Vladimir Putin
8 minuti per la letturaQuesta stagione della nuova Europa della coesione ha bisogno di un esercito comune, di una politica di sicurezza e estera comuni. C’è bisogno di un’Europa che assuma atteggiamenti comuni visibili anche all’esterno. Tirarsi indietro in un momento come questo facendosi risucchiare dalle spinte nazionaliste sarebbe la fine. Romania, Polonia, Ungheria devono “decisamente decidere” come stare in Europa. Il processo, però, va guidato e gestito. Il ruolo europeo si deve esprimere con la creazione di nuove strutture comuni e di un nuovo patto di stabilità europeo che guardi alla crescita, alla spesa in tecnologia e in sicurezza, alla riconquista delle avanguardie di ricerca con progetti comuni e alleanze comuni tra Paesi europei. Tagliare fuori la Russia in modo sostanziale dal sistema di pagamenti internazionali (Swift) in presenza di una sua offensiva militare totale, può diventare davvero l’unica arma di guerra negoziale che l’Europa ha per fare emergere le proteste degli oligarchi russi e della comunità sovietica che non ne può più
La guerra in Ucraina è l’ultimo atto della strategia economico-militare di Vladimir Putin che vuole riscrivere i confini europei fuori da ogni regola democratica e si muove a tutto campo da autocrate alla guida di una violenta superpotenza. Una strategia terribile che è avanzata negli anni in un silenzio generale che oggi fa paura. Putin è riuscito prima, tagliando i quantitativi di gas e petrolio esportati per aumentare i prezzi, a farsi finanziare da italiani e tedeschi la guerra in Ucraina contro un Stato sovrano libero che ai suoi occhi ha le colpe imperdonabili di avere scelto la libertà, l’Europa e la Nato. Persegue, con capillare determinazione, usando le armi del business e dell’intelligence un disegno militare di annessioni progressive che tende a ricostruire il vecchio impero sovietico. Vuole dichiaratamente allargare l’area di influenza autocratica in Europa a spese del mondo libero e ignora sistematicamente la volontà delle comunità nazionali coinvolte.
Il parallelismo fatto quotidianamente dai media americani tra Putin e Adolf Hitler si nutre dei suoi atti di guerra che lo hanno portato prima a riconquistare la Crimea, poi pezzi della regione del Donbass e ora addirittura a dare l’assalto a Kiev con l’obiettivo di fare rientrare nella sua orbita un Paese-chiave come l’Ucraina. Che si estende su una dimensione pari a quasi tre volte l’Italia e rappresenta storicamente il granaio d’Europa e la base economica strategica con asset industriali e energetici del vecchio impero sovietico. Che è popolata da una comunità di circa 40 milioni di persone che hanno scelto con determinazione la strada della democrazia e dell’Europa libera in una posizione geograficamente decisiva sul piano territoriale.
Nessuno in buona fede può ragionevolmente escludere che molto presto Putin voglia ripetere il copione dell’orrore della guerra su quadranti altrettanto strategici come quelli dei Paesi baltici e che voglia fare sentire il fiato sul collo di Paesi già entrati nell’Unione europea come Polonia e Ungheria ancorché ancora borderline in tema di diritti civili e di regole di mercato. Putin può sferrare l’attacco alla Europa e al suo cuore democratico con un prodotto interno lordo inferiore del 20% a quello italiano perché sfrutta le ignavie della classe politica e gli errori della classe dirigente del Vecchio Continente nei settori strategici dell’energia e della difesa.
Un Vecchio Continente che è ancora il primo mercato di consumi al mondo e ha finalmente una moneta unica politicamente apprezzata sui mercati, ma non è diventato gli Stati Uniti d’Europa e subisce gli scavalcamenti sovietici e cinesi, oltre che americani, sulla leadership negli asset industriali, tecnologici e di ricerca di contenuto strategico. Siamo di fronte alla minaccia dell’espansionismo sovietico e del nuovo equilibrio dei rapporti internazionali che può portare a fare della Russia per la Cina quello che è stata a lungo l’Inghilterra per gli Stati Uniti e spostare, dunque, l’asse del nuovo ordine mondiale addirittura a favore delle economie e dei Paesi che non sono liberi.
Non sappiamo che piega prenderà la guerra in Ucraina e continuiamo a sperare che quella finanziaria attuata giustamente dal mondo intero contro la Russia fino a stremarla induca Putin al cessate il fuoco, ma quello che è certo è che in questo caso o in quello di una lunga guerra gli equilibri del mondo cambieranno e produrranno effetti che durano nel tempo. Di fronte a tutto ciò che fa l’Italia? Perde tempo con l’operazione trasparenza del catasto oppure si mette a litigare sulle concessioni regalate ai balneari. Riusciamo perlomeno a capire che il gioco si è fatto duro e che i duri devono cominciare a giocare, non quelli che vanno nei talk show?
In questa situazione nuova con una Germania sempre più al centro della scena, la permanenza di Draghi alla presidenza del Consiglio potrebbe rivelarsi la fortuna sua e dell’Italia. Perché da qui può entrare nel gruppo di comando della nuova Europa, invece dal Quirinale non avrebbe potuto mai farlo. Parliamo di quella Europa solidale da costruire che circonda con una cortina di ferro la Russia aggressore e la isola dal mondo produttivo e finanziario occidentali. Anche De Gasperi potremmo dire che ha avuto il lancio con la guerra fredda perché se non c’era la guerra fredda sicuramente avrebbe avuto molte più difficoltà. Perché è in quella stagione che De Gasperi ha l’intuizione di capire che l’Italia deve schierarsi da una parte e può giocare un ruolo solo se è in quello schieramento americano, non se resta a bagnomaria.
De Gasperi fa tutto ciò senza essere capito e senza nemmeno spiegarlo perché all’epoca non si poteva dire, ma lo fa perché capisce che c’è un mondo diverso con cui si deve fare i conti. È il primo De Gasperi a rendersi conto che l’Inghilterra non è il futuro, ma che gli Stati Uniti sono il futuro. Quando finì la seconda guerra mondiale tutti ritenevano che l’Europa sarebbe stata “governata” dall’Inghilterra, alla quale gli Stati Uniti avrebbero subappaltato l’Europa. Lui capisce che non è così e capisce che gli Stati Uniti avrebbero direttamente preso la guida dell’Europa. Ci sono più di una affinità con i fatti di oggi e il posizionamento strategico dell’Italia all’interno della alleanza atlantica. Per capire come si arriva a questi fatti di oggi è bene ricordarsi l’inizio della storia europea. Che ci racconta che ai tedeschi la politica estera viene riconcessa solo dal 1955 e che la svolta avviene con il trattato dell’Eliseo del gennaio del ’63.
Segna l’inizio di un nuovo mondo. Esattamente come oggi la guerra sporca della Russia in Ucraina segna l’inizio di un nuovo mondo dai contorni ancora da definire, ma in forte cambiamento. Potremmo avere una Cina che si “mangia” la Russia e si torna al bipolarismo tra Asia e mondo Occidentale. Oppure avremo il tripolarismo o multipolarismo che verrebbero rilanciati da un’Europa che non c’era più e che potrebbe ritornare. Parliamo di un’Europa che con una Germania liberata dai suoi tabù e affiancata da Francia e Italia non è più puramente l’appendice degli Stati Uniti. Questo potrebbe fare gioco anche alla Cina perché nella Nato l’Europa non sarebbe più la depèndance degli Stati Uniti e la Russia dovrebbe fare i conti con il suo errore storico di mettere tutto in spesa militare rinunciando alle grandi sfide dell’economia e ripetendo lo stesso identico schema che portò alla dissoluzione dell’Unione sovietica. Sembra riecheggiare la vecchia idea di Stalin che quando gli dissero che il Papa non era d’accordo con lui, replicò seccamente: quante divisioni militari ha il Papa? Putin ha pensato al gas e al petrolio per fare soldi e comprare più carri armati e più missili e/o fare ricchi gli oligarchi che sono l’emblema del capitalismo di rapina dove tutto diventa lusso, non creazione di valore.
La grande differenza tra Russia e Cina nel nuovo mondo è che a nessuno di noi viene in mente di comprare il telefonino russo, un sistema di robot russo, un computer russo, una macchina di precisione russa mentre, al contrario, la Cina ha investito in tecnologia e compete nei primati dell’eccellenza industriale con Stati Uniti e Europa. Putin ha ripetuto l’errore di Stalin, la Cina non ha ripetuto l’errore di Mao e vuole vendere i suoi prodotti di qualità al mondo libero. Questa Cina ha oggi, forse, l’arma tecnologica per fare capire a Putin come stanno le cose e spingerlo ad ammettere di avere sbagliato tutto, ma bisogna farglielo capire a ogni costo, con le buone e con le brutte. Con le armi della psicologia e con quelle delle sanzioni economiche.
L’Europa e il mondo di oggi non si possono permettere un nuovo Hitler. Noi restiamo della convinzione che a salvarci sarà l’arma totale delle sanzioni economiche che costringerà Putin alla resa. Che le sanzioni economiche faranno oggi quello che fecero i bombardamenti sulla Germania di Hitler. Almeno ce lo auguriamo. Draghi ha fatto la scelta giusta al momento giusto collocando l’Italia dalla parte della storia pur essendo ben consapevole degli effetti collaterali che queste sanzioni economiche alla Russia producono sulla economia italiana. Sono le scelte di chi guida con onore un grande Paese e ha la visione per guardare lungo. Che ha l’esperienza e la cultura internazionale per scegliere la strada giusta.
Crediamo che oggi Draghi abbia bisogno in casa di un gruppo di persone che lo aiutino a capire e a dialogare con il Parlamento e a metterlo sempre più in sintonia con i cittadini. Forse, anche a fare una riflessione sul mondo di prospettiva più larga di quella che arriva dai diplomatici e dalla politica e che appartiene al suo bagaglio di esperienze e di cultura. Ha bisogno di una visione della forza di De Gasperi che nei venti anni del fascismo essendo suo malgrado libero dal problema del fare e del gestire ha potuto riflettere sul mondo e ragionare su come va la storia. Draghi è la carta estrema del Paese, il mondo ne è più consapevole di quanto lo sia l’Italia, non si può consentire di farla bruciare da uomini che sono vissuti sempre nei salotti del potere e non sanno che cosa è la vita delle persone.
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