Vladimir Putin
6 minuti per la letturaIl blocco delle riserve della banca centrale russa è stato tanto inatteso quanto potente. Ha sterilizzato l’arma finanziaria di Putin. Lo scudo che si era costruito con i soldi degli italiani e dei tedeschi non esiste più. Quindi il rublo va a gambe all’aria e la Banca centrale non ha potuto fare altro che alzare i tassi dal 9,5 al 20% Sono tassi da guerra e sono la conseguenza del fatto che la Russia ha perso il suo arsenale finanziario. La Borsa ha chiuso e non si sa quando riapre, il Pil del secondo trimestre perderà il 20% e la prima banca del Paese, Sberbank, ha visto tecnicamente fallire la sua consociata europea. Per cui Putin non ha vinto la guerra sul campo in Ucraina, e farebbe bene a ridurre pretese e diffidenze al tavolo della trattativa, ma sta perdendo di sicuro la guerra finanziaria.
L’Europa e l’Occidente hanno reagito tardi, lentamente, ma poi lo hanno fatto e lo stanno facendo seriamente. Putin è riuscito nel miracolo di far fare all’Europa quello che non aveva mai fatto. Perché con le armi inviate all’Ucraina e le sanzioni finanziarie ai russi non si scherza più. Il blocco di Swift, che è il circuito dei pagamenti internazionali, è efficace ma parziale. Il blocco delle riserve della banca centrale è stato tanto inatteso quanto potente. Le manovrine di Putin su forniture di gas e prezzo per guadagnare di più e metterci in difficoltà prima della guerra o per rabbonirci a guerra iniziata fanno sorridere rispetto a quello che gli sta accadendo in casa.
Diciamo le cose come stanno. Il blocco delle riserve della banca centrale ha sterilizzato l’arma finanziaria di Putin. Lo scudo che si era costruito con i soldi degli italiani e dei tedeschi attraverso il caro bolletta si è ridotto dalla sera alla mattina almeno della metà. Perché su 643 miliardi di riserve 145 sono in oro (21,7%) e 90 sono a Pechino (13,8%), ma il resto si trova in Francia, Giappone, Germania e Stati Uniti e lì il congelamento scatta all’istante. Fa molto male. Almeno la metà di queste riserve è andata in fumo in un giorno.
Queste risorse sono riserve che servono per stabilizzare il cambio del rublo o per pagare e garantire i pagamenti delle importazioni. Il punto è che la Banca centrale russa non le può più usare queste risorse e, quindi, il rublo va a gambe all’aria. Quando vedi che la tua valuta si sta svalutando la banca centrale compra la sua valuta per sostenerla, ma per comprare deve avere una controparte e se non può usare le sue riserve all’estero non ha la controparte e si blocca. La Banca centrale russa non ha potuto fare altro che alzare i tassi dal 9,5 al 20%, sì, avete capito bene. Sono tassi da guerra e sono la conseguenza del fatto che la Russia ha perso il suo arsenale finanziario. Per cui Putin non ha vinto la guerra sul campo, e farebbe bene a ridurre pretese e diffidenze al tavolo della trattativa, ma sta perdendo di sicuro la guerra finanziaria.
Il prodotto interno lordo (Pil) della Russia nel secondo trimestre avrà un calo del 20%, sì, anche qui avete capito bene, ma c’è molto di più perché la forza di un’economia si vede dalla sua valuta. Quando il rublo ti crolla del 30% al giorno vuol dire che c’è una crisi valutaria. Vuol dire che siamo alla fuga di capitali e al si salvi chi può. Tanto è vero che tutti corrono allo sportello per prendere i soldi. Che la Borsa è stata chiusa tutto il giorno e, per un po’, non la riapriranno. Che la prima banca della Russia e dell’Europa dell’Est, Sberbank, ha la sua controllata “Sberbank Europe” con sede a Vienna che è andata a gambe all’aria. La vigilanza della Banca centrale europea lo dice con il suo consueto linguaggio usando queste parole “tecnicamente inevitabile il fallimento”.
È andata bene, è lo scenario di sanzioni che volevamo per bloccare l’autocrate Putin e la violenta superpotenza che attacca uno stato libero sovrano. Qualcosa di terribile e inaccettabile. Tutto quello che volevamo sta accadendo. Il punto è che ci siamo sotto anche noi. Non c’è ancora il blocco del sistema Swift per le banche del gas, ma è evidente che questa escalation di sanzioni rende comunque più difficile pagare il gas. Per capirci, con queste sanzioni selettive riusciremo ancora a pagare, ma tutti hanno paura a fare nuovi contratti per il gas ma anche per tutte le materie prime. Quelle alimentari infatti volano. Abbiamo una situazione di grande incertezza da quando la Russia ha invaso l’Ucraina perché ogni giorno sono arrivate sanzioni nuove e tutti si preoccupano.
Per l’Italia saremmo alla seconda puntata dopo la crisi pandemica e la conseguente crisi globale. Vanno rifatte tutte le gare del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e ne sarà inevitabile uno slittamento. Vanno rivisti tutti i piani di finanza pubblica. Diventa inevitabile uno scostamento di proporzioni ragguardevoli. Venerdì scorso il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha salvato l’Italia dall’abisso di una crisi di credibilità senza precedenti perché un Paese che si rispetti non può stare con la calcolatrice in mano del ragioniere mentre Putin devasta l’Ucraina. Resta il problema di come faremo noi più degli altri ad avere e a pagare il gas e il petrolio che ci servono essendo dipendenti netti dall’esterno per il 45% del fabbisogno energetico nazionale.
Siamo contenti che le due proposte fatte da questo giornale siano state accolte in pieno. Avevamo chiesto di sporcarsi le mani riaprendo all’istante tutte le centrali a carbone e lo stanno facendo. Avevamo chiesto di mettere su un aereo l’amministratore delegato dell’Eni Descalzi e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e di spedirli ad horas in Algeria. Perché da lì, dalla Libia, dal Nord Africa bisogna ripartire finanziando noi le estrazioni di gas come solo Putin aveva fatto in Russia rivelando in questo molta più intelligenza strategica dell’Europa e dell’Italia in particolare. Che avrebbe dovuto almeno preoccuparsi di frazionare la sua dipendenza in modo da dipendere non da uno ma almeno da più lazzaroni. Lasciamo perdere. Così come nessuno tra politici e burocrati vari si permetta più di porre paletti e imporre soste e stazioni corruttive nell’estrazione di tutto il gas estraibile che c’è in Italia e per la realizzazione di tutti i progetti di investimento nelle rinnovabili che sono tutti bloccati per ragioni burocratiche, mai tecniche.
Confidiamo che il buon senso prevalga e la trattativa tra Ucraina e Russia in un tempo ragionevole decolli. Che decolli almeno prima di dovere decidere di usare l’arma finanziaria atomica di tagliare fuori la Russia dallo Swift anche per le transazioni finanziarie del gas che avrebbe su di noi un impatto devastante in termini di produzione e di consumi. Come già detto: una nuova pandemia.
Perché se gli altri sotto l’acquazzone hanno come ripararsi noi siamo già senza coperture e con un debito sulle spalle che è passato dal 130 al 150% del Pil. Ci vogliono nervi saldi e mano ferma alla guida della barca italiana. Perché dobbiamo evitare di imbarcare troppa acqua prima che la politica monetaria espansiva della banca centrale ritorni sui suoi passi di uscita dagli acquisti superaccomodanti e il nuovo patto di stabilita europeo sia ancora sospeso. Bisogna imbarcare meno acqua possibile e fare le cose che dobbiamo fare. Meno male che c’è Draghi, che è di sicuro il timone migliore che potrebbe avere la barca di questo Paese, ma tutti si impegnino a capire la portata della partita in gioco e a fare la loro parte.
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