Mario Draghi
8 minuti per la letturaLa politica si renda conto che la sua sopravvivenza è legata a scelte così coraggiose non a effimere manovre vecchio stile. Tutti si devono rendere conto che se poco poco si dovesse ripetere lo schema costante degli ultimi venti anni per cui tutti i Paesi all’uscita della Pandemia si mettono a correre e noi invece restiamo fermi allora sono problemi veri. Perché se ci sarà una crescita strutturale dell’inflazione le banche centrali faranno il loro mestiere e se nel frattempo l’Italia non sarà tornata strutturalmente alla normalità saranno guai. L’Italia ha bisogno di un periodo lungo setto otto anni di guida effettiva del Paese da parte di Draghi che delinea la rotta, vigila e garantisce questo risultato senza sbandamenti e senza retromarce. Un semipresidenzialismo di fatto alla francese con Draghi al Quirinale e il suo governo di unità nazionale che prosegue il lavoro importante avviato con un bel presidente del consiglio scelto in sintonia con il Capo dello Stato è di sicuro la maggiore garanzia che questo Paese cambi per davvero in modo strutturale. Questo significa non sprecare la carta estrema Draghi, operare per riunire le due Italie sul piano economico e sociale, e restituire al Paese il ruolo di grande player globale e di Fondatore della nuova Europa della coesione sociale
Il rialzo della settimana scorsa dello spread Btp-Bund come la discesa di ieri rispondono esclusivamente a un tema di politica monetaria. La Banca centrale europea (Bce) ha lanciato a marzo 2020 il programma pandemico e questo programma scade a marzo 2022. Oggi la Bce con questo programma compra 70 miliardi di titoli di stato europei e, quindi, da marzo 2022 improvvisamente non li comprerà più. La Bce presumibilmente continuerà con gli altri acquisti da 20 miliardi legati all’ultimo pacchetto del Quantitative Easing di Draghi, ma poiché l’economia e l’inflazione sono in ripresa toglierà il defibrillatore monetario perché non c’è più il momento di shock.
Il malato non è ancora in piedi, ma è fuori dal pericolo di vita e quindi stacco il defibrillatore. La stessa cosa presumibilmente farà oggi la Federal Reserve negli Stati Uniti e così a seguire faranno le altre banche centrali. I differenziali con i titoli tedeschi sono aumentati per tutti i Paesi del Sud Europa, non solo per quelli italiani, per questa ragione e, soprattutto, perché a chi chiedeva “togliete il defibrillatore e si crea lo scalone sui mercati va bene, ma allora voi che cosa fate, ci date qualcosa?” la presidente della Bce, Christine Lagarde, non ha detto niente, ha detto più o meno “dopo vedremo” e così hanno sofferto tutti i titoli sovrani.
Nella giornata di ieri il governatore della Banca centrale australiana ha viceversa detto in sostanza che “certo toglieremo il defibrillatore ma non staremo con le mani in mano e non faremo una politica di alti tassi” e allora i mercati si sono ripresi. Nel nostro caso le spread parte da 100 la settimana scorsa e arriva fino a 134 ma ieri ridiscende in un solo colpo a 120. Abbiamo già detto che soprattutto sui titoli a lungo termine godiamo del beneficio che quelli in scadenza sono i “Btp” della grande crisi dei debiti sovrani e degli anni turbolenti a seguire per cui ci confronteremo con tassi del 4/5/6 % oggi inimmaginabili per cui si prevede che nonostante l’uscita dalla politica monetaria ultra espansiva nel 2024 la spesa per interessi che lo Stato italiano dovrà sostenere per collocare i suoi titoli scenderà dal 3,5 al 2,5%.
Detto tutto questo esiste invece uno specifico problema italiano che è il seguente. Se la politica ritiene che bastano sette otto mesi di Draghi per salvare l’Italia e si sono convinti che possono rialzare la testa e fare sentire la loro voce, allora sbagliano di grosso. Se pensano che possono rimettersi a giocare con quota 100 o 102 sulle pensioni quasi che la sostenibilità del debito pubblico italiano fosse risolta per sempre o vogliono fare i furbi sui controlli del reddito di cittadinanza che vale da solo il 10% dell’occupazione del Paese, allora la Bce può rovinare davvero la festa italiana e non ci sarà Draghi che tenga.
Il timore che si possano sentire al sicuro e riprendere i giochetti di prima tipo “la povertà abolita dal balcone” è avvertito a Francoforte come reale. Così come lo è per l’inflazione. Al momento è temporanea e non dovrebbe indurre a prendere soluzioni monetarie pericolose. Resta, però, il fatto che da noi è al tre e in Germania è al cinque per cui ci sono visioni diverse che non fanno né caldo né freddo all’ala espansiva del Board della Bce, ma che possono influire su chi prenderà il posto di Weidmann e su chi è già su posizioni più rigoriste. Non potranno non tenere conto delle opinioni pubbliche tedesca, olandese, fiamminga che con un’inflazione al 4/5% si spaventano. Alcuni di loro hanno anche una retorica ondivaga e hanno influenzato la stessa Lagarde.
Lo scenario globale della Pandemia non è risolto con i grandi problemi aperti dell’Africa e del Sudamerica e con alcune varianti che non evolvono in modo inoffensivo. Se già oggi non ci ritroviamo in una situazione antipatica è perché la testardaggine di Draghi sulla campagna di vaccinazione ha protetto l’Italia e, di riflesso, ha protetto anche un po’ la Spagna e un po’ la Francia. Siamo stati tutti protetti dalla testardaggine di Draghi di imporre controlli e indurre con ogni mezzo le persone a vaccinarsi. Ha fatto chiarezza. Ha fatto capire chi sono le persone affidabili e chi no e l’opinione pubblica è stata messa nella condizione di giudicare se preferiva chi spingeva per vaccinarsi e arrivare al novanta per cento o chi faceva propaganda ideologica con comportamenti fuori dalla storia e, spesso, dalla legalità.
Diciamo che a conti fatti la gente si è espressa e che con un governo di qualità anche la politica è costretta a funzionare meglio. Vi rendete conto di che cosa ha significato una crescita italiana di oltre il sei per cento che a fine anno sarà oltre il sette e, soprattutto, che proprio grazie a questa supercrescita il debito pubblico rispetto al prodotto interno lordo è ridisceso al 153% contro il 160 accreditato in tutte le previsioni nazionali e internazionali sull’Italia? È stato dato a tutto il mondo il segnale che l’Italia non è un Paese cotto. È ovvio poi che per arrivare alla fine ci metteremo dieci anni ma se non inizi mai il rapporto debito Pil italiano continua a spaventare. Il governo Draghi ha dato la prova quantitativa che solo attraverso una supercrescita si esce da questa spirale perversa italiana.
Che cosa dire, poi, del lavoro egregio fatto con il Recovery Plan e lo sforzo parallelo di riforma strutturale della pubblica amministrazione, della giustizia e della governance specifica degli investimenti pubblici? E dell’attenzione prestata per assistere i piccoli comuni con progetti di nuove scuole e di nuovi asili nido curati da grandi architetti a livello centrale e mettendo in campo task force come quelle di Cassa depositi e prestiti pronte a affiancare chi non ce la fa dalla progettazione alla esecuzione? Che cosa dire, infine, della leadership conquistata sul campo del multilateralismo da Draghi come presidente del G20 e copresidente di Cop26 sui grandi beni pubblici che sono il clima, la salute, la povertà, la pace? Quanto cambia tutto ciò l’accoglienza internazionale dell’Italia e quanto giova alla nostra reputazione avere dimostrato al mondo intero di essere ritornati a essere in pochi mesi un Paese normale in grado di ospitare alla perfezione il primo evento pubblico in presenza con Capi di stato e di governo e mettendoli tutti a dialogare proficuamente dopo il nuovo ’29 mondiale da Pandemia? Quanto vale il Draghi statista che salva l’euro e che con la stessa capacità di gestione politica compie il primo passo della nuova stagione del multilateralismo?
Tutti si devono rendere conto che il defibrillatore giustamente sparirà e che se poco poco si dovesse ripetere lo schema costante degli ultimi venti anni per cui tutti i Paesi all’uscita della Pandemia si mettono a correre e noi invece restiamo fermi allora sono problemi veri. Perché se ci sarà una crescita strutturale dell’inflazione le banche centrali faranno il loro mestiere e se nel frattempo l’Italia non sarà tornata strutturalmente alla normalità saranno guai. L’Italia ha bisogno di un periodo lungo setto otto anni di guida effettiva del Paese da parte di Draghi che delinea la rotta, vigila e garantisce su un arco di tempo lungo che assicura questo risultato senza sbandamenti e senza retromarce.
Un semipresidenzialismo di fatto alla francese con Draghi al Quirinale e il suo governo di unità nazionale che prosegue il lavoro importante avviato con un bel presidente del consiglio scelto in sintonia con il Capo dello Stato è di sicuro la maggiore garanzia che questo Paese cambi per davvero in modo strutturale. Questo significa non sprecare la carta estrema Draghi, operare per riunire le due Italie sul piano economico e sociale, e restituire al Paese il ruolo di grande player globale e di Fondatore della nuova Europa della coesione sociale. Siamo certi che la grande maggioranza degli italiani vuole questo e null’altro.
La politica si renda conto che la sua sopravvivenza è legata a scelte così coraggiose, non a effimere manovre vecchio stile che possono anche fare vincere qualche battaglia, ma sarebbe in ogni caso una vittoria di Pirro perché si perderebbe di sicuro la guerra. Figure più illuminate della politica, prima Brunetta poi Giorgetti, per fare qualche esempio, hanno capito qual è la vera posta in gioco e hanno sostenuto con tempismo l’unico scenario possibile per cambiare e mettere in sicurezza un Paese che esce stremato dal ventennio della irresponsabilità regionalista. La politica ascolti questo suggerimento perché la complessità dei problemi presenti, figlia delle colpe gravi del passato, non consente defezioni o manovre di aggiramento. Si scherza con il fuoco e le possibilità di bruciarsi per sempre sono elevatissime.
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