guerra e puntare sul ruolo della Cina. La bussola di ciò che Europa e Stati Uniti stanno facendo non può essere cedere a Putin, ma metterlo nelle condizioni di trovare una soluzione realistica di interesse comune togliendogli però la terra sotto i piedi. Cosa che in realtà sta già avvenendo con un esercito screditato, un’economia allo stremo e una credibilità a pezzi. Attenti a rifare un muro nel cuore dell’Europa perché quel muro è l’architrave che tiene in piedi il suo edificio. Che invece sarà il suo popolo prima o poi a buttare giù
Che cosa serve al Paese in questo momento? Tenere i nervi saldi, affrontare i problemi e evitare di fare sceneggiate. Questo è il problema dell’Italia di oggi dentro un problema mondiale di cui nessuno conosce le effettive dimensioni. Il punto non è lo scostamento di bilancio, ma l’adeguatezza della risposta. Il punto non è parlare di recessione ma fare tutto ciò che è possibile per scongiurarla, preservando i margini di crescita possibili. Questo vale in Italia come in Europa.
Il punto è capire la lezione del green pass che ha fatto da battistrada in Europa, ma soprattutto ha consentito all’Italia di riaprire prima la sua economia in sicurezza. Il punto è affrontare l’emergenza energetica e alimentare, ma a differenza del passato fare scelte che rendano la diversificazione delle fonti e la conseguente riduzione delle dipendenze un fatto acquisito in un tempo relativamente breve, soprattutto certo e riscontrabile. Il punto è di rendersi conto che Putin non vuole la pace e, quindi, bisogna difendere l’Ucraina e con essa i valori fondanti europei e italiani, ma bisogna anche evitare di mettere più o meno consapevolmente noi europei e loro americani benzina sulla guerra. Il punto è che per trattare la pace di cui tutti hanno bisogno, occorre essere credibili e le carte migliori da giocare per ragioni differenti le hanno i cinesi e gli americani. Il lavoro silenzioso fatto a Roma perché il dialogo tra di loro si intensifichi, può produrre a tempo debito i risultati che servono.
Questo significa occuparsi del presente senza mai perdere di vista il domani. Bisogna seguire la strada del realismo ancora di più fuori che in casa. Se il governatore della Federal Reserve, Powell, alza i tassi dello 0,25% invece dello 0,50 per contrastare l’inflazione e tenere conto dell’incertezza, il realismo potrebbe suggerirgli molto presto che il rallentamento della crescita mondiale viene prima dell’emergenza inflazione. Ancorché in America il problema dei prezzi sia reale e dipende non dal caro energia ma dai troppi soldi che sono stati messi nelle tasche degli americani e anche di chi solo passava di lì. Se la presidente della Bce, Christine Lagarde, nel suo discorso più importante di politica monetaria a Francoforte nella giornata di ieri, dice “faremo di tutto per evitare il rallentamento” e aggiunge “siamo entrati in una terra sconosciuta”, vuol dire che la bussola dei mercati come dell’economia e della geopolitica non può che essere il realismo.
Non bisogna cedere alla logica del ripristino della guerra fredda perché dietro questa logica c’è la sopravvivenza di Putin.
Perché questa logica non porta da nessuna parte in quanto la bussola di ciò che Europa e Stati Uniti stanno facendo non può essere quella di cedere a Putin, ma di metterlo nelle condizioni di trovare una soluzione realistica che consenta di raggiungere un punto di interesse comune togliendogli però la terra sotto i piedi. Cosa che in realtà sta già avvenendo, ma che in troppi non vogliono vedere.
Bisogna fare in modo che anche al popolo russo sia chiara la follia di Putin e quello che è stato capace di determinare per loro con questa follia. Al momento i dati di fatto sono tre: 1) Putin non ha un esercito militare all’altezza delle fanfare da lui suonate; 2) è evidente a tutti che dietro di lui non c’è una superpotenza economica, ma piuttosto un’economia fragile con uno Stato tecnicamente fallito e sotto attacco da tutti i punti di vista; 3) Putin non ha più nessuna credibilità internazionale perché ha fatto uccidere donne e bambini in modo scellerato e senza senso.
Questo conto prima o poi Putin lo pagherà. Saranno il suo popolo e, alla fine, anche il suo gruppo dirigente tecnocratico a chiedergliene conto. Nel frattempo bisogna evitare che il circuito perverso della sfiducia e delle aspettative tradite blocchi le economie europee più di quello che le difficoltà di approvvigionamento e il rischio inflazione hanno già determinato. Nel frattempo bisogna, ancora di più, evitare che il gioco degli annunci, le difficolta delle diplomazie e gli interessi in gioco si attorciglino e ci conducano senza vera consapevolezza alla catastrofe della guerra completa.
Questo significherebbe rifare il muro nel cuore dell’Europa di cui ha parlato Zelensky. Che, in realtà, è proprio il muro che vuole ancora Putin perché dietro quel muro ci sarebbe ancora lui. Perché quel muro è l’architrave che tiene in piedi il suo edificio. Senza il muro il dittatore russo sarà fatto fuori in casa e il cammino della storia porterà i suoi risultati.
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