Gianni Minoli al Festival del cinema di Roma con le protagoniste
4 minuti per la letturaSi è fatto, quindi si può fare. Si può ripetere. Soprattutto, deve durare. Per la prima volta la Film Commission Calabria diventa coproduttore. Fa sei docufilm in otto mesi nel pieno della Pandemia del nuovo ’29 mondiale. Lo fa in Calabria. Sei storie straordinarie di sei grandi donne che rivelano la cocciutaggine di questa terra. Ne disvelano la passione civile e il talento creativo. Ci sono le grandi famiglie della storia politica italiana, dal comunismo alla destra, ma prima di tutto ci sono il carattere calabrese di queste grandi donne e il tesoro nascosto di un lembo d’Italia colpevolmente dimenticato. La buona televisione produce l’industria del mondo nuovo e, per quanto vi potrà sembrare incredibile, ha deciso che il mondo nuovo parta dalla Calabria
Calabria, la terra promessa d’Italia. Credetemi, credeteci. Oltre la paura. Contro ogni rassegnazione. Si è fatto, quindi si può fare. Si può ripetere. Soprattutto, deve durare. Per la prima volta la Film Commission Calabria diventa coproduttore. Fa sei docufilm in otto mesi nel pieno della Pandemia del nuovo ’29 mondiale. Lo fa in Calabria. Sei storie straordinarie di sei grandi donne che rivelano la cocciutaggine di questa terra. Ne disvelano la passione civile e il talento creativo.
Ne cito solo alcune. C’è Rita Pisano, sindaca quattro volte di Pedace, donna senza paura che fumava prima degli uomini e madre di sei figli, con i suoi orecchini e il suo orologio. C’è Jole Giugni Lattari e la sua amata Crotone con il cuore della Magna Grecia e la grande attenzione anticipatrice per la scuola e l’istruzione. Si percepisce la forza di Adele Cambria che appartiene alla grande narrativa e al grande teatro, ma ancora di più alla storia italiana del femminismo e dentro ci sono quelle radici reggine così profonde che ti segnano e restano con te per tutta la vita.
Ci sono le grandi famiglie della storia politica italiana, dal comunismo alla destra, ma prima di tutto ci sono il carattere calabrese di queste grandi donne e il tesoro nascosto di un lembo d’Italia colpevolmente dimenticato. Ci sono i colori di una terra che non si vuole vedere con l’incanto dei suoi mari e dei suoi monti. C’è la forza di un campo di grano che andava mietuto. Ci sono le case aperte di un popolo generoso e sempre disponibile che sono patrimonio comune di tutto il Mezzogiorno, ma che alla Calabria chissà perché non lo si vuole riconoscere. Potrei proseguire, perché c’è molto altro, ma mi fermo qui.
Sono andato ieri a metà mattinata all’auditorium Parco della musica, alla Festa del cinema di Roma, e ho assistito alla presentazione non di un film o di una docuserie, ma di un progetto industriale che esprime il cuore e la razionalità della sfida del Piano nazionale di ripresa e di resilienza per il Mezzogiorno. Il punto “artistico”, a mio avviso, più alto di questa bellissima energia che Giovanni Minoli e Gloria Giorgianni trasferivano in ogni parola è stato raggiunto quando hanno ringraziato la burocrazia calabrese che ha consentito di porre le basi in tempi record per la realizzazione del sogno della compianta presidente della Regione, Jole Santelli.
Si percepisce il senso autentico della sfida. Fare agli Studios di Lamezia Terme quello che si è fatto un quarto di secolo fa a Napoli con “Un posto al sole”. Farlo al massimo livello dotandosi di attrezzature e strutture che possono competere con quelle di Malta che sono utilizzate dalla cinematografia americana. Che vuole dire investire come non si è mai fatto sul talento delle donne e degli uomini della Calabria perché qui, non altrove, si realizzino i mestieri del futuro.
Perché qui, non altrove, debutti e si affermi stabilmente la fabbrica moderna della lunga serialità e della moderna creatività.
Partire dal racconto delle donne di Calabria dal punto di vista cinematografico e televisivo perché attraverso questo racconto si valorizzi finalmente questo territorio e il suo potenziale enorme. Che vuol dire cambiare totalmente l’angolo visuale.
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo. Fare industria a lunga serialità – fare, non dire di fare – significa per noi attuare lo spirito innovatore del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) creando posti di lavoro di qualità internazionale. Perché il mestiere di datore luci a Catanzaro lo puoi fare anche a Tokyo in quanto acquisisci la competenza di un altro dei nuovi lavori del mondo, ma lo stesso vale per la fotografia, la gestione degli archivi e di tutto ciò che esprime creatività e produce cultura.
La cattiva televisione distrugge la democrazia, è il Titanic Italia del super talk estate inverno che guarda la pagliuzza e non vede la trave, e la buona televisione produce invece l’industria del mondo nuovo. La cattiva televisione non conosce le facce e gli occhi che ho incrociato io nella mattinata di ieri alla Festa del cinema a Roma.
La buona televisione, per quanto vi potrà sembrare incredibile, ha deciso che il mondo nuovo parta dalla Calabria. Che è l’ultima regione in Europa per tasso di impiego dei suoi giovani da venti a trentaquattro anni. Ancora per poco. Se ci crediamo, se lo vogliamo. Dipende moltissimo da noi.
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