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Bisogna avere un disegno strategico unitario che faccia dell’Italia molto rapidamente una società a tecnologia avanzata che coinvolga le telecomunicazioni come le tecnologie spaziali, ferroviarie, energetiche, farmaceutiche, biotecnologie e molto altro ancora. La tecnologia è il vero bene pubblico dell’Italia di domani. Prima lo capiscono tutti i partiti, di governo e no, meglio è. Prima si svegliano i sindacati tipo Cgil e Uil che tutelano solo pensionati e rischiano di far saltare il primo modulo della riforma fiscale dell’Irpef, meglio è. Fa paura che l’Europa resti indietro rispetto a Cina e Stati Uniti proprio in questi settori strategici
Abbiamo un disperato bisogno di politica con la P maiuscola in Europa e in Italia. Anche sulla vicenda del gas si tocca con mano il fallimento della politichetta europea che non è in grado di contrastare il dio mercato. Siamo ai moltiplicatori dei fondamentali “inventati” modello Tesla per cui il gas che i russi consegnano a cinque sei euro a megawattora con i moltiplicatori dei mercati spot arriva a 90 euro utilizzando artifizi e cose vere come la mancanza di scorte che però sono il 25%. Nel nuovo ’29 mondiale alle prese con la più grande crisi globale sanitaria e economica può succedere che la materia prima scarsa che è il gas diventi anche un future su cui si fanno i soldi speculando senza che nessuno li fermi. Questo è inaccettabile. I Paesi più avvertiti dell’Europa si stanno muovendo, ma il ritardo con cui lo fanno è grave così come ancora di più è grave la persistente divisione tra Sud e Nord dell’Europa.
Questo discorso vale a maggior ragione per la tecnologia a livello europeo come, ancora di più, vale a livello italiano. Che ha l’obbligo di valorizzare le straordinarie risorse del Piano nazionale di ripresa e di resilienza per tutelare e fare crescere le sue aziende tecnologiche sbarrando la strada a spezzatini finanziari e non dimenticando in tutti i campi i suoi player migliori. Servono una strategia e un piano di insieme che pensano più che all’oggi al domani e delimitano il fortino della nuova Italia.
Perché in giorni in cui i mercati vanno a corrente alternata, un giorno sì e un giorno no, perché non hanno ancora capito se i vaccini sono efficaci o no contro la nuova variante Omicron e appena tornano insicuri non possono escludere scenari di chiusura, allora è chiaro che Paesi a alto debito come l’Italia anche all’apice della reputazione e benché protetti dall’allungamento della vita media del debito peggiorano le loro performance (il decennale risale allo 0,96 poco sotto l’1%, a fine 2020 era allo 0,56). Se a questo aggiungi che il timoniere della Federal reserve Powell per la prima volta ha detto che non è più appropriato definire transitoria l’inflazione americana e che aumenterà da 15 a 30 miliardi la velocità di riduzione degli acquisti, il quadro si completa.
Allora, chiariamoci, è vero che la tecnologia delle telecomunicazioni è parzialmente connessa alla rete che è un vettore, ma è altrettanto vero che si sviluppa nei servizi che corrono su quella rete come accade ad esempio con cyber sicurezza, telemedicina e molto altro. Quindi fa bene il ministro Giorgetti a dire che in presenza di un’opa del fondo americano Kkr su Tim il governo userà la golden power, ma ancora di più ha fatto bene il presidente Draghi a sottolineare che le tutele da garantire sono di tre tipi.
La prima riguarda l’occupazione. La seconda riguarda la tecnologia di Tim, delle sue società strategiche e di tutte le sue componenti di pari rilevanza. La terza riguarda la rete della banda ultraveloce che è importante in sé e ancora di più per le risorse che riesce ad attivare con i fondi europei del Pnrr. Il controllo pubblico italiano della rete della banda larga non è neppure discutibile, ma stiamo parlando del minimo necessario.
Ciò che assolutamente serve è anche che le operazioni finanziarie non blocchino l’esecutività degli investimenti pubblici previsti dal Piano nazionale di ripresa e di resilienza per unificare le due Italie e che il gestore garantisca quella intelligenza diffusa che serve alla rete. Così come bisogna che il profilo industriale italiano sia studiato e definito intorno ai suoi capifila e che il piano di investimenti pubblici europei e nazionali ruoti intorno a essi valorizzando incumbent storici e nuovi.
Bisogna avere un disegno strategico unitario che faccia dell’Italia molto rapidamente una società all’avanguardia come ha fatto la Corea asiatica che si è trasformata attraverso Samsung in una società a tecnologia avanzata che ha conquistato molti mercati sul piano della comunicazione. Noi dobbiamo fare un’operazione simile su uno spettro più largo che coinvolga strutture informatiche come tecnologie ferroviarie, spaziali, energetiche, biotecnologie e nuove tecnologie farmaceutiche.
La tecnologia è il vero bene pubblico dell’Italia di domani. Prima lo capiscono tutti i partiti di governo e no, di oggi e di domani, meglio è. Prima si svegliano i sindacati tipo Cgil e Uil che tutelano solo pensionati e rischiano di far saltare il primo modulo della riforma fiscale dell’Irpef, meglio è. Perché poi l’Europa resti indietro su tutto rispetto a Cina e Stati Uniti proprio in questi settori strategici può apparire stravagante. In realtà, è molto peggio. Fa paura. Anche qui prima si prende coscienza e si agisce, meglio è.
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