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Ma con una agibilità igienico sanitaria delle scuole del Sud al 15% contro il 67% del Nord, che cosa vi aspettavate? Lo sapete o no che la certificazione dell’agibilità/abitabilità nelle scuole delle regioni del Mezzogiorno è sempre inchiodata al 15% mentre nelle regioni del Nord supera abbondantemente il 60%? Vogliamo aprire il capitolo dell’edilizia scolastica per capire quante risorse ha avuto una regione e quante un’altra? Fermiamoci qui perché l’imbarazzo e la vergogna della diseguaglianza costruita a tavolino fanno venire la pelle d’oca. Ma vi rendete conto a quale abisso civile e sociale conducono i giochetti della Spesa Storica e quel tratto di penna che abolisce i diritti di cittadinanza scolastica sin dalla culla delle bambine e dei bambini del Mezzogiorno? Ma la vogliamo smettere di prenderci in giro raccontando le solite favole e cominciare magari per una volta a dire come stanno realmente le cose?
Questa fake news nazionale per cui si afferma ostinatamente che le scuole riaprono può almeno puntualizzare che, tranne pochissimi casi isolati, le scuole del Sud sono chiuse? Aspettano ancora i banchi monoposto e i professori, ma qualcuno dovrebbe anche ricordarsi che sono anni che molte di quelle scuole, da molto prima del Covid, attendono ancora sapone e carta igienica. Di fronte alla scienza tecnica di Fabrizio Galimberti che attinge a piene mani dai Conti Pubblici Territoriali (vedi pag. 2 e 3) e alla analisi lucida di un uomo del Nord che capisce come pochi di scuola e industria, Patrizio Bianchi, non posso che alzare le mani e concordare in tutto e per tutto con loro.
Il Covid ha reso visibile ciò che era nascosto, oggi la situazione è finalmente trasparente: lo Stato ha fatto figli e figliastri, nessuno (dico nessuno) potrà negare che dall’asilo nido alla scuola secondaria di secondo grado, passando per primaria, media, pulmini scolastici, tempo pieno, mense e sostegno, le studentesse e gli studenti meridionali sono stati considerati nell’ultimo ventennio come figli di un Dio minore. La stessa cosa vale per la digitalizzazione, la formazione e il personale qualificato, i laboratori di ricerca, la rete della fibra, la dotazione complessiva di infrastrutture materiali e immateriali. Smettiamola anche con i luoghi comuni perché ogni volta che con capitale, quasi più privato che pubblico, qualche risorsa vera è arrivata, il Mezzogiorno non ha fallito l’appuntamento. Altrimenti non sarebbero stati possibili il primato mondiale dell’intelligenza artificiale dell’Università della Calabria, la rinascita di Pompei, le eccellenze tecnologiche di Napoli, Bari, Salerno, e così via. Diciamo le cose come stanno.
Non è mancato anche al Sud chi ha sprecato il pochissimo ricevuto, ma c’è chi sul niente ha saputo costruire primati e valore. Per questo dico: facciamola finita con i luoghi comuni che condannano alla marginalità il Nord e il Sud del Paese. Senza vergogna, senza rossori, con molto pragmatismo, come ci insegna Bianchi, si cominci a ridisegnare e realizzare i nuovi luoghi di apprendimento a partire dalle lande più abbandonate del Sud. Questo significa occuparsi di capitale umano. Questo bisogna fare se si vuole che l’Italia intera riparta dopo un ventennio di crescite da zero virgola. Questo ci chiede l’Europa, addirittura ce lo chiedono anche i falchi del Nord Europa. I falchetti di casa nostra sono pregati per una volta di stare zitti e di lasciare il campo a chi conosce l’economia e ha il senso delle istituzioni. Una scuola aperta e inclusiva, ricostituita a partire dal Sud nell’ambiente e negli uomini, è la prima infrastruttura dell’Italia del futuro. Sprecare l’occasione del Recovery plan in questo caso sarebbe un delitto.
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