Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte concede un selfie ricordo a Norcia
4 minuti per la letturaCI SIAMO preparati con gli Stati generali dell’Economia. Ci siamo preparati con le linee guida del bravo ministro per gli Affari europei Amendola. Siamo arrivati così ben preparati da portarci con i nostri piedi sull’orlo del precipizio senza neppure rendercene conto. Perché ostinatamente non vogliamo fare ciò che ci chiedono il Parlamento e la Commissione europei e non abbiamo fatto neppure tesoro degli avvertimenti del commissario per l’economia, Gentiloni, che di certo non ci è ostile.
Questo giornale è in grado di anticipare il documento della Corte dei conti europea trasmesso, su sua richiesta, al Parlamento per la definizione dei criteri stringenti sui programmi di RRF (Recovery and Resilience Facility) e, cioè, della parte più ghiotta del NGEU (Next Generation EU), che è il termine corretto del noto Recovery Fund. Parliamo del 90% dei fondi. Ne tiriamo fuori alcune conclusioni tanto inequivoche quanto allarmanti. L’inutilità degli elenchi, l’essenzialità delle proposte, il pedissequo controllo delle procedure.
Questo vale in generale per i singoli Paesi, insieme alle missioni comuni di un’Europa verde, digitale, resiliente, ma nel nostro caso c’è una missione (per tabulas) che vale più di tutte e è quella della coesione territoriale perché è questo il principale problema competitivo italiano ed è sulla capacità di attuare in tempi stretti pochi progetti strategici diretti a ridurre il divario che verremo giudicati e ritenuti idonei o no all’utilizzo della cassa europea raccolta sul mercato con gli eurobond.
Siamo sbalorditi. Perché è evidente che non abbiamo verificato le clausole del Recovery Fund o non abbiamo la forza politica (ipotesi che privilegiamo) per metterci nelle condizioni prima di rispettarle poi di attuarle. Soprattutto siamo sbalorditi perché alla voce fatti il Mezzogiorno è stato cancellato e averlo inflazionato con le parole non può che aumentare l’irritazione. Il caso ha voluto che nello stesso giorno in cui siamo venuti in possesso del documento della Corte dei conti europea siano state presentate in Parlamento le linee guida per la definizione del piano italiano di ripresa e resilienza e qui la scoperta è davvero stupefacente. Perché al di là degli obiettivi pienamente condivisibili di riduzione del divario è scritto in grassetto che i criteri di valutazione positiva dei singoli progetti sono la rapida attuabilità e cantierabilità e, con queste quattro parole, è scritto in grassetto che il Mezzogiorno è abolito dal Piano Nazionale di ripresa e resilienza. Perché tranne il Ponte sullo Stretto, di cui però ora il Governo non vuole parlare, un pezzetto della Statale Jonica e un lotto della Napoli-Bari, di opere produttive di rapida attuabilità e cantierabilità nel Sud non ce ne sono.
Presidente Conte, siamo all’allarme atomico. Perché emerge con evidenza la mancanza di un’autorità politica che dica: queste sono le priorità e questi sono i cantieri che abbiamo autorizzato ad aprire. Viceversa sulla fibra pendiamo dalle labbra di Bolloré alla guida della franco-italiana-americana Tim. Sulla alta velocità/capacità ferroviaria nelle regioni meridionali ci siamo ben guardati dal fare una gara internazionale a bando qualificato con il sistema della concessione.
Su porti, retroporti e logistica tranne il buon lavoro operativo delle Dogane ci fermiamo alle enunciazioni di principio.
Siamo insomma ben lontani dall’attuabilità e dalla cantierabilità in tempi rapidi e, quindi, siamo fuori. Non possiamo aspettare Presidente Conte di vedere giudicata l’attività del suo governo perché la posta in gioco è troppo alta e lei corre il rischio di essere cacciato prima non per colpa sua ma di chi le sta intorno e continua a raccontare e fare una serie di fesserie. Tiri fuori la stessa determinazione che ha dimostrato nell’assicurare all’Italia il primato dei finanziamenti europei e prenda decisioni operative che consentano di attuare la coerenza meridionalista degasperiana ai nostri giorni con gli euro al posto dei dollari. Ha pochissimo tempo per salvarsi perché chi le racconta che si potranno fare tante fettine per accontentare questa o quella regione non sa che cosa dice. Soprattutto lo sa lei che così si va solo a sbattere. Così come lo sa di sicuro il ministro Amendola.
L’Europa non vuole gli elenchi imbarazzanti della De Micheli, ma progetti essenziali e certi che assicurino al Mezzogiorno e, suo tramite, all’Italia un forte recupero di competitività e l’imbocco della strada di una crescita solida e duratura smarrita da venti anni. Non si faccia intimidire dai potentati regionali del Nord e per una volta rinunci all’esercizio del ruolo di arbitro-mediatore. Questa volta servono decisioni forti e un metodo essenziale di lavoro che ponga uomini di valore alla guida del processo. Tutto questo va fatto da Roma. Soprattutto va fatto subito e bene.
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