X
<
>

Il palazzo del Quirinale

Share
5 minuti per la lettura

Si trasforma la successione di Mattarella in una telenovela quotidiana e questo, oltre a misurare la pochezza del dibattito mediatico-politico italiano, davvero non giova a nessuno. Tutto diventa politica spettacolo da talk show. Siamo sempre dentro la stessa bolla mediatico-politica che è il primo dei mali italiani che sottrae tempo e visione per occuparsi di cose serie come il caro energia, gli investimenti pubblici, governance del Pnrr e fondi europei destinati al Sud. Purtroppo sembra prevalere in tutti i partiti l’idea che la cosa migliore che si può fare è congelare. Non scatta la scintilla con il governo di unità nazionale perché se fai fare a Draghi tutto quello che ha in mente i partiti si rendono conto che non contano più nulla. Se affidi a lui tutti i poteri poi fai fatica a mandarlo a casa. Allora devi congelare tutto. Sarà un caso, ma appena arriva in Italia un capo di governo che ha voglia di fare qualcosa, lo mandano sempre a casa

Siamo al rovesciamento dell’ovvio. Perché è ovvio che un leader politico chiama gli altri su un tema così delicato, ma tendenzialmente lo fa senza dirlo in pubblico. Lo fa e sta zitto. Nel momento in cui invece tu Salvini tanto per non fare nomi lo dici e rendi pubblici pure gli sms di queste tue finte conversazioni, gli altri sono costretti a risponderti “chiama pure, ma non ti diciamo niente”. Siamo alla commedia degli equivoci. È come se, quando D’Alema e Fini come Veltroni e Berlusconi si erano messi d’accordo sul nome di Ciampi, avessero detto a tutti “domani ci vediamo per scegliere il Presidente della Repubblica”.

Altrettanto ridicolo è oggi quando gli stessi personaggi della politica ripetono “di questo non ne parliamo, ne parliamo a gennaio” quando invece tutti ne parlano dalla mattina alla sera. Se dovesse essere fatto il nuovo Capo dello Stato tra una settimana va bene, ma se dovessimo andare avanti così per quarantacinque giorni arriviamo sfibrati. Abbiamo perso quelli che una volta si chiamavano gli arcana imperii (i segreti del potere) che vuol dire che non tutto avviene in una sala pubblica. Il che non significa, sia chiaro, che non ci sia trasparenza ma piuttosto che si possa conoscere, anzi si debba conoscere, come si svolge un procedimento, ma non si abbia visione di tutte le occhiate dal buco della serratura che tendenzialmente fanno saltare tutto e soddisfano solo aspettative pruriginose.

Siamo alla solita telenovela mediatico-politica. Quella che ha trasformato il covid in un tormentone pro share o pro sondaggi. Forse, più terra terra, pro presenza sui media. Se tu assumi una posizione un po’ stramba il talk show ti dà un po’ di spazio. Siccome il problema di oggi è conquistare quanti più minuti possibili, di stramberie ne girano tante. Tutto diventa politica spettacolo. Ci sono problemi tecnici, ma si fa finta di ignorarli. Per fare alcune cose serve lo stato di emergenza.

Per trasformarlo, come si dice con la solita enfasi furbetta “dopo due anni” in una cosa ordinaria, ci vuole una legge e serve un Parlamento pronto a legiferare immediatamente. Siccome tutto ciò non avviene mai, allora si fa ricorso sistematico al “caso eccezione” perché solo in questo contesto si consente a un governo di potere governare in Italia.

Siamo al rovesciamento di tutto perché si scopre che la gente vuole smettere di lavorare e andare in pensione. Siamo entrati nella bolla del populismo e non vogliamo uscirne. Una volta quando andavano in pensione, ai nostri genitori sembrava di andare a morire. Oggi invece vuoi andare in pensione prima che puoi. Mancavano le forze disponibili a trovare una soluzione che è normativa, ma prima ancora culturale. Che implica la flessibilità del lavoro. Siamo al rovesciamento di tutto, ma proprio di tutto, perché in piena pandemia globale i capi di stato ombra delle regioni italiane fanno i pazzi non perché si stanno riempiendo di nuovo le terapie intensive, ma perché rischiano di saltare i gettoni di presenza dei tg regionali fotocopia della notte. O addirittura si fa uno sciopero generale contro la manovra di un governo che ha fatto quello che nessuno fino a ora aveva mai fatto per combattere le diseguaglianze.

Siamo sempre dentro la stessa bolla mediatico-politica che è il primo dei mali italiani. Quello che non permette di occuparsi di cose serie. Tipo: che cosa facciamo non per un mese ma per i prossimi dodici contro la bestia nera del caro energia? Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare perché la macchina degli investimenti pubblici parta per davvero e faccia quello che deve fare? Perché non si perda un euro al Sud? Perché la si smetta di fare elenchi di opere che non si faranno mai e si prenda coscienza che è fondamentale e urgente cambiare i processi decisionali e le teste che devono “selezionare, selezionare” non affastellare plico su plico. Che cosa aspettiamo a adottare procedure e governance del Pnrr anche per gli altri fondi europei?

Purtroppo sembra prevalere in tutti l’idea che la cosa migliore che si può fare è congelare. Viceversa più congeli, più tutto diventa una barzelletta e più consenti al declino di andare avanti. Non scatta la scintilla fino in fondo del governo di unità nazionale perché se fai fare a Draghi tutto quello che ha in mente i partiti si rendono conto che loro non contano più nulla. Si rendono conto che se affidi a lui tutti i poteri poi fai fatica a mandarlo a casa. Allora devi congelare tutto prima che diventi non difficile, ma impossibile mandarlo a casa.

È successo con De Gaulle, è successo con Adenauer. Con De Gasperi è stato più facile perché dopo che lo avevano messo via in meno di un anno è morto. Sarà un caso, ma appena arriva in Italia un capo di governo che ha voglia di fare qualcosa, lo mandano sempre a casa. È successo così con Fanfani. È successo così con Craxi. Si possono fare mille osservazioni e mille distinguo su queste due esperienze di governo. Però il punto è che si è sempre deciso di eliminarli per evitare che il sistema trovasse un decisore. Esattamente quello che serve a un Paese nei momenti di grande passaggio come sono quelli attuali.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE