Mario Draghi
3 minuti per la letturaNella prima fase si assiste alla solita melina per bloccare tutto, poi gli stessi soggetti provano a saltare sul carro per spodestare il cambiamento. Quando, come sta accadendo oggi con Draghi per i vaccini e per l’economia, si cominciano a vedere i risultati, le lobby parzialmente spodestate diventano più nervose e i partiti provano a riposizionarsi. Allora si comincia a vedere un altro Salvini, perché capisce che la gente di fronte ai risultati ottenuti sta cambiando opinione. Sul fronte opposto si comincia a vedere che Letta carica la polemica sul riformismo mancato del compagno di viaggio scomodo
Ricominciamo da dove ci siamo lasciati. Da quella che Pareto avrebbe chiamato la circolazione delle élite. Questo serve per abbattere oggi gli interessi costituiti. Questo serve per liberare il Paese dal cappio trasversale delle lobby che lo stringe al collo e mette i suoi granelli di sabbia in tutti gli ingranaggi bloccando la capacità di fare investimenti e condannandoci al declino strutturale di un Paese incapace di riformarsi.
Bisogna entrare dentro il sistema per cambiarlo: scremare il marcio e fare emergere tutto il buono che c’è sotto. Bisogna fare esattamente quello che ha fatto Draghi sostituendo Arcuri con Figliuolo o Vecchione con la Belloni. Perché così il cambiamento si autoalimenta in quanto catalizza energie nuove e stabilizza il processo di rinnovamento aumentando progressivamente il suo livello di efficacia. È vero, per capirci, lo abbiamo già detto ma ci fa piacere ripeterlo, che ci sono gli insegnanti neghittosi, ma ce ne sono tantissimi che hanno solo voglia di fare bene il loro lavoro e che si sentiranno sempre più appagati se verranno valorizzati.
Serve, insomma, un lavoro politico da Ricostruttore (Draghi) che per arrivare a compimento e valere per l’oggi e per il domani, ha bisogno del supporto di questa nuova élite entusiasta. Si deve percepire che la missione nuova della nuova ricostruzione scardina anche dentro i partiti. Esattamente come è sempre avvenuto nei momenti di grandi cambiamenti. Sono onde globali che cambiano tutto.
È stato così nella ricostruzione del primo dopoguerra e, in misura minore, in altre stagioni della storia repubblicana. Nella prima fase si assiste alla solita melina per bloccare tutto, poi gli stessi soggetti provano loro a saltare sul carro per spodestare come sempre il cambiamento. Alla fine si arrendono.
Quando, come sta accadendo oggi con Draghi per i vaccini così come per l’economia, si cominciano a vedere i risultati, quando si percepisce che l’umore delle persone sta cambiando perché ha fiducia in chi guida il cambiamento, allora le lobby parzialmente spodestate diventano più nervose e i partiti provano a riposizionarsi e fanno marketing elettorale.
Allora si comincia a vedere un altro Salvini, capisce che la gente di fronte ai risultati ottenuti sta cambiando opinione, fiuta il vento della nuova élite popolare, e dunque rivendica i risultati ottenuti che esistono perché lui ha appoggiato Draghi. Allora sul fronte opposto si comincia a vedere che Letta, che ha di sicuro più marcato il senso dell’interesse generale, teme di essere spiazzato e carica la polemica sul riformismo mancato del compagno di viaggio scomodo che come ovvio è proprio il leader leghista.
Bisogna assolutamente che Letta eviti l’errore strategico di pensare di fare politica ripensando la sinistra e di sostenere nel frattempo tatticamente il governo Draghi, magari bacchettandosi un giorno sì e l’altro pure con Salvini. Il suo problema non è ripensare la sinistra, ma guidare il cambiamento che è la cosa fondamentale. Ha un treno enorme che passa davanti alla sua stazione, ma rischia di non salirci perché sta pensando a come rifare l’architettura della stazione.
Il governo di unità nazionale guidato da Draghi è la carta estrema per salvare il Paese. Il tatticismo incorreggibile di una certa politica e delle sue lobby trasversali che hanno insieme perso da tempo il contatto con la realtà, può fare molto male e lasciare tutti in mutande. Noi abbiamo fiducia in Draghi e crediamo che avvenga l’esatto contrario. In questo caso, però, ad avere voce in capitolo saranno solo i soggetti politici che hanno dimostrato sul campo il senso dell’interesse generale e hanno fatto ripartire il Paese.
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