Sergio Mattarella e Mario Draghi
6 minuti per la letturaPrima che sia troppo tardi i partiti escano dal quotidiano pollaio mediatico e utilizzino il registro della realtà chiedendo loro tutti insieme la nomina di Draghi al Quirinale. Il governo di unità nazionale continuerà a lavorare in simbiosi con il nuovo Capo dello Stato e garantirà risultati. Chi uscirà vincitore alle elezioni politiche avrà in dote il governo del Paese e non l’amministrazione controllata di un Paese in bancarotta. Siamo davanti a un problema di sistema che richiede un passaggio di sistema, non di sistemare questo o quel tassello perché nulla cambi e si ricominci esattamente come prima. Per questo il semipresidenzialismo è quello che serve oggi. Anche perché abbiamo finalmente la persona giusta per tenere ferma la barra in casa e fuori e guidare il gioco di squadra facendo insieme al meglio le cose
I partiti italiani devono uscire dall’autocontemplazione e dire con chiarezza che cosa vogliono fare per il Paese. Devono uscire in fretta da questo dibattito surreale che ha l’unico scopo di salvaguardare gli attuali equilibri per ragioni di piccolo cabotaggio. Siamo al castello supremo delle ipocrisie che misura la distanza dai problemi reali delle persone e dalla conoscenza del quadro reale dello stato debitorio e sociale del Paese.
A chi, soprattutto nel Pd, continua a stracciarsi le vesti perché Draghi resti a palazzo Chigi e non vada al Quirinale, domando: se ritenete che Draghi sia la forza motrice della ricostruzione italiana e che è indispensabile la sua presenza a palazzo Chigi, ci dite per cortesia come fate a garantire la sua presenza in quel palazzo per i prossimi cinque anni? Siete disposti a dire che il candidato come capo di governo della vostra coalizione è Draghi? Sì o no? Invece di continuare a dire Draghi serve lì e a tramare sottobanco con uno dei vostri sette candidati da piazzare al colle più alto, ce la farete o no a fare i conti con la realtà?
Ancora. Sono disposte le coalizioni di centrosinistra con Pd e grillini e quella di centrodestra con tutti dentro a sospendere la campagna elettorale permanente fino a marzo del 2023 e a dire con chiarezza che cosa farà ognuna di loro dopo quella data se dovesse vincere le elezioni politiche? No, questo no, questo non lo dicono. Non dicono furbescamente né chi è il loro candidato premier né che cosa hanno in mente di fare.
La verità è che vogliono tutti continuare a comiziare ogni giorno e a fare i loro giochetti di potere. I partiti dovrebbero dire con lealtà oggi se sono disposti per il bene del Paese a fare andare avanti un governo di unità nazionale e se ritengono che Draghi sia il nuovo Kohl, che riunì le due Germanie come oggi vanno riunite le due Italie, e che deve pertanto restare lì. Se non dicono questo e se ne guardano bene dal farlo perché non lo pensano, perché ognuna di queste coalizione vuole legittimamente governare e ha altri timonieri in testa, allora scusate di che cosa stiamo parlando? Se è così, come così è, allora è proprio inutile stare a discutere di dove deve stare Draghi. I partiti dimostrino almeno di avere la decenza di candidarlo tutti insieme al Quirinale perché continui a garantire dal Colle più alto la rotta di un’Italia che ha preso impegni ben precisi in Europa e vuole mantenerli.
Per noi bisognerebbe fare questa scelta a prescindere e dare sostanza di fatto a un assetto semipresidenziale che è indispensabile per la complessità dei problemi che il Paese ha di fronte e che deve assolutamente risolvere se vuole tornare a essere un Paese normale.
Se, però, non si hanno questa consapevolezza e questo coraggio si abbia il pudore di evitare l’ipocrisia di ripetere da mattina a sera che Draghi deve restare a palazzo Chigi. Se deve rimanere lì per cambiare l’Italia la partita minima è di cinque anni e i signori dei partiti devono prendere impegni pubblici di questa durata. Altrimenti sarà chiaro a tutti che lo si vuole mantenere lì un’altra manciata di mesi per consumarlo con in mezzo peraltro una nuova tornata amministrativa e i referendum sulla giustizia che sono altra benzina per il solito incendio italiano. Che è, poi, proprio quello che Draghi non guardando in faccia nessuno sta spegnendo a colpi di green pass, riapertura in sicurezza dell’economia e crescita come mai vista, manovra economica espansiva coerente con il Piano nazionale di ripresa e di resilienza che punta a riunire le due Italie, riforme di sistema e cambio della accoglienza internazionale dell’Italia.
Questo passaggio è davvero delicato. Perché invece di fare davvero governare Draghi massimizzando qualità e durata degli effetti delle decisioni di struttura prese in questa breve stagione di unità nazionale, si punta solo ad appannare immagine e passo operativo di Draghi con veti, contro veti e piccoli quotidiani calcoli elettorali senza nemmeno rendersi conto di quali sarebbero le conseguenze per gli italiani. Se nonostante l’evidenza si vuole continuare a dire che le cose non stanno così, allora i partiti rispondano a queste domande: volete o no la legge annuale della concorrenza? Volete o no cambiare la macchina pubblica degli investimenti? Volete o no rendere esecutive le riforme di tutte le giustizie? Siete o meno consapevoli che il problema numero uno dell’Italia è la soluzione del più grande squilibrio territoriale europeo che è quello del nostro Mezzogiorno? Risponderanno mai a queste domande e lo faranno seriamente? Pare proprio di no perché sono occupati a fare voti, non a risolvere i problemi e tessono trame di potere senza rendersi conto che sono costruite sulle sabbie mobili di un Paese ancora in bilico e tirato su per i capelli dal fosso in cui era precipitato e dove rischiava di rimanerci per sempre.
Prima che sia troppo tardi i partiti escano dal quotidiano pollaio mediatico e utilizzino il registro della realtà chiedendo loro tutti insieme la nomina di Draghi al Quirinale. Abbiano il coraggio di dire che è l’unico modo possibile per sfruttare il peso internazionale della sua persona e cogliere in casa il frutto della Nuova Ricostruzione. Facciano questo gesto tutti insieme e la politica italiana ne trarrà giovamento. Perché il governo di unità nazionale continuerà a lavorare in simbiosi con il nuovo capo dello Stato e garantirà risultati. Farà quello che deve fare. Chi uscirà vincitore alle elezioni politiche avrà in dote il governo del Paese e non l’amministrazione controllata di un Paese in bancarotta.
Questo è il punto di sostanza. Altrimenti, al di fuori delle solite chiacchiere in politichese, non c’è niente. E questa nebbia tutta italiana allontana gli investitori europei e internazionali che grazie a Draghi ci vedono invece con molto favore. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: si sta scherzando con il fuoco. La verità è che siamo davanti a un problema di sistema che richiede un passaggio di sistema, non di sistemare questo o quel tassello perché nulla cambi e si ricominci esattamente come prima. Per questo il semipresidenzialismo che, di fatto, hanno già esercitato Presidenti di valore come Ciampi, Napolitano, Mattarella salvando più volte l’Italia dal default sovrano, è quello che serve oggi. Anche perché abbiamo finalmente la persona giusta per tenere ferma la barra in casa e fuori e guidare il gioco di squadra facendo insieme al meglio le cose. Mi rifiuto di credere che non si trovi una figura che abbia il consenso di tutti per guidare il governo di unità nazionale per un altro anno e porre basi solide alla Ricostruzione italiana. Questo oggi serve al Paese.
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