Giuseppe Conte nel suo studio di Palazzo Chigi
4 minuti per la letturaSiamo arrivati al punto che il nuovo “spread” italiano non è più con i bund tedeschi ma con i bond greci. I conti dell’Inps, il più grande degli enti previdenziali europei, vacillano sotto i colpi di una cassa integrazione da Covid senza precedenti ma anche di una serie di privilegi che nessuno si permette di smontare e di riforme strutturali sempre a zig zag. Siamo al Titanic Italia. Da oggi si fa chiarezza con le dimissioni del Presidente Conte. Il tempo per l’Italia è scaduto. Il Recovery Plan è l’occasione della vita e la stiamo perdendo alla grande. Nessuno si permetta più di fare questioni personali fuori dalla storia e si ponga al centro l’interesse nazionale nei comportamenti per avere in Parlamento il massimo di convergenza possibile. Bisogna scegliere i ministri uno a uno con il massimo di competenza
SUI mercati siamo la nuova Grecia, ma non vogliamo sentircelo dire. Ora dopo ora consolidiamo, centesimo sopra e centesimo sotto, il podio del discredito reputazionale. Che è misurato dal rendimento del titolo sovrano decennale, nel nostro caso mezzo punto abbondante sopra Spagna e Portogallo e in linea con quello della Grecia.
Siamo a questi prezzi da ultimi della classe senza che il mercato sconti ancora il rischio elezioni. Siamo entrati nella palude dell’immobilismo e non riusciamo a uscirne.
Siamo a un soffio dall’esclusione dell’Italia dalle Olimpiadi per un capriccio di persone incompetenti. Siamo arrivati al punto che il nuovo “spread” italiano non è più con i Bund tedeschi ma con i Bond greci, il classico spread Btp-Bund è sostituito con lo “spread” Btp-Bond Grecia. Siamo da giorni al Titanic Italia senza che il teatrino della politica salti un giorno per dare il meglio di sé e gli orchestrali del talk mediatico continuino a cantare musiche di questa o quella fantomatica maggioranza ballando sulla tolda della nave-Paese mentre affonda.
Né i primi né i secondi, tranne rarissime eccezioni, si permettono mai di dire o chiedere qualcosa che almeno assomigli a una proposta organica per lo sviluppo di un’Italia che fa sempre meno figli, che allarga il solco delle diseguaglianze, che avverte il morso della fame e di una povertà diffusa. Siamo alla catastrofe del nuovo ’29 mondiale italiano, giocherelliamo tra la trattativa con questo o quello dei nuovi Scilipoti, privilegi intoccabili e mancette sociali. Siamo davanti a fatti, uomini e scene – anche macchiettistici – che ricordano da vicino i mesi che hanno preceduto la grande crisi greca.
Apprendiamo che i conti dell’Inps, il più grande degli enti previdenziali europei, vacillano sotto i colpi di una cassa integrazione da Covid senza precedenti ma anche di una serie di privilegi che nessuno si permette di smontare e di riforme strutturali sempre a zig zag. Mi viene in mente l’indennità di microfono per i giornalisti della radio pubblica greca che consentiva di considerare questo lavoro come usurante e quindi di avere accesso a pensioni molto anticipate. Non c’era lobby che non strappasse qualche quota cento dell’epoca fino al caso limite delle figlie nubili di pubblici dipendenti senza lavoro che avevano diritto a una specie di pensione di reversibilità del padre dopo la scomparsa della madre.
Ovviamente nessuno si permetta neppure di insinuare che in Italia ci sia qualcosa che assomigli anche alla lontana ai conti truccati dalla Grecia grazie a una valanga di derivati.
Erano debiti ma non figuravano come tali così da migliorare i conti sia del deficit che del debito stesso. Ci volle il vecchio Papandreou per smascherare i giochetti fatti per entrare nell’euro. Resta, però, il dato che molti qualificati osservatori internazionali hanno definito una scena greca la conta al Senato con il replay del video per verificare se due dei presunti costruttori-soccorritori avevano o meno abbandonato l’aula e non si stancano di ripetere che la Grecia ha oggi rifatto i partiti e che la nuova democrazia cristiana garantisce stabilità e l’opposizione socialista fa il suo pensando all’interesse nazionale, non alle facce della politica più o meno populista (che pure ancora ci sono) riflesse nello specchio.
Esattamente come hanno fatto i portoghesi e gli spagnoli. Noi no, siamo al Titanic Italia. Da oggi si fa chiarezza con le dimissioni del Presidente Conte. Il tempo per l’Italia è scaduto. Il Recovery Plan è l’occasione della vita e la stiamo perdendo alla grande.
Nessuno si permetta più di fare questioni personali fuori dalla storia e si ponga al centro l’interesse nazionale nei comportamenti per avere in Parlamento il massimo di convergenza possibile. Bisogna rafforzare non indebolire l’ancoraggio europeista e fare ripartire gli investimenti pubblici e privati che attuino la “convergenza” tra Nord e Sud del Paese che l’Europa ci chiede. Soprattutto bisogna scegliere i ministri uno a uno con il massimo di competenza.
Siamo la nuova Grecia sui mercati, ma non siamo la Grecia. Cerchiamo di non diventarlo.
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