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Siamo stati più bravi della Francia nella gestione della emergenza Covid. Noi siamo nelle condizioni di ripartire, altri meno. Possiamo anche condividere le esternazioni governative. Abbiamo detto in tempi non sospetti che la Francia non solo si appresta a perdere la tripla A ma rischia pesantemente di entrare nel novero dei Paesi vulnerabili perché deve fare i conti con una crisi senza precedenti del lusso, del turismo e dell’aerospaziale. C’è, però, qualcosa che ci riguarda e che tocca il tasto dolente del ventennio perduto.
Noi possiamo anche avere meno casi di Coronavirus della Francia, ma dobbiamo avere il coraggio di rompere con gli egoismi miopi se vogliamo uscire davvero dal ventennio perduto. Altra citazione del Presidente del Consiglio Conte assolutamente ricorrente che deve, però, fungere da spartiacque perché tutti i problemi competitivi che sono insiti in un Paese Arlecchino non spariscono perché ci riempiono di soldi o perché qualcuno dice che le cose cambieranno. Pubblichiamo oggi un’inchiesta illuminante di Giovanna Gueci che conosce come pochi il mondo della scuola italiana. Siamo stati più bravi con il Covid ma la scuola in Italia non riesce a ripartire insieme, c’è chi è molto avanti, chi sta in mezzo, e chi resta molto distanziato. Dobbiamo avere il coraggio di dire le cose come stanno proprio per non ripetere gli errori del passato e tagliare brutalmente i ponti con una una lunga stagione da dimenticare.
Se uno studente campano o calabrese riceve per la sua istruzione scolastica molto meno di quanto viene dato a uno studente lombardo o emiliano-romagnolo è evidente che mai e poi mai le porte della scuola per questi ragazzi potranno riaprirsi lo stesso giorno. Perché esprimono mondi diversi, una parte di essi patiscono soprusi e distorsioni, il sistema per mille altri motivi non è omogeneo. Eppure sulla scuola il governo fa il suo tagliando della cosiddetta fase due. Siamo molto preoccupati sia se le cose vanno benino perché si può pensare che tutto è risolto (e non è così) sia se le cose si mettono molto male come è possibile perché questi elementi incidono pesantemente sulla vita delle famiglie e sulla fiducia degli investitori.
Non esistono più problemi facili con soluzioni facili. Viviamo i giorni terribili della Grande Depressione mondiale e se vogliamo rialzarci dobbiamo rimboccarci le maniche e attuare l’operazione verità sui conti pubblici italiani non per ribaltare scenari politicamente sfavorevoli ma per dimostrare di avere raggiunto la consapevolezza che senza riprendere subito a investire nel Mezzogiorno in spesa sociale e infrastrutturale il Paese non ha nessuna possibilità di rialzare la testa. Se per una volta facciamo quello che non abbiamo mai fatto prima, a partire dal capitale umano, c’è la possibilità concreta di portare a casa i risultati. Dobbiamo però dotarci di strutture esecutive centrali e di uomini capaci di fare le cose se no resteranno solo le parole. Questo la Francia, che stava meglio di noi, lo ha già fatto. Noi invece ostinatamente no.
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Condivido al 100%. L’ho già scritto qua più volte e fin dal mio primo commento (https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/le-due-italie/economia/2020/08/06/recovery-provenzano-non-molla-il-34-dei-fondi-al-mezzogiorno/): occorre agire sulla leva economico-finanziaria e su quella educativa. Sono cose che propongo, nel mio piccolo, da 10 anni.
1. GRANDE PROGETTO EDUCATIVO
La Questione meridionale – lo dimostrano la storia economica e l’analisi di tutti gli indicatori dall’unità d’Italia – non è soltanto un problema di risorse finanziarie. Oltre alle carenze evidenti della capacità amministrativa delle Regioni del Sud, cui si può sopperire, nel breve periodo, unificando e centralizzando le migliori competenze per l’amministrazione delle risorse destinate al Sud, svincolate finalmente dal criterio iniquo, sperequato e incostituzionale della spesa storica per la spesa ordinaria e che prevedano una quota addizionale per la spesa per investimenti (art. 119 Cost.), occorre implementare una rivoluzione culturale (in senso lato) ed un correlato PROGETTO EDUCATIVO. Esso deve avere come soggetto e oggetto principale la DONNA meridionale, al fine di incrementare il capitale umano e il capitale sociale. La donna, nel suo duplice ruolo di madre e di insegnante, è il principale agente educativo e culturale nelle famiglie (è lì che è necessario intervenire), e va supportata attraverso un lavoro di assistenza a domicilio, durante la gravidanza e nei primi tre anni di vita dei figli, che è il periodo critico per lo sviluppo affettivo, intellettivo ed etico-normativo.
2. GRANDE PIANO PLURIENNALE DI CASE POPOLARI DI QUALITA’
Soltanto il 73% abita in case di proprietà; in alcune Regioni del Sud, intorno al 60%. La prima infrastruttura deve essere un Grande Piano Pluriennale di Case Popolari di Qualità. Che in Italia sono appena l’1,5% dei 35 milioni di immobili residenziali, contro il 32% in Olanda, il 23% in Austria, il 20% in Danimarca e il 16% in Francia. Nel 2010, in Francia – ed è il record – si sono costruiti 131.500 alloggi pubblici, cioè quanti, al ritmo attuale, se ne costruiscono in Italia in 50 anni. E’ uno scandalo. Come disse una ragazza ricca a “Ballarò”, si è poveri quando non si possiede una casa. O, aggiungo io, quando con un basso reddito non è possibile pagare un affitto sociale. E’ una misura che verrebbe approvata sicurissimamente dall’UE, perché è inclusa nelle proposte del gruppo di studio, presieduto da Romano Prodi, per conto della Commissione Europea. Ed è, soprattutto, una misura che coniuga assistenza (che è uno dei compiti istituzionali – e costituzionali – dello Stato), equità e sviluppo produttivo.