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Mario Draghi in un vertice con le Regioni

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Siamo in mezzo al gorgo. Bisogna che chi sta dentro la smetta di lamentarsi e si organizzi sfruttando le enormi risorse finanziarie che l’Europa mette a disposizione. Chi sta fuori decida di sporcarsi di più le mani fornendo aiuti effettivi nel campo della progettazione e dell’esecuzione perché il problema dell’Europa, che è il Mezzogiorno d’Italia, sia seriamente affrontato trasformando le risorse finanziarie europee in investimenti pubblici così da riunire finalmente le due Italie. Per capire di che cosa stiamo parlando bastano pochi numeri forniti dall’Eurostat. In Italia dopo tre anni dalla laurea risulta occupato il 59,5% dei giovani tra i 20 e i 34 anni a fronte dell’81% della media europea a 27. In Calabria la percentuale è al 37,2% e in Sicilia al 38,3%. Sono questi i punti effettivi della questione italiana che sono, allo stesso tempo, i punti effettivi della questione europea

Siamo in mezzo ai gorghi. C’è chi è dentro e non è capace di farlo finire. Si chiamano Mezzogiorno e Sud del Nord ridotti a feudi sofferenti di più o meno piccoli e grandi valvassori regionali. C’è chi è fuori e vuole dare una mano a chi sta dentro, ma si tiene lontano perché ha paura che se finisce lì anche lui non ne esce più. Si chiama Nord ricco che non è tutto il Nord e si porta dietro un sistema intrecciato di burocrazia, politica e impresa di quei territori che non riesce a capire fino in fondo che se non riparte il Mezzogiorno ha anch’esso vita breve. In mezzo c’è un Centro che è diventato la testa del Sud dimenticato da tutti come se la Capitale di un Paese non fosse il suo biglietto da visita nel mondo.

Bisogna che chi sta dentro il gorgo la smetta di lamentarsi e si organizzi, dimostri di avere un sussulto e sfrutti le enormi risorse finanziarie che l’Europa mette a disposizione, non che continui a chiedere ciò che non sa spendere accusando chi ha dato loro quanto mai nessuno aveva osato dare. Bisogna che chi sta fuori decida di sporcarsi di più le mani fornendo aiuti effettivi nel campo della progettazione e dell’esecuzione perché il problema dell’Europa che è il Mezzogiorno d’Italia sia seriamente affrontato trasformando le risorse finanziarie europee in investimenti pubblici che possono mobilitarne altrettanti di privati e riunire così finalmente le due Italie.

Questo è il cuore della sfida italiana del Next Generation Eu e, allo stesso tempo, la grande sfida della nuova Europa della coesione che è legata in massima parte alla buona riuscita del primo programma di interventi finanziato con debito comune europeo. Per la semplice ragione che un terzo dell’intero piano di interventi europei è destinato all’Italia e lo si è fatto perché l’Europa vuole risolvere il suo unico irrisolto grande squilibrio territoriale che è quello del Mezzogiorno d’Italia. Tra le tre regioni europee peggiori per occupazione di giovani laureati a tre anni dal titolo due sono italiane. Sono la Calabria e la Sicilia.

Per capire di che cosa stiamo parlando bastano pochi numeri forniti dall’Eurostat aggiornati al 2020. In Italia entro tre anni dalla laurea risulta occupato il 59,5% dei giovani tra i 20 e i 34 anni a fronte dell’81% della media europea a 27. In Calabria la percentuale è in calo al 37,2% e in Sicilia si ferma al 38,3%. Questi sono i punti effettivi della questione italiana che sono, allo stesso tempo, i punti effettivi della questione europea.

Abbiamo un Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che è il garante dell’euro, parola di Angela Merkel, che ha guidato con mano così ferma l’uscita di questo Paese dalla Pandemia da farlo prima e meglio di tutti al punto da ricostruire all’interno un clima di fiducia contagiosa nonostante il rumore dei partiti. Questi sono fatti, non opinioni.

Abbiamo un Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che alla guida del G20 e con la copresidenza di Cop26, ancora prima per la reputazione che deriva dalla sua storia, è riuscito in pochi mesi a cambiare l’accoglienza internazionale dell’Italia che combinata alla nuova fiducia ha consentito al Paese di liberare il patrimonio fino a ora nascosto di talenti sportivi, della ricerca e dell’economia.

Il quadro europeo è complicato e il caso Polonia di cui parleremo domani per il grande gioco che può determinare impone all’Italia in modo assoluto di presentarsi con il massimo di compattezza interna dietro il suo governo di unità nazionale guidato da Draghi. Se questa condizione viene meno anche per Draghi è difficile mantenere le posizioni in un grande gioco dove i ritorni di pressioni rigoriste sono sempre dietro l’angolo. Senza considerare che a moltissimi in Europa farebbe comodo diminuire il prestigio di Draghi non solo fra i nostri nemici ma anche tra i nostri amici perché un po’ andrebbe bene anche ai francesi e ai tedeschi in quanto più potere a Draghi significa meno poteri a loro. Viceversa se si indeboliscono i poteri di Draghi, vengono più poteri a loro.

Per questo finiamola con la propaganda e occupiamoci dell’esecuzione del Piano di ripresa e di resilienza del Mezzogiorno. A gennaio Draghi in Europa dovrà rispondere a domandine molto semplici ma ineludibili sullo stato di attuazione delle opere, i vincoli incontrati e le riforme attivate per superarli.

Dovrà avere dietro un Paese che dimostri di investire sulla banda larga e sulla scuola a partire dal Mezzogiorno. Che sta facendo, non dicendo di fare, la riunificazione infrastrutturale delle due Italie. Siccome i miracoli non sono di questo mondo, le nuove assunzioni come consulenti avvengano pressoché tutte nelle amministrazioni meridionali e la Cassa depositi e prestiti faccia fino in fondo quello che deve fare per assistere gli enti locali nella fase della progettazione e della esecuzione.

I sindaci si liberino dai complessi di dipendenza dalle Regioni e si attrezzino per fare i bandi migliori chiedendo subito aiuto ogni volta che ne hanno bisogno. Non abbiamo un minuto da perdere. Perché anche la credibilità di Draghi da qui a qualche mese verrà giudicata da quello che sarà riuscito a fare su questo terreno. Nessuno potrà togliere a Draghi la reputazione di garante dell’euro ma tutti potranno togliere all’Italia il vantaggio di usufruirne.


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