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Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

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Sarebbe opportuno che il governo Conte e l’Europa si mettessero d’accordo per avere un regime extra-nazionale nella gestione dei fondi italiani del Recovery Fund. Si adottino le regole europee della Bei. Si definiscano i protocolli europei per i singoli investimenti pubblici italiani alle voci scuola, ricerca, digitale, trasporto veloce, porti e retroporti. Si rispetti la stella polare europea della coesione e dell’equità

Chiunque ha un po’ di senno non si avventura a fare previsioni. Il nuovo ’29 mondiale è qualcosa che non si amministra a comando e che, soprattutto, non può non fare paura. Per capirci, tranne il ministro dell’Economia italiano nessuno dei suoi colleghi in Europa si permette di spargere ottimismo di maniera perché conosce le cose e ha rispetto dei troppi che soffrono intorno a lui. Siamo alla de-globalizzazione del mondo ma in casa nostra non cambia nulla. Si ripete la sequenza di sempre. Prima: adotteremo misure più severe, saremo inflessibili. Dopo: non ci sarà il coprifuoco. Bar, gelaterie, ristoranti, falso allarme, non succede nulla. Tra il prima e il dopo, però, per l’economia la frittata è già fatta.

Aspettiamo ancora i decreti attuativi dei primi provvedimenti di urgenza e i cento miliardi di deficit che strombazziamo da mattina a sera non si riesce a metterli a terra se non in misura minima con una fatica inumana. Stendiamo un velo pietoso sui damerini della Sace che girano a vuoto da mesi salvo onorare prontamente i soliti pagherò ai Soliti Noti in crisi profonda già da molto prima del Covid. In queste condizioni nessuno può anche solo pensare di chiudere ancora qualche attività se prima non ha l’assegno pronto da versare sul conto corrente del titolare di quella attività per risarcirlo del danno arrecato da una scelta non sua.

Lo spettacolo offerto dal calcio con la partita non disputata Juventus-Napoli e lo scontro permanente a tutto campo tra Governo e Regioni sono la cartina al tornasole finale di un Paese in crisi strutturale da venti anni a causa di un febbrone che non scende stabilmente sotto i quaranta e che si chiama frammentazione decisionale. Il miope egoismo dei potentati regionali del Nord ha saccheggiato indisturbato la spesa pubblica e ha conseguito il capolavoro di fare del Nord e del Sud dell’Italia gli unici due territori europei a non avere raggiunto i livelli pre-crisi del 2007/2008 e, cioè, tutto questo a prescindere dall’arrivo del Coronavirus. Il sistema di potere che è dietro l’anomalia Italiana di abolire la spesa infrastrutturale nel Mezzogiorno e comprimerne quella sociale, causa primaria della crisi strutturale italiana, mette insieme la Sinistra Padronale tosco-emiliana e la Destra a trazione leghista lombardo-veneta. Oggi questo stesso sistema di potere è molto attivo per assicurare ai suoi territori il bottino del Recovery Fund.

Siamo in una miopia che tende alla cecità e che arriva a stravolgere l’algebra come se non fossero sotto gli occhi di tutti che l’alta velocità ferroviaria tranne Napoli è tutta nel CentroNord, che scuole, ospedali se ne cadono a pezzi nel Mezzogiorno e che i diritti di cittadinanza sono violati. Si arriva perfino a negare l’evidenza degli effetti redistributivi della spesa pensionistica.

Questo modo di comportarsi ci fa paura. Al punto da farci chiedere provocatoriamente che il governo Conte e l’Europa si mettano d’accordo per avere un regime extra-nazionale nella gestione dei fondi italiani del Recovery Fund. Si adottino le regole europee della Bei. Si rispetti la stella polare europea della coesione e della equità nella distribuzione delle risorse. Si definiscano i protocolli europei per i singoli investimenti pubblici italiani alle voci scuola, ricerca, digitale, trasporto veloce, porti e retroporti. Vista l’assoluta eccezionalità degli interventi in campo questo ai nostri occhi appare come l’unico modo realistico per mettere a terrà questi soldi e, soprattutto, per metterli a terra dove servono per fare ripartire l’Italia, non per ingrassare le clientele di chi ha di più e si rifiuta di ragionare come Sistema Paese.

Chiediamo una cabina di regia europea non italiana perché è l’unica che può consentire di liberarci di damerini in cerca di ruolo, padroncini bancari e ministeriali, ras regionali e gran visir delle burocrazie centrali e locali. Siamo alla provocazione, ovviamente. Ci serve per fare capire a tutti che ai cosiddetti frugali europei non si possono aggiungere i cosiddetti frugali di casa nostra. Perché se ai primi si può mettere un argine, ai secondi purtroppo no. Qui, stringi stringi, nessuno ha il coraggio per farlo e, quindi, nessuno lo fa.


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