La sala riunioni della Conferenza delle Regioni
5 minuti per la letturaSiamo arrivati al “parere condizionato” dei governatori pur di bussare a quattrini. I “padroni” dei venti staterelli in cui è divisa la piccola Italia non hanno mai colpa di niente. Non dipendono da loro i medici del territorio, tanto meno le file chilometriche per i tamponi. Sono quelli che danno ai cittadini con i soldi degli altri mica con i loro. Pronti a ritirare le critiche a Palazzo Chigi se le limitazioni introdotte dal decreto verranno risarcite dallo Stato
Siamo arrivati al “parere condizionato” di questi signorotti che hanno solo diritti e ignorano il benché minimo dovere. L’Italietta dei Bonaccini e dei De Luca, dei Fontana e dei Toti, dell’eccellentissimo in tutto Zaia, sono i “padroni” dei venti staterelli in cui è divisa la piccola Italia e si chiamano Regioni. Loro, i signorotti, non hanno mai colpa di niente. Non dipendono da loro i medici del territorio, tanto meno le file chilometriche per i tamponi a Milano, Roma e Napoli.
Valgono ovviamente per il governo, non per loro, i sei mesi passati con le mani in mano. Hanno anche il vizio – quando proprio sono costretti a prendere atto che esiste una Pandemia resiliente – di chiedere ristoro economico su tutto, anche sulla più piccola delle mancate entrate, al bilancio pubblico italiano. Perché loro sono quelli che danno ai cittadini con i soldi degli altri mica con i loro. Chiaro? Perché loro chiedono e ottengono ciò che vogliono dallo Stato, spendono e spandono, ma sono l’unico caso al mondo di federalismo dove non si tassa e si spende ma si spende e basta con il ricavato delle tasse dello Stato, cioè di tutti i noi, che ai loro occhi è qualcuno che è diverso da loro.
Il “Grande Maestro” della Spesa Storica, Stefano Bonaccini, Capo assoluto della Sinistra Padronale che tutela così bene i suoi cittadini emiliano-romagnoli da fare in modo che ricevano pro capite tre volte di più dei cittadini campani per reti e infrastrutture, ha “parlato sopra” il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, con la consueta sicurezza. Il ministro dice c’è l’accordo con le Regioni sul nuovo Dpcm, che cosa fa il Presidente della Conferenza Stato-Regioni, Bonaccini? Mette giù una nota, di modo che resti prova scritta, in cui si puntualizza che quello dei presidenti è sì un giudizio positivo ma anche “un parere condizionato”. A che cosa? “Ad adeguate forme di ristoro per i settori e le attività economiche che saranno interessate dalle limitazioni introdotte dal decreto”. Tradotto vuol dire: dare soldi, vedere cammello. Insopportabile.
Non si dice nemmeno una parola per risarcire ristoratori che hanno le sale vuote, gli operatori turistici ripartiti poco e subito bloccati, tutta l’economia dei piccoli consumi in brache di tela totali, ma guai a te caro governo Conte se credi di far pagare alle Regioni un solo euro dei mancati incassi per l’autotrasporto locale. Anzi, diciamolo meglio: siccome loro, i Capi delle Regioni, sono i “padroni d’Italia”, l’autotrasporto locale viaggia all’80% e il 20% che manca lo paga lo Stato mentre l’Alta Velocità ferroviaria – che è molto più sicura – deve viaggiare al 50% e non deve avere nemmeno un euro di risarcimento. Se poi questi operatori vanno in perdita e, soprattutto le Ferrovie, hanno l’alibi per non fare più gli investimenti nel Mezzogiorno, allora sai che ti dico: chissenefrega!
Ma vi pare possibile che nemmeno in piena Pandemia che può condurci alla Grande Depressione Mondiale, si riesca a trovare un minuto in quella specialissima Terza Camera dello Stato, che è diventata la Conferenza Stato-Regioni, per prendere atto delle diseguaglianze territoriali in termini di spesa sanitaria e decidere di conseguenza? Ma che cosa deve ancora succedere affinché le Regioni del Sud, che ricevono ingiustamente da oltre dieci anni per i loro cittadini la metà di quanto ricevono i cittadini delle Regioni del Nord per la sanità, pongano il problema e chiedano l’immediato riequilibrio? Come si può pretendere che con la metà dei soldi e partendo da situazioni strutturalmente pesantemente svantaggiate le Regioni del Sud affrontino una simile tragedia con gli stessi livelli di risorse di partenza così squilibrati? Riteniamo inammissibile, lo abbiamo detto e lo ripeteremo in tutte le sedi, che chi ha la responsabilità delle Regioni meridionali non si rivolga alla Corte costituzionale perché le palesi violazioni del federalismo fiscale all’italiana (legge Calderoli del 2009 tuttora inattuata) vengano sanate. Tant’è.
Stendiamo, infine, un velo pietoso su una squadra di ministri dilettantesca che produce danni su danni coperta da Conte, con la sua immagine di moderazione, ma vogliamo avvertirlo che questo gioco non va bene all’Italia e farà alla fine molto male anche a lui. Non possiamo andare molto avanti con un ministro dell’Economia che propaganda numeri che non stanno né in cielo né in terra o con le ricorrenti pulsioni poliziesche del ministro della Salute che hanno dell’incredibile, ma soprattutto hanno un effetto depressivo sulla fiducia degli italiani e moltiplicano il numero di morti in economia dopo quelli che se ne sono andati per il Covid. Non è mai troppo tardi per cominciare a parlare il linguaggio della verità e affrontare in casa ma in stretto collegamento con l’Europa il problema competitivo del Paese che è la sua riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale. Per una volta, smettiamola di disperderci nella giungla voluta dei mille decreti attuativi di modo che il deficit sia enorme ma nelle tasche degli italiani non arrivi quasi nulla. Dimostriamo di essere capaci di anticipare non posticipare i tempi del Recovery Plan definendo e attuando pochi qualificati progetti di sviluppo tutti al Sud e partendo dal capitale umano. Queste, non altre, sono le sfide da vincere per un Paese serio.
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