David Sassoli
6 minuti per la letturaL’idea politica originale della solidarietà sociale e, cioè, di un mondo in cui tutti si sostengono a vicenda. Che non si è neppure percepita. La Lega democratica di Scoppola e Ardigò e la Rosa Bianca di Giuntella maestro di Sassoli testimoniano il tentativo non riuscito dei cattolici in politica di superare la Democrazia Cristiana. Simboleggiano la fine dei grandi partiti che a differenza del dossettismo e del degasperismo non sono riusciti a riciclarsi negli ideali prima ancora che nell’organizzazione. Lasciando, purtroppo, campo libero ai populismi e ai sovranismi con il loro carico di egoismo e di autoritarismi in Europa e in Italia. Si farebbe bene a riflettere sul richiamo di Draghi alla lotta alle diseguaglianze partendo dalla scuola
David Sassoli era un cattolico di sinistra che aveva una caratteristica che lo accomunava al suo maestro politico e di vita Paolo Giuntella. Una caratteristica che la sinistra laica della doppia morale pratica poco. Uno spirito educatore che ti fa dialogare sempre con tutti, anche con il più acerrimo degli avversari portando rispetto. Uno spirito educatore che ti spinge ad abbracciare con più forza di prima un amico che ha una difficoltà senza nascondersi dietro il paravento del dimenticatoio della meschinità.
Quello spirito educatore che ha il garbo e il tratto gentile del Presidente del Parlamento europeo che non c’è più e che ha sempre messo la difesa dei deboli al primo posto perché esprime valori che sono dentro e non se ne vanno. Quello spirito educatore che non può non ricordarmi il faccione allegro e le guance rosse di Paolo Giuntella, per me un “fratello maggiore”, che anche lui non c’è più. Un ricordo che mi consente di risentire il suo “urlo” imperativo sul vespone bianco o intorno al tavolo di un’osteria romana: «Ricordati, la morte non ha l’ultima parola, hai capito?».
Appartiene a Sassoli come alla Rosa Bianca di Giuntella, ancora prima alla Lega democratica di Pietro Scoppola e di Achille Ardigò, ai Ruffilli e al mondo dei cattolici progressisti e dell’associazionismo, fino all’Ulivo di Romano Prodi, il grande sogno della casa politica della solidarietà. Che è l’Utopia. Che è una politica cattolica che difende i più deboli. Che supera la Democrazia cristiana e raccoglie in un’altra cosa l’eredità del dossettismo e del degasperismo diversi ma uniti dalla lotta alle diseguaglianze.
Se si vuole rendere omaggio con lealtà allo spirito civico e alla capacità di ascolto dell’uomo David Sassoli e al grande italiano al servizio dell’Europa e dei suoi cittadini, bisogna avere il coraggio di dire che la Lega democratica capostipite del suo impegno politico impersonifica il tentativo non riuscito di superare la Democrazia cristiana. Simboleggia la fine dei grandi partiti che non sono riusciti a riciclarsi negli ideali prima ancora che nell’organizzazione. Lasciando, purtroppo, campo libero ai populismi e ai sovranismi con il loro carico di egoismo e di autoritarismi.
Anche il Pd è stato, a suo modo, l’esempio di una fusione fredda. C’è stato un transito di classe dirigente che non è riuscita a portarsi dietro il suo mondo. La Dc si fondava sul fatto che esisteva un mondo cattolico, ma a un certo punto questo mondo cattolico così come era allora è finito. L’idea che quello che restava di quel mondo potesse proseguire altrove si è rivelata perdente. Poteva trasmigrare una classe dirigente, ma non poteva trasmigrare il retrostante di valori su cui era nata questa classe dirigente.
Fuori da quel contenitore il retrostante di valori si è frantumato, diviso in mille lidi, ha perso identità. Si è consumato il dramma della presenza pubblica dei cattolici che non c’è.
Dalla Lega democratica fino a Enrico Letta, ultimo epigono di questa storia, c’è la dimostrazione palese che questa storia non riesce più a essere vivificatrice. Pensiamo anche a quello che è successo a Prodi o a Andreatta. Hanno fatto moltissimo. Hanno fatto pezzi importanti di storia. Alla fine, però, si sono bruciati. Hanno fatto tutto quello che hanno potuto, ma sono rimasti vittime perché dovevano salire dietro un carro le cui redini le aveva un altro. A sua volta portatore di altri valori.
Sassoli ha fatto la fuga in avanti e si è proiettato sull’Europa. Ha cominciato la nuova storia, ma non è arrivato a un nuovo contributo fondativo all’altezza della tradizione forte democristiana. Capace, cioè, di generare una nuova forza politica anche se non più solo cattolica legata comunque a quella idea fondamentale dell’impegno dei cattolici in politica di inizio secolo e del secondo dopoguerra che è la solidarietà. Il grande sogno, l’Utopia appunto. L’idea originale di un mondo in cui tutti si sostengono a vicenda. Parliamo dell’idea che i nostri destini sono intrecciati in un disegno comune che non si è voluta accettare. Che, peggio, forse non si è nemmeno percepita perché non è mai stata presa nemmeno in considerazione.
Fanfani, Dossetti, in modo diverso De Gasperi, hanno espresso in modo compiuto l’idea politica con cui contrapporsi al liberalismo e al comunismo. Non volevano che la solidarietà sociale si trasformasse in solidarietà di classe, e hanno fatto la solidarietà sociale, hanno dato all’Utopia una prospettiva concreta. Questa idea, finita la stagione d’oro, ha avuto di volta in volta testa e gambe per la nobiltà delle singole persone che avevano dentro questo valori e hanno provato a farli camminare. A tratti anche riuscendoci. Il richiamo di Draghi alla lotta alle diseguaglianze partendo dalla scuola e l’idea compiuta di un’Europa federale e solidale entrano nel solco di questa nobile tradizione. Purtroppo il fossato scavato dai populismi e dai sovranismi con i servilismi reciproci di un mondo dell’informazione autoreferenziale e inadeguato fanno sì che nemmeno la pandemia e la tragedia che porta con sé facciano scattare una vera solidarietà sociale.
Perché il demos europeo non è ancora mai davvero nato, resta nella testa di un’avanguardia, determina scelte importanti come Next Generation Eu ma non conduce a cambiamenti strutturali di lungo termine. Il demos italiano è stato consumato e vilipeso da un federalismo regionale unico al mondo tanto egoista quanto miope. In Europa e in Italia populismo e sovranismi hanno potuto fare il loro indisturbati. Spesso con il favore ignobile delle élite. Sono i costi della laicizzazione dove i valori non esistono più. Perché esistono solo gli individui e i loro interessi particolari, nessuno sa più bene che cosa sia l’interesse generale. I diritti individuali hanno vinto sui doveri collettivi.
Questo ci dice la storia raccontandoci quanto amara è la sconfitta della politica. Anche se l’Italia resta il Paese europeo con il più alto numero di personalità di quell’Europa solidale dell’avanguardia che avremmo il dovere di fare diventare classe dirigente politica di lungo termine in casa e di promuovere e sostenere a livello europeo. Un cattolicesimo che sa parlare con i laici senza rinunciare ai suoi valori deve ritrovare la sua casa politica. Nel frattempo, mi piace pensare che di là, in Paradiso, con il suo sorriso indisciplinato il maestro Paolo ha cominciato a fare strani gesti all’allievo David e sta tuonando soddisfatto: «Avevo ragione io, la morte non ha l’ultima parola». Ai coristi, la fede è allegria, si rivolge con un ordine secco: meno lagne e più soul.
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